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Carioti: prove di disgelo tra Meloni e Macron
03-08-2024, 14:11
Non saranno il migliore amico l'uno dell'altra, ma non sono nemmeno i due implacabili nemici che gli avversari di lei insistono a dipingere. Sono vicini di casa, hanno troppi interessi in comune e non possono ignorarsi, a maggior ragione nel mondo che sta diventando una polveriera e a meno di cento giorni dall'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti (se sarà Donald Trump, molte cose cambieranno per i membri europei della Nato e per l'Ucraina). Così ieri Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sono incontrati per parlare a quattr'occhi. Smentendo con i fatti – non è la prima volta – le voci che li davano reciprocamente impegnati ad evitarsi. Tipo quella di Repubblica, che ieri titolava: «Meloni a Parigi preferisce Eurodisney a Macron: niente bilaterale». La premier italiana, in realtà, lo aveva detto già giovedì: «Con il presidente Macron siamo in contatto. Se, fra quando lui ritorna e quando io riparto riusciamo ad incastrarci, ci incontreremo volentieri». La volontà comune c'era e il colloquio bilaterale è avvenuto a Versailles, sede delle gare di equitazione, prima che la presidente del consiglio tornasse a Roma. Nulla di impegnativo: a palazzo Chigi raccontano che il colloquio è avvenuto «a margine dei giochi olimpici» e anche all'Eliseo evidenziano il carattere «informale» dell'incontro. Il comunicato della presidenza francese è scarno e ricalca quello della presidenza del consiglio italiano: i due leader «hanno discusso delle principali questioni bilaterali, europee e internazionali in corso, in particolare la situazione in Medio Oriente e gli ultimi sviluppi politici in Venezuela». Forse anche per l'assenza di protocollo (l'incontro è stato informale pure nell'abbigliamento), i due sono apparsi per una volta distesi e sorridenti, nella mezz'ora trascorsa a chiacchierare da soli su un divano del salottino che dà sul campo di equitazione. Un confronto che è servito a capire quali sono le preoccupazioni comuni e sulle quali Roma e Parigi possono fare squadra. Non la partita per i commissari Ue, quindi: per quella devono trattare con Ursula von der Leyen e ai due – sempre che lo vogliano – basta scambiarsi un messaggio sul cellulare per puntare su caselle diverse ed evitare di pestarsi i piedi. Le aree di crisi su cui Meloni e Macron potrebbero essere chiamati presto a prendere posizione insieme agli altri leader del G7, della Ue e dell'Alleanza atlantica sono numerose e in aumento. L'ultima luce rossa si è accesa sul Venezuela subito dopo le elezioni, il cui risultato il socialista Nicolás Maduro si rifiuta di accettare. Sono già intervenuti i ministri degli Esteri, Antonio Tajani e Stéphane Séjourné, assieme ai loro colleghi del G7, chiedendo al governo venezuelano di «pubblicare in piena trasparenza i risultati elettorali dettagliati». Nulla si è ancora mosso, ed è possibile che il prossimo passo debbano farlo i capi di Stato e di governo dei Sette. A Roma l'allarme per ciò che sta accadendo a Caracas cresce ogni giorno e ieri il balzo è stato di parecchie tacche, dopo che si è saputo che tra le migliaia di manifestanti messi in carcere da Maduro ce ne sono anche col passaporto italiano. «DIALOGO ECCELLENTE» L'altro incendio che i due leader guardano con apprensione è quello in Medio Oriente. Il conflitto tra Iran e Israele, che pare essere questione di ore dopo il raid israeliano che ha ucciso a Teheran il capo di Hamas Ismail Haniyeh (la vera incognita è quanto durerà lo scontro e a quale livello di aggressività i due Paesi si fermeranno) preoccupa tutti i Paesi europei e del G7, ma Italia e Francia hanno un ruolo particolare nel Mediterraneo, che è la loro principale area d'interesse, come confermano anche i 1.043 militari italiani e i 677 francesi che partecipano alla missione Unifil in Libano, al confine nord di Israele. È la zona in cui operano i miliziani di Hezbollah armati e finanziati dall'Iran, e diventerebbe ancora più pericolosa se tra Gerusalemme e Teheran scoppiasse una guerra vera e propria. In quel caso, per limitare i danni e la durata del conflitto, sarà necessario un intervento coordinato di tutti i leader capaci di farsi ascoltare dalle due parti in causa, e Meloni e Macron rientrano in questo gruppo ristretto. Del resto alla Casa Bianca oggi c'è un presidente debole, che sulla scena internazionale può fare ben poco, e dopo Joe Biden gli Stati Uniti potrebbero adottare una politica estera meno interventista, costringendo gli europei ad un maggiore impegno anche in Ucraina, altro argomento che Meloni e Macron ieri hanno dovuto affrontare. In un mondo instabile dove ogni mese scoppia un nuovo incendio, rapporti bilaterali solidi tra Stati che hanno tanto in comune, come Italia e Francia, dovrebbero contare più delle divergenze politiche tra i governi. Forse lo ha capito anche Macron, che alla domanda su come era andato il colloquio con Meloni ha risposto: «Eccellente, davvero molto bene».
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