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Capezzone: che strano, Khelif ha vinto ancora. Con lei l'ideologia va a medaglia
04-08-2024, 14:16
Ma guarda! Imane Khelif ha vinto ancora, strapazzando e spazzando via pure la sua avversaria ungherese di ieri. Decisione unanime dei giudici, match a senso unico, dominato in lungo e in largo, e così l'atleta dell'Algeria è volata in semifinale e verso una medaglia a questo punto sicura. Ora, amici lettori, stando lontano dalle chiassate e dai toni beceri che non ci appartengono, la vera sfida è non farsi distrarre dai rumori di fondo e dalle furbate pseudoprogressiste, da chi cerca di spostare la nostra attenzione su aspetti francamente marginali, nel tentativo di offuscare il cuore del problema. Che resta invece quello che Libero ha sottolineato sin dal primo giorno: è semplicemente inammissibile che una persona con cromosomi e livelli di testosterone maschili sia ammessa a gareggiare in una competizione femminile. Peggio ancora: è allucinante che questo avvenga in uno sport di contatto, dove le conseguenze di una raffica di colpi alla testa possono essere gravissime. L'ARTE DELLA DIVAGAZIONE Questo è il punto dal quale vogliono costantemente defocalizzarci. Come? Divagando. E l'arte della divagazione ha assunto ieri le più diverse forme. Qualcuno ha sottolineato che il match con la pugile ungherese è stato tutto sommato più combattuto e meno squilibrato di quello con la nostra Angela Carini. Qualcun altro - incline al racconto sentimentale- si è soffermato sul fatto che stavolta a piangere per l'emozione, a fine match, è stata Imane. Altri ancora si sono persi in discettazioni di tecnica pugilistica. I più irriducibili continuano a twittare in modo compulsivo ricordando che anche Imane ha subìto delle sconfitte in carriera, mostrandosi battibile: il che, secondo loro, dimostrerebbe che il problema non esiste. Ecco, è l'ora di dire che o costoro non hanno capito o fanno finta di non capire, concentrandosi su aspetti francamente irrilevanti. Il punto, invece, è che, per una precisa impuntatura ideologica, per una dottrina dell'”inclusività” che ha assunto la fissità di un dogma e che le Macroniadi hanno consapevolmente deciso di esaltare, si sta distruggendo lo sport femminile, e- peggio ancora - si sta allegramente accettando l'idea di una competizione sportiva in cui i concorrenti siano in condizioni evidentemente impari. E che ciò accada da parte di chi (a sinistra) si è vantato per anni di difendere i diritti delle donne rende tutto ancora più surreale. O meglio: rende evidente come, nella folle “morra” gender, le persone non abbiano tutte lo stesso valore e il medesimo diritto a essere rispettate e tutelate. No: per i fanatici gender, la persona intersex merita più tutele di una donna. Naturalmente nessuno lo ammetterà apertamente: i giri di parole e le cortine fumogene servono esattamente a questo, a non dire, a offuscare, a dissimulare. Non a caso i nostri progressisti rispondono a tutti, sparano a palle incatenate contro chiunque, ma omettono di replicare ad una sola interlocutrice che li ha totalmente spiazzati. Si tratta di Martina Navratilova, leggendaria campionessa del tennis degli anni Ottanta, oltre che persona omosessuale e di opinioni politiche notoriamente non trumpiane, che ha definito «deplorevole» la decisione del Comitato Olimpico di far gareggiare Imane tra le donne. Cortocircuito totale: perché è un po' difficile applicare a un'icona gay come la Navratilova quello che potremmo chiamare il “trattamento-Roccella”, e cioè un rifiuto preventivo di ascoltare alcuni interlocutori. Resta una postilla per completare il ragionamento. Siccome da queste parti ci piacciono le guerre culturali e al tempo stesso ci piace il liberalismo, è importante lasciare a verbale qualche altra considerazione. Non giova a un dibattito profondo (e drammatico) sul tema il fatto che alcuni si abbandonino a insulti inaccettabili verso l'atleta dell'Algeria. Siamo davanti a una persona che merita a sua volta rispetto: di più, c'è da immaginare il suo imbarazzo e il suo tormento nel salire sul ring in questo clima. Non smettiamo di ripeterlo a destra (e non solo): certi toni non solo non aiutano, ma nuocciono, e svolgono la stessa funzione di defocalizzazione del dibattito che, dall'altra parte, avviene attraverso le fumisterie gender. L'ESEMPIO DI ANGELA Bisogna anche resistere alla tentazione di una strumentalizzazione politica di segno opposto ai progressisti fucsia: che il presidente di simpatie putiniane della federazione internazionale di boxe abbia straparlato di «sodomia» mostra la sua rozzezza, oltre che il tentativo di buttarla in rissa. Bene ha fatto la nostra Angela Carini, che sta mostrando un temperamento e una qualità umana ammirevoli, a rifiutare la mela avvelenata di un maxi-premio in denaro da parte di quella federazione, evitando di trasformarsi nello strumento di una contesa palesemente politicizzata. Dunque, non facciamoci distrarre, restiamo concentrati sul punto, teniamoci alla larga dal becerume, e invece prepariamoci a una sfida profonda ed esistenziale verso il pacchetto che si vuole imporre da sinistra (e che non ha nulla a che fare con le sacrosante libertà personali anche in campo sessuale): scardinamento di ogni distinzione tra “maschile” e “femminile”, autopercezione, discriminazione in nome di una presunta “tutela” verso alcune categorie, e- inutile dirlo- fascistizzazione di chiunque osi dissentire. Navratilova inclusa.
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