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Tutte le menzogne su Kirk: nessuna delle frasi discriminatorie è reale
16-09-2025, 19:20
A quasi una settimana dall'assassinio del 31enne Charlie Kirk, attivista e volto di spicco della destra americana, il dibattito pubblico si è spostato rapidamente dal fatto in sé – un omicidio ancora da chiarire nelle sue motivazioni – alla costruzione di una narrazione: quella secondo cui Kirk sarebbe stato un “razzista”, un “omofobo”, perfino un “fascista”. A sostegno di questa tesi, sui social e su alcune testate giornalistiche sono circolate decine di citazioni che avrebbero dovuto dimostrare l'estremismo del fondatore di “Turning Point Usa”. Ma molte di queste frasi, come documentato da un'approfondita analisi pubblicata dal sito Nicolaporro.it, risultano false, alterate o estrapolate in modo scorretto. E, in alcuni casi, si tratta addirittura di invenzioni totali, pubblicate senza alcuna verifica. Il primo esempio riguarda la frase, effettivamente pubblicata da Kirk sul proprio profilo X (ex Twitter) il 25 agosto 2025, secondo cui “dovrebbe essere legale bruciare una bandiera arcobaleno o BLM (Black Lives Matter, ndr) in pubblico”. Così riportata, senza alcun contesto, la dichiarazione sembra suggerire un intento provocatorio o apertamente offensivo verso le comunità LGBT e il movimento Black Lives Matter. Tuttavia, come spiegato nell'inchiesta, il post si inseriva in un dibattito giuridico ben preciso: quello sull'applicazione del Primo Emendamento della Costituzione americana e sulla libertà di espressione. Dal 1989, una celebre sentenza della Corte Suprema (Texas v. Johnson) protegge il gesto di bruciare la bandiera americana come forma di espressione politica. Kirk, nei suoi interventi, si è spesso chiesto perché questo stesso principio non venga applicato in modo coerente anche ai simboli politici di altra natura, come quelli progressisti. In un episodio del talk ThoughtCrime, andato in onda il 28 agosto 2025 e intitolato “The Great Flag Burning Debate”, Kirk chiarisce il punto: “Non si tratta di voler bruciare una bandiera LGBT o BLM, ma di sottolineare l'ipocrisia di chi invoca la libertà d'espressione solo quando fa comodo politicamente”. L'intento, dunque, era giuridico e provocatorio, non ideologico o violento. Ben più controversa è l'altra frase ampiamente circolata in rete: “Quando vedo un pilota nero su un aereo mi chiedo se è qualificato”. In questo caso non si tratta di una citazione inventata, ma di una manipolazione. Kirk ha effettivamente pronunciato parole simili durante una puntata del programma “ThoughtCrime”, il 18 gennaio 2024. Il contesto, però, era quello di una discussione sulle politiche DEI (Diversity, Equity, Inclusion) e, in particolare, sull'annuncio di United Airlines di voler portare al 50% la quota di donne e persone di colore nella sua accademia per piloti. Commentando la notizia, Kirk ha detto in diretta streaming: “Mi dispiace, ma succederà che se vedrò un pilota di colore penserò tipo: ‘Amico, spero proprio che sia qualificato'. […] Questo non è quello che sono o quello in cui credo”. Kirk non stava affermando un pregiudizio razziale, ma denunciando l'effetto collaterale culturale delle politiche basate su quote etniche: la possibilità che esse inducano dubbi anche laddove non dovrebbero esistere. Ha infatti aggiunto: “Io non voglio pensare in quel modo, e nessuno dovrebbe, giusto?”. Il focus del ragionamento era dunque sulla meritocrazia, non sulla razza. Secondo Kirk, era proprio la forzatura ideologica dei programmi DEI a generare diffidenza e a minare la fiducia nella competenza reale degli individui. Ma è nel terzo caso che l'inchiesta giornalistica individua la alterazione più grave. Il quotidiano “La Stampa” ha pubblicato un articolo intitolato “Vietare l'aborto”, “I neri sono inferiori”. Le 10 frasi di Kirk che hanno infiammato il popolo Maga. La frase “I neri sono inferiori” viene usata nel titolo tra virgolette, lasciando intendere che si tratti di una citazione diretta di Kirk. All'interno dell'articolo, però, quella frase non viene mai riportata. In sua vece compare un'altra dichiarazione altrettanto problematica: “Michelle Obama, donna di colore, ha un cervello inferiore di quello di una donna bianca”. Anche questa frase, però, non è mai stata pronunciata. La ricostruzione corretta porta a un episodio del “Charlie Kirk Show” del 13 luglio 2023, in cui l'attivista commentava la sentenza della Corte Suprema Usa che aveva vietato le “affirmative action” razziali nei processi di ammissione universitaria. Kirk criticava le reazioni di alcune figure pubbliche afroamericane – tra cui Michelle Obama – che avevano interpretato la sentenza come un attacco diretto alle minoranze. Il passaggio contestato è il seguente: “Se tipo tre settimane fa avessimo detto che Joy Reid, Michelle Obama, Sheila Jackson Lee e Katanji Brown Jackson sono adesso dove sono per via delle positive action, saremmo stati chiamati razzisti. Ma ora se ne escono loro così, lo dicono loro per noi. ‘Io sono qui solo per le positive action' dicono. Sì, lo sappiamo. Non avresti altrimenti avuto le capacità cognitive per essere presa sul serio. Hai dovuto rubare il posto a una persona bianca per essere presa in qualche modo in considerazione”. Parole dure, certo. Ma riferite non all'intera comunità afroamericana, bensì a singole personalità pubbliche e all'interno di un ragionamento sulle conseguenze delle politiche di quote. Kirk conclude poi con una frase esplicita, che chiarisce la sua posizione: “Non mi interessa di che colore sia la pelle del pilota. Mi importa solo se quel posto lo hai perché te lo sei guadagnato”. Una dichiarazione che smentisce in modo diretto l'idea che Kirk ritenesse le persone nere inferiori. L'indagine pubblicata da Nicolaporro.it solleva interrogativi pesanti sullo stato dell'informazione. Non solo molte delle frasi più virali contro Kirk sono false o strumentalizzate, ma la maggior parte degli articoli pubblicati in questi giorni ignora sistematicamente il vasto archivio di contenuti realizzati da Kirk in anni di attività: libri, interviste, dibattiti, video pubblici. Al loro posto, vengono rilanciate poche battute parziali, utili a costruire una narrazione ideologica e polarizzata. Il risultato è una copertura mediatica che, secondo l'inchiesta, “ha abdicato alle regole fondamentali del giornalismo”, privilegiando l'attivismo alla verifica.
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