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Brunella Bolloli: l'indagine sui dossier si sposta a Roma. E De Raho fa autogol
Ieri 14-12-24, 09:07
Per una di quelle strane coincidenze che non possono sfuggire agli addetti ai lavori, nello stesso giorno in cui Federico Cafiero De Raho fa uscire una lunga intervista autodifensiva sul caso dossieraggio al Fatto quotidiano, giornale vicino alle procure, il gip di Perugia stabilisce che l'inchiesta sui presunti spioni deve tornare a Roma. In pratica, ricominciare daccapo. Con il rischio di arenarsi. Negli uffici di piazzale Clodio l'indagine era partita, dopo l'esposto del ministro Guido Crosetto, che si era trovato sul quotidiano Domani i propri compensi di quando ancora non era al ministero: qualcuno aveva ripetutamente violato le banche dati dello Stato e spifferato a giornalisti amici i suoi dati sensibili. Da lì è nata l'indagine che ha scoperchiato quel «verminaio» di accessi abusivi, quasi tutti ai danni di politici del centrodestra, iniziata a Roma ma poi passata per competenza nel capoluogo umbro quando il finanziere Pasquale Striano, individuato dagli inquirenti come il soggetto che materialmente faceva gli accessi, ha tirato in ballo il suo superiore alla Direzione nazionale Antimafia, il magistrato Antonio Laudati, oggi in pensione. A Perugia il procuratore Raffaele Cantone è andato oltre nell'attività investigativa e nonostante i tentativi di minimizzazione all'interno della stessa Md e di una parte dell'opinione pubblica, è arrivato a chiedere i domiciliari per i due principali indagati, Striano e Laudati, una misura respinta dal gip ma su cui ora incombe il Riesame, il 17 dicembre. Nel frattempo, a Milano è scoppiato lo scandalo del dossieraggio compiuto dalla “banda” di Equalize, a Roma è emersa una “Squadra Fiore”, quasi tutta composta da finanzieri; altri militari, dipendenti dello Stato in giro per l'Italia o uomini dei Servizi sono stati pizzicati a “bucare” le banche dati del sistema pubblico, e il tema è diventato così delicato da determinare misure più severe per la cybersicurezza. Nel caso del dossieraggio di Perugia ha sempre stupito la quantità di file scaricati in modo illecito, il bersaglio politico e soprattutto il fatto che gli accessi avvenissero nella Dna, il tempio di legalità voluto dal giudice Giovanni Falcone per combattere la mafia seguendo il giro di denaro di singoli o gruppi criminali (follow the money). Striano e Laudati erano lì, alla superprocura di via Giulia di cui Cafiero De Raho è stato capo fino al 2022 quando il Movimento Cinquestelle l'ha candidato alla Camera indicandolo quale vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia guidata da Chiara Colosimo (Fdi). Un ruolo giudicato in conflitto d'interessi visto che l'organismo di San Macuto è chiamato ad approfondire il tema dossieraggio. De Raho, ieri, al Fatto si è difeso ammettendo che «gli accessi sulle destre» sono stati fatti, ma lui non c'era più. In verità, le “spiate” risalgono al 2018 e 2019, ma secondo il grillino forse quelle non valgono. Intanto si attende il Riesame del 17, sebbene l'esito, alla luce delle notizie di ieri, appaia abbastanza scontato. Di fronte alla decisione di riportare gli atti nella Capitale, accogliendo le richieste della difesa di Striano e Laudati, il procuratore Cantone ha parlato di «approdo naturale», ha detto che si tratta di una «decisione non vincolante e per questo prima di trasmettere gli atti attenderemo la pronuncia del tribunale del Riesame». Insomma, nessuna sorpresa. Del resto una recente sentenza della Cassazione, citata dagli avvocati Andrea Castaldo e Massimo Clemente, ha dato il via libera allo “scippo” delle toghe. I difensori degli indagati, infatti, sono soddisfatti e con loro chi spera che tutto finisca a tarallucci e vino, in quel “porto delle nebbie” dove tanti faldoni, per magia, finivano poi archiviati o prescritti. L'orientamento della procura umbra è comunque di non compiere atti investigativi fino al Riesame. Ma il tema, oltre che giudiziario, è anche politico. Una nota degli esponenti di Fi in commissione Antimafia, assicura che «lo scandalo Striano-De Raho-Procura antimafia non evaporerà con l'eventuale trasferimento dell'indagine a Roma. Non solo perché confidiamo che certi luoghi non siano più il “porto delle nebbie” di un tempo, ma perché la Commissione parlamentare antimafia», spiegano, si avvarrà certamente dei suoi ampi poteri di indagine. Nessuno pensi di sfuggire alle proprie responsabilità».
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