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Carioti: Sulla riforma della Giustizia palazzo Chigi tira dritto
28-02-2025, 09:30
Come rispondere allo sciopero dei magistrati? Che messaggio inviare a chi ha appena ribadito che «non ci sono margini per una trattativa» (Rocco Maruotti, corrente Area Democratica, segretario dell'Anm)? Giorgia Meloni sceglie di non polemizzare con chi protesta contro la riforma della giustizia. Preferisce imboccare la strada di un confronto ben delimitato: troviamoci, discutiamone, ma l'essenza della riforma resta quella. Così, in vista dell'appuntamento già fissato con l'Anm per il 5 marzo, il governo fa trapelare l'oggetto di un possibile negoziato. Che non riguarderebbe il disegno di legge costituzionale approvato in prima lettura alla Camera e ora all'attenzione del Senato (ogni ramo del parlamento dovrà deliberare due volte), ma la parte da attuare mediante legge ordinaria. La premier si riunisce in mattinata con Matteo Salvini, Antonio Tajani, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, il ministro Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Un vertice convocato, fanno sapere, proprio per preparare l'incontro di mercoledì prossimo. Quando l'Anm inizia a far girare i primi numeri dell'adesione (90% a Milano, 70% a Torino...) Meloni e gli altri in quella stanza al primo piano di palazzo Chigi non si stupiscono. Molti magistrati – è il ragionamento che si fa – scioperano perché poi verranno giudicati dai loro superiori, i quali sono tra gli organizzatori della protesta. Convocare i vertici dell'Anm è ritenuto comunque necessario da Meloni, anche per chiamarli alle loro responsabilità: sanno solo dire «no» o hanno qualche proposta da presentare? Qualunque sia la risposta, è giusto che gli italiani la conoscano. Mantovano lo aveva detto in pubblico, all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte d'appello di Roma, invitando al confronto quelli che avevano lasciato l'aula mentre lui iniziava a parlare: «Se gli argomenti più radicali, quelli della completa inaccettabilità della riforma, fossero così ben fondati, perché non riferirli non sui cartelli, per slogan, dall'esterno, ma de visu, guardandosi negli occhi, articolandoli uno per uno e replicando alle eventuali risposte?». Per questo il governo, terminata la riunione, conferma l'apertura fatta il giorno in cui Cesare Parodi, appartenente alla corrente moderata Magistratura Indipendente, è stato eletto presidente dell'Anm. È giusto incontrarsi, se non altro per capire di che pasta è fatto il nuovo capo del sindacato. A palazzo Chigi si dicono quindi disponibili per un «confronto costruttivo» e assicurano che la riforma «non è contro i magistrati, ma nell'interesse dei cittadini». Il governo ritiene immodificabili la filosofia e l'architettura del nuovo impianto costituzionale, e dunque la separazione delle carriere, la creazione di due Csm (uno per i giudici, l'altro per i pm), l'affidamento della giurisdizione disciplinare sui magistrati a un'Alta corte e l'estrazione a sorte della maggioranza dei componenti di questi organismi. Il sorteggio, soprattutto, è considerato essenziale, perché permette di far saltare gli scambi di favori tra le correnti e la lottizzazione di tribunali e procure. Ci sono aspetti, però, che dovranno essere regolati con legge ordinaria, e su questi il confronto è possibile. In particolare, si potrebbe “temperare” il meccanismo dell'estrazione a sorte dei membri dei due Csm, e prevedere una riserva di “quote rosa” nei sorteggi. In questo modo la riforma già votata a Montecitorio non ripartirebbe da zero. Solo qualora si raggiungesse un accordo tra governo e Anm – ipotesi cui nessuno pare credere – si potrebbe rimettere mano al disegno di legge costituzionale, che in tal caso ricomincerebbe il proprio iter, ma con un testo blindato e quindi in grado di correre veloce in parlamento. Dice molto delle intenzioni del governo anche la decisione, diventata ufficiale ieri, di invitare l'Unione delle camere penali a palazzo Chigi, subito prima dell'Anm. L'associazione degli avvocati penalisti aveva già bollato la protesta delle toghe come «errata nel merito e nei modi, volta alla tutela di tipo corporativo di una situazione di privilegio e di potere». E ieri ha fatto sapere che si presenterà dalla premier per sostenere «la necessità della riforma della separazione delle carriere dei magistrati, così come già approvata alla Camera, che attende ormai da oltre trent'anni di essere realizzata e che la stessa Costituzione ci richiede». Nella stessa occasione, i suoi dirigenti porranno al governo la questione del sovraffollamento carcerario e delle riforme del processo penale ancora in discussione.
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