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Daniele Capezzone: il gioco delle tre carte di Pd e compagni, il governo non ci caschi
18-08-2024, 10:10
«La notizia è prematura», commentò beffardo George Bernard Shaw – che era ovviamente vivissimo – nel leggere su un giornale l'annuncio della sua morte. Con un pochino di senso dell'umorismo, dovrebbero essere di questo tenore le risposte del centrodestra alle operazioni di disarticolazione, piuttosto prevedibili e al momento decisamente spuntate, che la sinistra politica e mediatica sta cercando di mettere in campo nei confronti del governo e della maggioranza. Lo schema è un grande classico. A sinistra individuano tre -quattro temi di attacco, ne fanno oggetto di una campagna mediatica, e sperano vivamente che a destra qualcuno faccia autogol. Il che, al momento, non accade: al massimo, ma anche questo è un desolante evergreen, c'è la solita mini-pattuglia di dichiaratori seriali che, pur di ottenere uno spazietto mediatico, sono disponibili a farsi intervistare dai quotidiani ostili per dedicarsi allo sport del fuoco amico verso la propria coalizione. Tutto qui: roba da poco, in tutti i sensi. La realtà è che le tre carte escogitate dagli strateghi della sinistra per impensierire gli avversari sono abbastanza deboli. Sul carcere, andrà ricordato che, nei lunghi anni in cui a via Arenula sedeva un esponente Pd, si chiacchierò molto ma non si fece nulla. Furono anche messi su – con gran pompa, ai tempi del guardasigilli Orlando – gli “Stati generali dell'esecuzione penale”. Passarono mesi, anzi un anno intero, di fumosi dibattiti (18 tavoli di lavoro), con professoroni, magistrati rossi, esperti con il dito alzato: ma poi non si fece niente. E la situazione era indecente allora come oggi. Non si vede quindi che titolo (e quale credibilità) abbiano i chiacchieroni della sinistra a urlare affinché Meloni faccia oggi quel che loro non hanno fatto per anni, con il piccolo dettaglio che Fdi – giusta o sbagliata che sia questa posizione – non è mai stata favorevole a provvedimenti deflattivi. CITTADINANZA FACILE La seconda carta è quella dello ius soli, o della sua variante soft dello ius scholae. Questo giornale ha già ricordato che, con le norme attuali, l'Italia è il paese-record nella concessione delle cittadinanze: dunque, è veramente bizzarro parlare di “emergenza”. E anche gli esponenti di Forza Italia che sembrano sedotti dal tema, quando poi si passa a leggere le loro proposte, propongono che la cittadinanza scatti dopo 10 anni di scuola svolti in Italia. Facciamo un rapido conto: uno dei cinque modi per diventare cittadini italiani (oltre a essere figli di un italiano, adottati da un italiano, sposi di un italiano, o stranieri regolari residenti dopo un certo numero di annidi residenza) consiste – è il caso dei bimbi e poi dei ragazzi – nell'ottenimento della cittadinanza a 18 anni se si sia nati in Italia da genitori non italiani. Ora, con la proposta che piace a Fi (10 anni di scuola) la cittadinanza potrebbe scattare a 16 anni, o 16 e mezzo, o 17, o 17 e mezzo, a seconda del momento di iscrizione in prima elementare da cui far decorrere i 10 anni. Bene: qualcuno pensa davvero che si possa mettere in crisi una maggioranza per dare una cittadinanza appena 6 o 12 o 18 mesi prima a qualcuno? Sarebbe un autogol inimmaginabile, un'autentica follia politica. AUTONOMIA Stessa cosa per la terza carta, cioè l'autonomia. Con gli sprechi e la malagestione che hanno caratterizzato per decenni le gestioni regionali (a Sud e non solo), sarà ben difficile incolpare l'autonomia (che ancora non c'è) dei mali presenti e passati. E dunque anche qui il massimo che potrà accadere è che, per pura esigenza di visibilità e di posizionamento interno, qualche esponente di centrodestra si renda disponibile a fare da utile idiota rispetto alla campagna del centrosinistra. Morale: le tre carte del centrosinistra sono farlocche. Cosa possono ottenere? Nella migliore delle ipotesi (per gli avversari del governo) possono sperare in una spirale di logoramento e micropolemiche, ma pare francamente difficile immaginare che si vada oltre. La vera sfida del governo è un'altra, e riguarda la legge di bilancio. Al di là del buon andamento delle entrate fiscali, servirebbero risorse (e molto coraggio) per tentare una manovra non rinunciataria in particolare sul versante del taglio delle tasse. Questo giornale ha ripetutamente proposto di fare delle riduzioni fiscali un'autentica bandiera, spalmandole in una operazione pluriennale: mancano tre leggi di bilancio da qui a fine legislatura, e – auspicabilmente – c'è un'intera altra legislatura a disposizione se il centrodestra rivincerà. Dunque, potenzialmente, ci sono ben otto tappe di alleggerimento fiscale che potrebbero essere programmate, ragionando contestualmente su adeguati tagli agli sprechi. Sta qui la vera partita da giocare: resa complicata dalle masochistiche regole europee sul Patto di stabilità. Così come – complessivamente – il governo e la maggioranza faranno bene a tornare dalle vacanze più dinamici: agli ottimi risultati centrati sull'immigrazione dovrebbero aggiungersi, nel tempo, traguardi altrettanto visibili sulle tasse, sulla sicurezza, sulla giustizia, sulla sanità. È ciò che gli elettori di centrodestra chiedono: ed è ciò su cui misureranno i tre partiti alle prossime politiche. POSSIBILI PERICOLI Il resto è prevedibile e rumoroso ma assai meno significativo: punture di spillo delle opposizioni, micro-distinzioni di esponenti di centrodestra in cerca di visibilità, zelo polemico eccessivo di chi spera che prima o poi, per una ragione o per l'altra, tra Meloni e il mondo berlusconiano possano crearsi fibrillazioni o addirittura tensioni. Ma al momento, anche scrutando l'orizzonte, non si vede una sola ragione valida per la quale i protagonisti dell'eventuale contesa – dividendosi – dovrebbero decidere di consegnare il paese a una coalizione di tassatori, di giustizialisti, di nemici della libera impresa.
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