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Politica
Askatasuna, il fallimento di Lo Russo: il sindaco Pd insultato anche dai collettivi rossi
Oggi 20-12-25, 03:00
Povero Stefano Lo Russo. Il sindaco di Torino ha provato in ogni modo a difendere il centro sociale Askatasuna. Ieri però si è dovuto arrendersi all'evidenza, dopo che gli attivisti hanno violato il patto sottoscritto con il Comune. «Prendo atto che le condizioni per far uscire Askatasuna dall'illegalità sono venute meno perla violazione dell'ordinanza che stabiliva le modalità per regolarizzare l'occupazione» ha dichiarato l'amministratore dem, dopo aver dovuto constatare che «le forze di polizia hanno agito secondo le modalità previste dalla legge». Di conseguenza, lo sventurato si è di fatto preso del «demente» dai compagni di Rifondazione Comunista, che hanno così bollato la scelta dello sgombero. Beffa, si è anche preso del «fascistoide», con l'estrema sinistra che ha accusato il Pd di «muoversi sulla stessa linea della destra, che vuole trasformare in un problema di ordine pubblico la complessità politica e sociale» di cui il centro si faceva carico. «Il Pd è fatto della stessa pasta di Fdi» ha sentenziato Potere al Popolo, promettendo “lotta continua”, espressione che evoca sinistri e cupi ricordi. Per la verità, il problema di ordine pubblico c'era fino a ieri, e proprio perché il centro sociale illegale restava aperto. Nei soli ultimi quattro mesi, Askatasuna ha assaltato un commissariato di polizia, due stazioni ferroviarie, la sede della città metropolitana, l'Officina Grandi Riparazioni, il complesso industriale ristrutturato e riadattato per ospitare grandi eventi, nonché la redazione della Stampa. Alla faccia del “dialogo” su cui metteva la mano sul fuco il sindaco. Forse l'assalto al quotidiano è stata la mossa sbagliata, perché ha portato a un clima ostile verso il centro sociale da parte di chi lo ha sempre difeso, il mondo dell'informazione ei circoli culturali torinesi, che ha creato le condizioni per lo sgombero. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45472197]] Illusorio però pensare che la vicenda si sia chiusa. Ieri sera l'estrema sinistra ha organizzato una manifestazione per chiedere a Lo Russo e alla giunta di adoperarsi per riaprire il centro sociale. Giorni difficili attendono Torino. Sarà fondamentale la capacità delle autorità di mantenere l'ordine pubblico, mentre già Avs, anche attraverso i suoi parlamentari piemontesi, bolla lo sgombero come «operazione cinica, laboratorio della repressione». «Lo Russo ha provato ingenuamente, e generosamente a trattare con questi soggetti, contro i quali io ho combattuto per anni una battaglia solitaria, denunciandone la violenza politica. Oggi deve prendere atto che con questa gente non può esistere nessun dialogo». È il commento di Stefano Esposito, ex parlamentare del Pd, la cui carriera politica è stata stroncata da un processo dal quale è uscito completamente innocente e che più d'uno ha interpretato come un modo per punirlo e metterlo a tacere proprio per aver opposto ad Askatasuna. L'errore del sindaco è stato tollerare troppo e troppo a lungo e intervenire solo quando hanno iniziato a circolare voci che la Corte dei Conti non avrebbe più tollerato che il Comune sostenesse le spese del centro sociale occupato illegalmente. Appena siglato l'accordo, gli antagonisti hanno accolto i consiglieri comunali in visita costringendoli, per entrare, a calpestare le immagine della premier e dei maggiori esponenti del centrodestra. Pessimo segnale, ma l'affronto venne derubricato a ragazzata. Poi il patto è stato sistematicamente violato, fin da subito, e solo ieri, mutato il clima, la polizia è intervenuta. Quanto alle ingenuità a cui probabilmente si riferisce Esposito, sono state forse una tassa politica da pagare. Lo Russo aveva sostenuto che «tutti devono applaudire il progetto Askatasuna», convinto che il suo accordo avrebbe portato «legalità e controllo pubblico del centro sociale». Ma non aveva buoni compagni di strada. Come garanti del patto con il Comune sono state scelte tre figure non imparziali: l'ex presidente della Fiom, Giorgio Cremaschi, lo psichiatra di estrema sinistra Ugo Zamburro e il magistrato in pensione Livio Pepino, ex segretario e presidente di Magistratura Democratica nonché padre di un antagonista no-Tav. La toga ha una storia particolare, visto che l'ex procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, un monumento della sinistra giudiziaria, si dimise da Md proprio dopo uno scontro con Pepino sui no-Tav, paragonati dal primo a «un'organizzazione eversiva». La realtà è che Lo Russo, in compagnia di molti sindaci di grandi Comuni tradizionalmente amministrati dalla sinistra, è vittima dei suoi alleati più estremi, un po' come Matteo Lepore a Bologna. Solo che nel capoluogo piemontese la situazione è anche peggiore rispetto all'Emilia, proprio per la presenza di Askatasuna, che è diventato un collettore dell'antagonismo, nazionale e internazionale, come dimostrano i fermi effettuati più volte dopo i tafferugli tra no-Tav e polizia a Chiomonte. Il centro sociale ha coperture politiche e culturali presso la sinistra salottiera torinese, che gioca a un nuovo '68 e nei circoli universitari cittadini. Difficile però che la giunta comunale caschi, anche se Lo Russo dovesse tenere duro nella sua nuova posizione di fermezza, perché parliamo di una sinistra movimentista ma ancora più poltronara. Poche settimane fa, all'indomani dell'assalto alla redazione della Stampa, il sindaco, pur condannando le violenze, aveva ancora difeso Askatasuna, preferendo attaccare il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, invitandolo a «cercare concretezza e non alimentare tensione». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45472046]]
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