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Capezzone: compagni senza vergogna, la proprietà privata è sacra solo se è la loro
06-12-2024, 15:20
Oggi Libero vi racconta due storie legate alla casa, all'abitare, al mattone. E cosa le tiene insieme? L'eterno adagio del tipico comunista nostrano: “Caro compagno, quello che è tuo è mio, ma quello che è mio è mio”. No, amici lettori, non si tratta di uno scherzo: anche perché di mezzo c'è scappata una tragedia, come vedremo tra poco. Ma ciò che colpisce è questa naturale attitudine alla doppiezza, alla verità ribaltata a seconda del fatto che sia in gioco un bene proprio (e allora anche per i militanti di sinistra la proprietà privata diventa improvvisamente sacra) o un bene altrui (di un altro privato oppure della collettività: e allora per i compagni possono tranquillamente applicarsi metodi da esproprio proletario). La prima tristissima storia ci porta in provincia di Treviso. Ve ne avevamo già parlato ieri: un 53enne italiano, impiegato in una ditta di sfilettatura di pesce, era stato cacciato di casa e – poverino – non riusciva più a permettersi una locazione degna di questo nome. Morale: è finito mestamente in un garage senza chiedere aiuto a nessuno, e lì ha trovato una morte solitaria, forse per infarto. La novità è emersa nella giornata di ieri: quando è venuto fuori che ad allontanarlo sarebbe stato nientemeno che un militante di un centro sociale nonché un notorio sostenitore di estrema sinistra dei “movimenti per la casa e anti-sfratto”. Intendiamoci bene: per noi di Libero la proprietà privata è sempre da salvaguardare, e qualunque proprietario, se non riceve regolarmente l'affitto da un inquilino che diventa moroso, ha pieno diritto di mandarlo via. Ma con quale faccia a comportarsi così può essere uno che di mattina si affretta con ogni mezzo a liberare un immobile (se si tratta di casa sua) mentre la sera regge gli striscioni contro gli sfratti (si si tratta di casa d'altri)? E allora eccoci alla seconda storia. Torniamo a Milano, precisamente nel quartiere Giambellino, diventato il set di un video di Sant'Ilaria (al secolo, Ilaria Salis, eurodeputata Avs, a sua volta militante pro-occupazioni), per l'occasione agghindata con piumino lucido e berrettino pon pon. Lasciamole direttamente la parola: «Esprimo solidarietà alle persone imputate del comitato Giambellino e invito a sostenere le ragioni dei movimenti di lotta per la casa, che sono gli unici ad attuare una vera politica per il diritto all'abitare in Italia». Poi la Salis ci infligge un comizietto sullo stato fatiscente degli edifici di edilizia popolare. E a seguire ecco il gran finale: «Qui, come altrove, alcune persone, anziché dormire in macchina o per strada, decidono di entrare in una delle migliaia di appartamenti lasciati vuoti da anni, li ripuliscono e li risistemano, fanno i lavori, imbiancano, spesso devono anche sostituire i sanitari che sono distrutti da Aler stessa, che pur di scoraggiare le occupazioni, di fatto rende gli appartamenti inagibili anche per le assegnazioni». E poi l'attacco contro ogni eventuale azione o iniziativa giudiziaria verso gli occupanti: perché così si trasformerebbe «una comunità solidale in una pericolosa associazione a delinquere», (...) «in un crimine quello che è uno slancio generoso e collettivo per migliorare le proprie condizioni di vita e quelle altrui». Avete letto bene: occupare illegalmente, e quindi commettere un reato, diventa «uno slancio generoso e collettivo». Che conclusione ne dobbiamo trarre? Se per caso avete teoricamente diritto a un immobile popolare, e – non essendo avvezzi a commettere reati – vi siete regolarmente messi in graduatoria e aspettate il vostro turno, allora siete dei fessi. Meglio passare alle vie di fatto e occupare, tanto è «uno slancio generoso», par di capire. Ma mi raccomando: se invece si tratta della casa privata di un compagno di sinistra puro e duro, allora dovete pagare il canone per intero, fino all'ultimo euro. Altrimenti, vi butta fuori a calci in culo. Tutto chiaro?
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