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Carioti: l'asse toghe-Pd contro i campi per migranti in Albania
14-10-2024, 08:20
I dubbi, se qualcuno ancora li aveva, li ha tolti ieri il piddino Matteo Orfini, elogiando le toghe che si preparano a far saltare il trasferimento degli immigrati in Albania: «Non c'è M. Piantedosi nessuna resistenza ideologica nei magistrati, ma semplicemente la doverosa applicazione della sentenza della Corte di giustizia europea. Il diritto internazionale è sacro e lo sono anche i diritti umani». Come chiedere all'oste se il vino è buono. L'asse tra sinistra e giudici è nei fatti: le pronunce dei tribunali sono il piccone che secondo il Pd e i suoi alleati demolirà l'accordo firmato un anno fa da Giorgia Meloni ed Edi Rama. Già questa settimana, se tutto andrà come sperano. Sull'altra sponda dell'Adriatico, infatti, i due centri italiani costruiti per trattenere gli immigrati provenienti dai Paesi di origine «sicuri», quelli in cui chi non ha diritto all'asilo può essere rimpatriato (Algeria, Egitto, Gambia, Ghana, Marocco, Tunisia e altri), sono pronti per entrare in funzione. Ed i magistrati europei ed italiani si sono già mossi. La sentenza della Corte di giustizia europea di cui parla Orfini è stata emessa il 4 ottobre. Pur non riguardando l'Italia, fissa un principio che la riguarda molto da vicino, almeno secondo certe toghe: un governo Ue non può designare un Paese extracomunitario come «sicuro» se in «talune parti del suo territorio» sono compiute le discriminazioni elencate in una direttiva europea, secondo la quale – presa alla lettera – quasi nessuno Stato arabo o islamico, visti gli status riservati a donne e omosessuali, passa l'esame. Citando quella sentenza europea, il tribunale di Palermo ha subito decretato non sicura la Tunisia, a causa della sua legislazione sull'omosessualità. Liberando così cinque tunisini (i quali nemmeno si sarebbero dichiarati omosessuali), giunti in Italia in modo irregolare, che la questura voleva trattenere in attesa che le loro domande d'asilo fossero valutate, per poterli poi espellere in caso di rigetto. In tutto, i Paesi d'origine che il governo ritiene sicuri per rispedirvi indietro gli immigrati che non hanno diritto all'asilo sono ventidue, e lo stesso criterio usato per la Tunisia potrà essere applicato ad altri. Il pericolo che l'intera “operazione Albania” sia resa inutile dall'intervento della magistratura è quindi concreto. Per questo Matteo Piantedosi, intervistato sulla Stampa di ieri, ha avuto parole inusualmente dure nei confronti di quei giudici palermitani: «Emerge una tendenza della magistratura di settore su posizioni che non condividiamo proprio in un punto di diritto. Le espulsioni di coloro che non hanno diritto si fanno in tutta Europa». Gli ha risposto Orfini, ovviamente schierandosi con le toghe: «Il governo italiano smetta di attaccare chi semplicemente fa con serietà e rispettando le leggi il proprio lavoro». Il solito blocco, insomma, che si è dato un nuovo bersaglio. Per completare la filiera servono i giornali d'area, e Repubblica è lì apposta. Francesco Micela, del tribunale di Palermo, spiega sul quotidiano degli Elkann perché la decisione dei magistrati di Lussemburgo, secondo lui e i suoi colleghi, cambia tutto: «Per i giudici questa sentenza non è solo un precedente, è formalmente vincolante, perché la Corte di giustizia europea ha proprio il compito di assicurare l'osservanza del diritto comunitario. Nella decisione che abbiamo preso non è stato esercitato alcuno spazio di discrezionalità, non ci siamo sostituiti noi al governo nel giudicare se la Tunisia è o meno un Paese sicuro. Abbiamo solo verificato, come ci impone la Corte, se vi fosse stata una violazione delle regole comunitarie». La tesi, insomma, è che loro e tutti gli altri magistrati italiani ed europei non possono fare altro che mettersi nella scia della Corte di giustizia Ue, i cui “ordini” sono chiari: i Paesi extra-comunitari che non rispettano gli standard europei (praticamente tutti quelli africani, e non solo) non possono essere ritenuti sicuri, e il rimpatrio dei loro cittadini sbarcati in Italia diventa di fatto impossibile. Quale sia l'obiettivo finale, lo spiega sempre Repubblica in un articolo che gronda speranza già dal titolo: «Il primo viaggio della nave-hub rischia di essere anche l'ultimo. I giudici possono bloccare tutto». Dove si sostiene che se i magistrati «si conformeranno alla sentenza europea - come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo - praticamente nessuno dei migranti potrà essere rinchiuso in Albania. E dovrà essere riportato in Italia. È il nodo che rischia di far saltare tutto». Al processo contro Matteo Salvini per il caso Open Arms (sei anni chiesti dalla procura di Palermo per sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio) si aggiunge così il disegno di abrogare una decisione politica per via giurisdizionale. E nel mirino c'è sempre la gestione dell'immigrazione illegale, l'elemento identitario di questo governo. La grande partita che si gioca ora è questa, pochi giorni e si capirà quanto male può fare all'esecutivo.
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