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Capezzone: fuori dal bunker di Bruxelles il popolo vota e striglia gli euro-mandarini
01-07-2024, 14:52
La supersintesi è fin troppo chiara: più Micron che Macron. Ma, per arrivare a questa conclusione, facciamo un passo indietro. Anche l'elettore, proprio come il postino del celebre romanzo di James Cain, bussa sempre due volte. L'8-9 giugno scorso, alle Europee, pur essendosi confermata nei 27 paesi una striminzita maggioranza numerica a favore dei tre partiti della vecchia maggioranza (popolari, socialisti, macronisti), i cittadini di Germania, Italia e Francia avevano comunque chiaramente indicato una sterzata a destra. In Italia, con un forte successo di Giorgia Meloni, mentre a Parigi e Berlino con i partiti di governo addirittura doppiati dalle principali forze di opposizione di centrodestra. E ieri sera, com'era ampiamente prevedibile, è arrivato il secondo squillo in Francia, con un robusto successo del partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella (che vedono per domenica prossima la possibilità concreta di centrare la maggioranza assoluta dei seggi) e una secca sconfitta inflitta alla formazione del presidente Emmanuel Macron, che pure i giornali italiani - con sprezzo del pericolo - avevano elogiato per il “grande spariglio” della convocazione delle elezioni politiche anticipate. Risultato? Macron è ora largamente delegittimato, e al secondo turno (nemesi ulteriore) si prepara - guidato dalla disperazione politica - a sostenere in molti collegi della Francia i candidati di quella sinistra estrema che detesta e da cui è ugualmente detestato. PER L'ITALIA È UN DÉJÀ-VU Il problema è che, nell'intervallo tra il primo e il secondo squillo del postino, i mandarini di Bruxelles-Parigi-Berlino, accodandosi alla fretta e alla paura di Macron e del cancelliere tedesco Scholz, hanno deciso un'irragionevole forzatura in Ue, arroccandosi sui nomi e sulle euromaggioranze precostituite, tentando di emarginare Giorgia Meloni, e soprattutto mostrando agli elettori europei un disprezzo che non promette nulla di buono. Ecco: il voto francese di ieri certifica quanto abbiano avuto torto e quanto siano stati arroganti coloro che hanno agito seguendo questo istinto da bunker. E quanto fragilea questo punto - sia il castello di carte che essi hanno costruito alla vigilia sia del secondo turno francese (domenica prossima) sia del voto di conferma per Ursula von der Leyen previsto all'Europarlamento il 18 luglio prossimo. Se non ce la faranno, trafitti dai franchi tiratori, sarà una Waterloo; ma se anche ce la facessero per il rotto della cuffia, si tratterebbe di una spettacolare prova di debolezza. Siamo sempre lì: possibile che nel 2024 ci sia ancora chi pensa di poter mettere tra parentesi il popolo? Qui in Italia dovremmo essere particolarmente sensibili e preparati sul punto sin dal 2011, quando, pur nel pieno rispetto formale della Costituzione, il governo Monti prese il posto dell'esecutivo Berlusconi. Tutto assolutamente legittimo, con il voto delle Camere a certificare la fiducia per il nuovo gabinetto tecnico. Eppure - da allora e per molti anni, inclusa un'esperienza di governo di Mario Draghi, prima della vittoria di Giorgia Meloni nel settembre 2022- si consolidò come prassi un'operazione volta a separare progressivamente il kratos, cioè l'esercizio del potere, dalla sua necessaria fonte popolare, cioè il demos. UNA SURROGA La sensazione è che qualcuno stia puntando a realizzare una surroga simil-commissariale pure a livello europeo, stavolta senza ricorrere ai tecnici e puntando su figure politiche, ma comunque bypassando la sostanza delle indicazioni venute degli elettori, con la riserva mentale che le decisioni nevralgiche vadano prese “al riparo” dalla democrazia, dal consenso, dal coinvolgimento popolare. È bene dirlo a chiare lettere: si tratta di una deriva rischiosissima. Addolora ma non sorprende che troppi in Ue non abbiano compreso la grande lezione della Roma antica racchiusa nella formula SPQR, con la necessità del senatus e del populus di trovare un modo di convivere, coesistere, sostenersi reciprocamente. Guai certamente a un popolo che si muova come una plebe rabbiosa e accecata; ma guai - ancora di più - a delle élites che pretendano di fare a meno del popolo.
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