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Uccisa a 89 anni dalla coinquilina di 95: la tragedia di Nina Kravtsov, sopravvissuta all'Olocausto
Oggi 23-10-25, 16:12
Nina Kravtsov, 89 anni, originaria dell'Ucraina e superstite dell'Olocausto, è stata uccisa alcune settimane fa a New York. Ad assassinarla un'altra donna, la 95enne Galina Smirnova, sua compagna di stanza in una struttura per anziani. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, si è occupato della terribile storia di violenza, che può essere definita un caso di malasanità, proveniente dagli Stati Uniti, ma che pone interrogativi anche in Italia e in Europa sulla gestione delle case di riposo. La tragedia sconvolgente è avvenuta in una struttura per anziani di Coney Island, nella circoscrizione di Brooklyn a New York. Una donna affetta da demenza senile ha ucciso la sua compagna di stanza, afferrando un pedale della sua sedia a rotelle. Una morte agghiacciante che ha scosso ancora di più gli Stati Uniti, perché la vittima da bambina era riuscita a sfuggire agli orrori della Seconda Guerra Mondiale e alla persecuzione nazista, riuscendo a raggiungere New York, dove ha vissuto circondata dall'affetto dei familiari. Alle prime luci del mattino, un'infermiera è entrata nella loro stanza e si è accorta di quanto accaduto. La vittima aveva gravi ferite alla testa, era ricoperta di sangue e l'assassina non era cosciente. Un pedale era sul bordo del letto della vittima, l'altro era stato gettato dalla finestra. L'anziana assassina è stata arrestata e rinchiusa in un centro psichiatrico e, soffrendo di gravi forme di demenza, la sua condizione sanitaria potrebbe incidere sull'eventuale responsabilità penale. “È una storia drammatica – ha commentato Elisa Brunelli, avvocato civilista – la donna che ha colpito la sua compagna di stanza era affetta da demenza, era in uno stato cognitivo altamente destabilizzante. Com'è possibile che le due ospiti fossero nella stessa camera? Bisogna risalire ai protocolli della struttura. La paziente era entrata appena due giorni prima, nessuno ha vigilato durante la notte, sono state lasciate completamente sole. Tutto ciò impone una serie di domande sui sanitari e sui medici che ruotano attorno a queste strutture. E bisogna puntare su tanti elementi: l'alta professionalità dei soggetti, le strutture con le varie autorizzazioni, i professionisti che possono occuparsi di queste particolari esigenze, ma soprattutto i sistemi di videosorveglianza. Questione, l'ultima, che si abbina a episodi che spesso accadono su soggetti altamente fragili, come negli asili nido. Il risarcimento sicuramente riguarderà la struttura. Ma c'è da chiedersi come una donna così anziana abbia potuto sfruttare questo elemento della sedia a rotelle. Bisogna capire la gestione della struttura, il numero di operatori, la presenza delle telecamere. Inoltre, se poteva esserci l'accesso di una persona con un quadro clinico particolare associata a una paziente che non presentava sintomi di questa portata, vanno valutate anche le dinamiche diurne e quante persone operavano in questa struttura. Sono sicuramente questioni al vaglio degli inquirenti”. “Trovo un po' anomalo che una donna di 95 anni abbia staccato un pedale per poi utilizzarlo come arma contundente – ha detto Mary Petrillo, psicologa e criminologa – forse l'oggetto era già in condizioni precarie quando è finito in possesso della signora, che lo ha utilizzato per un fine terribile e tragico. Qui siamo di fronte a un caso di malasanità dovuto alla mancata cura delle persone costrette a coabitare nelle case di riposo. Potrebbe esserci stata una discussione, un dissapore, magari un rumore, qualcosa che ha scatenato una violenza impulsiva, una reazione spropositata, forse una stupidaggine che ha suscitato un'aggressività disinibita, che non fa percepire le conseguenze e che ha amplificato lo stress ambientale vissuto da queste persone. La signora ha dimostrato un'aggressività tipica di alcune forme di demenza, che possono comportare comportamenti violenti. Va contenuta in una struttura adeguata, non in stanza con altre persone; non possiamo aspettarci il carcere per una persona affetta da questo tipo di patologia. In questi casi può accadere che nel soggetto sopraggiunga una forza inaspettata rispetto all'età e alla fisicità. All'interno di questa camera, però, non c'erano telecamere. Stiamo parlando di due signore in condizioni fragili, probabilmente una delle due portava i traumi dell'Olocausto a cui era sfuggita. I rumori notturni, la vicina con problemi consistenti, potrebbero aver suscitato la rabbia di qualcuno; non escludo la presenza di una terza persona, che potrebbe essere entrata, aver commesso un gesto del genere ed essere andata via. Sarebbe interessante capire se questa signora ha detto o ripetuto qualcosa a riguardo del gesto che dovrebbe aver commesso lei”. La giornalista Fabiana Pacella ha sottolineato come il caso abbia suscitato scalpore in tutto il mondo: “La vittima era sopravvissuta all'Olocausto, il dramma per eccellenza, poi è bastata una distrazione, un mancato controllo, ed è stata uccisa. Le indagini serviranno a capire cosa sia accaduto, se poteva essere prevenuto. La casistica ci racconta pagine buie di cronaca su maltrattamenti e vessazioni, anche nel periodo Covid, nelle case di cura anche in Italia, che hanno svelato pagine terribili. La cosa certa è che si tratti di una morte assurda. Ci sono evidenti corresponsabilità. In provincia di Lecce, da inizio 2025, si sono verificate almeno 14 aggressioni ai danni di personale sanitario, la maggior parte da parte di persone con patologie psichiatriche. Dopo un Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica convocato dalla Prefettura con associazioni di categoria, l'Asl ha risposto con il potenziamento del personale, l'aumento del numero di telecamere di videosorveglianza funzionanti nelle strutture ospedaliere, l'istituzione di collegamenti diretti con carabinieri e polizia, e addirittura ronde con l'ausilio di poliziotti in pensione. È chiaro che sono a rischio non solo altri pazienti, ma anche il personale sanitario, e non bisogna sottovalutare il problema”.
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