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Capezzone: progressisti spiazzati dai benefici alle fasce deboli
17-10-2024, 06:47
Da ieri si registra un'ondata di panico a sinistra: «Aiuto, la Meloni ci ha rubato pure la protezione sociale!», coni nostri progressisti che non sanno più a cosa attaccarsi per sparacchiare contro il governo, trovandosi completamente spiazzati sul loro stesso terreno. Immaginiamo la disperazione e lo sgomento nelle redazioni progressiste e nei partiti di quell'area mentre Giancarlo Giorgetti e Maurizio Leo, ieri mattina, illustravano le misure economiche decise dal governo. A poco a poco, tutto il racconto e la retorica della sinistra in questi mesi venivano spolpati e quasi privati di senso. Ci arriveremo tra poco. Ma prima facciamo un passo indietro inquadrando le cose in prospettiva storica. Una volta scorporata l'eccezione più unica che rara rappresentata dalla splendida stagione di Alcide De Gasperi (atlantismo più liberalismo economico), si può ben dire che la parabola della nostra Repubblica, vista attraverso il prisma dell'economia, sia stata una lunga vicenda più improntata alla protezione che al rischio, con battaglie politiche maggiormente centrate sulla tutela dei ceti deboli che non sull'incoraggiamento a crescere, ad arricchirsi, a migliorare la propria posizione sociale. La scommessa di De Gasperi e del suo ministro Vanoni (tagliare le tasse ai ceti medi) fu premiata da un memorabile boom economico. Ma nei decenni successivi è purtroppo sempre prevalsa tutt'altra logica: dirigismo, espansione delle politiche pubbliche, crescita simultanea dei tre cancri chiamati tasse-spesa-debito. Negli ultimi decenni, ha fatto il resto la disastrosa poetica del vincolo esterno: con l'illusione che i mitici «compiti a casa», il «ce lo chiede l'Europa», gli elogi dell'«austerità» e del «rigore» potessero produrre qualcosa di utile. Si è visto: crescita ulteriormente rattrappita, debito ancora più su, spesa altissima, tasse ai massimi. E- ecco la beffa- è arrivata la necessità per le famiglie italiane e i ceti medi di intaccare ciò che era rimasto dell'antico boom: i risparmi del nonno e di papà come paracadute, e la casa di proprietà come unica salvaguardia rispetto a salari fermi e insufficienti anche per chi dispone di un lavoro teoricamente sicuro. E così il dibattito economico italiano corrisponde da anni a un confronto tra diverse gradazioni di socialismo, con la sinistra - va detto - che aggiunge di suo una specie di feticismo fiscale, di sadismo tributario, di piacere perverso nell'inseguire qualcuno da bastonare. Almeno su quest'ultimo terreno, per fortuna, il centrodestra è decisamente meno competitivo. Ma - ecco la notizia esaminando la legge di bilancio presentata ieri - il fatto è che la sinistra, sul terreno che considera più “suo”, quello della protezione sociale, è rimasta clamorosamente senza argomenti. I ceti deboli? Se ne occupa questo governo, con (e oggettivamente si tratta di un successo notevole) gli interventi sul cuneo e sulle fasce più basse che diventano strutturali: un beneficio fiscale vero per i redditi meno elevati di cui la sinistra aveva per un anno contestato la transitorietà. E che ora diventa stabile. Interventi peggiorativi sul catasto? Neanche l'ombra. Restano le norme precedenti, anche sul piano degli ovvi effetti post-superbonus, per chi abbia usufruito di quella misura. Pensioni? La sinistra aveva profetizzato sciagure e catastrofi, e invece giustamente- si va verso una indicizzazione pressoché piena. E gli statali? Sono già stanziate le risorse per il rinnovo dei relativi contratti. Morale. A restare con il consueto amaro in bocca (ma ci siamo abituati da mezzo secolo: siamo dunque allenatissimi) sono quelli che avrebbero sperato in un maggior coraggio nei tagli di tasse per i ceti medi, in una linea più nettamente sviluppista e pro impresa, in misure per il settore privato e le partite Iva. Ma non è certo la sinistra italiana (né quella politica né quella editoriale né quella sindacale) a poter muovere questo genere di contestazioni. Anzi: la parte migliore delle richieste della sinistra e la stessa narrazione progressista è stata completamente assorbita dalle politiche del governo. E allora si può ben dire che, sul terreno della protezione sociale e della gestione dell'esistente, la destra sociale abbia largamente stracciato la sinistra fucsia. Attendiamo fiduciosi che prima o poi inizino un'altra partita e un altro dibattito.
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