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Carioti: l'Ue appoggia Giorgia e la sinistra si sfascia
16-10-2024, 06:52
Cinque risoluzioni diverse nel mattino al Senato, sei risoluzioni diverse nel pomeriggio alla Camera, idee agli antipodi su Israele e Hamas: l'opposizione esce dal dibattito parlamentare con Giorgia Meloni più spaccata di come ci era entrata. Pesa, e molto, la nuova linea imboccata dalla Ue, la svolta a destra che Ursula von der Leyen pare avere imboccato. Sotto almeno due aspetti. Il primo è la lettera inviata dalla presidente della Ue ai leader che domani e venerdì si incontreranno al Consiglio di Bruxelles per discutere di Ucraina, Medio Oriente, migrazioni e altro. In quelle sette pagine, von der Leyen cita il progetto italiano per trasferire trentamila migranti l'anno in Albania come un modello che tutta la Ue dovrebbe imitare. «Con l'avvio delle operazioni del protocollo Italia-Albania, saremo anche in grado di trarre lezioni da questa esperienza nella pratica», scrive. E ancora: «Dovremmo continuare a esplorare le possibili strade da percorrere per quanto riguarda l'idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell'Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio». La premier sa che quelle parole hanno avuto un impatto forte soprattutto sul Pd, che chiama «deportazione» lo sbarco in territorio albanese degli immigrati raccolti dalle navi italiane, ma nello stesso tempo fa parte della “maggioranza Ursula”. Così, alla piddina Chiara Braga, che contesta in aula le intese con Tirana e Tunisi, Meloni risponde che «ormai queste politiche migratorie del governo italiano sono diventate le politiche migratorie dell'Unione europea». Le ricorda quello che von der Leyen si è impegnata a fare in materia di immigrazione, con il consenso di molti Stati Ue. Per concludere impietosa: «Quindi, francamente, temo che ormai siate voi a essere isolati a livello internazionale, perché tutto il resto del mondo è abbastanza d'accordo con noi». L'imbarazzo del Pd lo colgono anche i Cinque Stelle. «Come possono Socialisti e Verdi sostenere la presidente della commissione europea dopo la sua vergognosa lettera ai capi di Stato in cui elogia la deportazione di migranti in un Paese extraeuropeo?», dice da Bruxelles la loro europarlamentare Valentina Palmisano. E poi c'è il nodo Fitto. Anche qui la premier parte da una posizione di vantaggio, alla quale non vuole rinunciare. «Nella scorsa legislatura, all'atto della nomina di Paolo Gentiloni», ricorda, «proprio Raffaele Fitto, in rappresentanza di Fdi, si espresse a favore del candidato italiano e conseguentemente il gruppo di Ecr votò in suo favore». Ora i Socialisti europei si sono detti contrari alla nomina di Fitto a commissario e vicepresidente esecutivo: il Pd, che a quella famiglia appartiene, cosa intende fare? Parlando in Senato, il piddino Graziano Delrio assicura che loro sosterranno tutta la commissione, Fitto incluso: «I democratici non voteranno mai contro, sono anche orgogliosi se l'Italia ha un ruolo di prestigio». Allora, gli risponde Meloni, «credo dobbiate parlare con il vostro gruppo al parlamento europeo, che ha detto che non avrebbe accettato che all'Italia fosse riconosciuta la vicepresidenza esecutiva». Poco dopo, a Montecitorio, la premier gira la domanda alla segretaria del Pd: «Spero che, nella sua replica, metta una parola definitiva». Cosa che Elly Schlein, però, si guarda bene dal fare. Quando è il suo turno, si limita a dire che «è inutile che la presidente Meloni venga a darsi pacche sulle spalle da sola sul portafoglio offerto a Fitto. Noi, che non siamo come voi, valuteremo attentamente le audizioni di tutti i commissari, Fitto compreso». Tra l'interesse nazionale e l'appartenenza alla famiglia socialista, Schlein non sa scegliere e rimane in mezzo al guado. A differenza di Giuseppe Conte, che simili dubbi nemmeno se li pone: «Fitto è il meglio del peggio e quindi è pessimo», dice il capo dei Cinque Stelle. Il quale sarebbe ben felice di vedere il Pd votare per Fitto, e poter così gridare all'inciucio. Il resto del confronto parlamentare conferma che l'opposizione è una Babele. La mozione del M5S è dura quando quella dei rossoverdi e chiede al governo di proporre sanzioni dirette contro Benjamin Netanyahu, sanzioni economiche contro Israele, il richiamo di tutti gli ambasciatori dei Paesi Ue in Israele e cose del genere. Il Pd è molto più cauto e punta sul riconoscimento dello Stato di Palestina, Italia Viva scrive che l'obiettivo deve essere lo sviluppo di un'Autorità nazionale palestinese sovrana «che garantisca la condanna delle organizzazioni terroristiche, in particolare Hamas». Ognuno si guarda bene dal votare la parti più importanti delle risoluzioni altrui e alla fine passa solo quello che decide il governo. Renziani e Cinque Stelle riescono a litigare persino su chi ha detto per primo che Meloni è come Calimero, il pulcino nero. Al confronto di questa opposizione, pure il centrodestra attuale pare un monolite.
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