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Bolloli: l'Antimafia sapeva dei dossier ma non ha fatto niente per anni
13-11-2024, 08:21
La segnalazione, nel 2020, sui comportamenti anomali di Pasquale Strianofuignorata ai piani alti della procura nazionale Antimafia. È questo il nuovo colpo di scena nell'inchiesta sul presunto dossieraggio che ha coinvolto la superprocura Antiterrorismo voluta dal giudice Giovanni Falcone. La novità che arriva da Perugia, dove ieri era in corso l'udienza del Riesame per decidere sui domiciliari a Striano e Antonio Laudati, è un verbale di sommarie informazioni rese agli inquirenti umbri dall'ex procuratore aggiunto della Dna, Giovanni Russo, attuale capo del Dap, più volte sentito nella commissione parlamentare Antimafia sul caso dossier. Ne dà notizia l'agenzia Lapresse dicendo che in questo documento che il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, ha depositato al Riesame, Russo sostiene di avere segnalato già nel 2020 presunte «anomalie» nel comportamento di Striano. Non solo. Al verbale è allegata una relazione indirizzata all'allora procuratore antimafia Federico Cafiero De Raho, oggi deputato Cinquestelle nonché vicepresidente nella commissione parlamentare guidata dalla meloniana Chiara Colosimo. De Raho, è la sintesi, sarebbe stato avvertito da Russo che non tutto era trasparente nell'attività del finanziere che coordinava il gruppo Sos (Segnalazioni Operazioni sospette). Il tenente aveva troppo potere, godeva di una libertà d'azione che altri colleghi non avevano, non doveva comunicare le sue presenze e non rispondeva della sua attività nella Dna ad alcun magistrato, se non a Laudati con il quale oggi è indagato per accesso abusivo alle banche dati dello Stato e rivelazione del segreto. I nuovi atti sono importanti per le date indicate da Russo, il quale parla di «presunte anomalie» da parte del finanziere nella gestione delle pratiche riferite agli anni 2019-2020, quindi in piena gestione Cafiero De Raho, visto che solo nel 2022 è subentrato Giovanni Melillo al vertice della superprocura. Il deputato grillino ha subito smentito tutto: «Calunnie sudi me, sono al centro di una macchinazione, il dossieraggio lo sto subendo io». Il verbale e la relazione sono stati messi a disposizione delle parti ma sulla loro ammissione il tribunale si è riservato. Il collegio ha rinviato al 17 dicembre anche sull'eccezione delle difese di incompetenza territoriale: da Perugia a Roma. Intanto scoppia la polemica su una vicenda che, senza la denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, forse non sarebbe mai emersa. Quel «verminaio» di accessi abusivi al cervellone informatico dello Stato per cui alcuni uomini in divisa, utilizzando le proprie password e i codici riservati, riuscivano a estrarre dati e conti correnti di persone più o meno note per una sorta di voyerismo, per una furia moralizzatrice o, peggio, per rivenderle in Italia e all'estero. Nella vicenda di Striano (e Laudati) è acclarato che le “vittime” del presunto dossieraggio fossero quasi tutte di centrodestra e dunque la “spiata” era usata come arma politica contro gli avversari. Perfino con l'aiutino di qualche agente segreto. Nell'attesa che le indagini stabiliscano chi è il mandante e che fine hanno fatto le migliaia di file scaricati senza autorizzazione, è ancora la politica a tenere banco. Gli azzurri che siedono in commissione hanno espresso «profondo sconcerto» e hanno chiesto «una verifica immediata rispetto al ruolo di Russo e dei vertici della Procura all'epoca diretta da Cafiero de Raho». Anche Pino Bicchielli, vicepresidente di Nm e membro della commissione, ha detto che «se tutto ciò dovesse essere confermato, sarebbe gravissimo per la vita democratica del Paese». Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha chiesto a Cantone di andare avanti, mentre la renziana Raffaella Paita invita nuovamente Cafiero De Raho a riferire ciò che sa sui metodi del finanziere che per lui conduceva le indagini. Su X, l'ex governatore della Liguria, Giovanni Toti, parla di «dossier spazzatura di Striano» e ricorda che i vertici dell'Antimafia «ora sono parlamentari grillini come De Raho. E quante inchieste sono partite su quei documenti illegali? Altro che giornalisti con buone fonti. Quegli articoli erano una “strategia” per distruggere una parte politica. Quanto è profondo il marcio?». Il Pd, chissà perché, stavolta è rimasto zitto.
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