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Daniele Capezzone: il vero razzista è chi giustifica le violenze
28-11-2024, 11:12
No, allora non ci siamo capiti. O forse invece ci siamo capiti benissimo. Nel senso che l'appiccicosa ragnatela di imbarazzi, divagazioni sociologiche e giustificazionismi assortiti che sta avvolgendo i fatti di Milano rende perfettamente l'idea dell'ambiguità profonda in cui si dibatte la sinistra politica e mediatica. Esattamente come non hanno capito la solenne incazzatura dei ceti medi americani che, infuriati e spaventati per l'immigrazione fuori controllo, hanno mandato a stendere sia Kamala Harris che il circoletto di luccicanti vipponi e star hoolywoodiane che la sostenevano, allo stesso modo – qui da noi – politici e intellettuali progressisti parlano d'altro, buttano la palla in tribuna, e anzi pretenderebbero di rieducare e catechizzare chiunque osi alzare il dito per dire che abbiamo un problema. Se possibile, infatti, gli argomenti usati per minimizzare-contestualizzare-attenuare la portata della rivolta degli immigrati al Corvetto sono ancora peggiori della rivolta stessa. Si dice a sinistra: c'è una situazione di marginalità, di ingiustizia sociale, di frustrazione, che determina risposte anche violente, ragion per cui dobbiamo ascoltare, dobbiamo comprendere, bla bla bla. Ah sì? Quindi sdoganiamo allegramente l'idea che, se uno non è soddisfatto della propria condizione economica e sociale, abbia una patente o una licenza speciale per fare casino, per bruciare auto e moto, per aggredire le forze dell'ordine? La sinistra è arrivata a questo punto di sfascismo? Questo pseudo-argomento è semplicemente irricevibile. E meno che mai può essere messo in campo a favore di chi nemmeno si spacca la schiena per lavorare, ma è sistematicamente dedito alla criminalità, ai furti, alle rapine, allo spaccio. Dopo di che, e qui le cose – se possibile – peggiorano ulteriormente, c'è un tema ormai insopportabile di vero e proprio razzismo al contrario. Se la metà dei fattacci avvenuti al Corvetto fossero capitati a Napoli, magari in una zona ad alta densità camorristica, avremmo assistito a cori unanimi (sacrosanti) sulla necessità di contrastare il crimine organizzato, sull'inaccettabilità di uno “stato nello stato”, sul tumore maligno da estirpare, sulla guardia da tenere alta, e così via. Stavolta, invece, siccome i fatti sono ascrivibili a persone di pelle più scura o comunque di passaporto non italiano, scatta la corsa alla “comprensione del fenomeno”. Questa ipocrisia e questo doppio standard stanno diventando molesti. Sarà bene che la politica (tutta) si sintonizzi meglio con i sentimenti e le ragioni dei cittadini, ormai letteralmente esasperati e impauriti. Altro che le balle sulla “percezione”. Nelle città italiane c'è paura a recarsi nelle stazioni, c'è paura a uscire quando fa buio, c'è paura perfino a rientrare a casa la sera. Chi lo capirà, a destra, e sarà capace di incanalare questa preoccupazione su un binario costruttivo, offrendo risposte di sicurezza adeguate a un paese del plotone di testa dell'Occidente, è destinato a stravincere. Chi non lo capirà, a sinistra, diverrà simile a un guidatore pazzo al volante di un'auto in corsa contromano in autostrada, rispetto al senso di marcia delle persone comuni. E c'è anche una terza ipotesi meno piacevole, ma a cui la sinistra sta spalancando le porte senza nemmeno rendersene conto, e cioè che qualcuno lo capisca ma organizzi risposte non esattamente di segno liberale: segnatevi, rispetto alla Germania, la data del voto politico il prossimo 23 febbraio, e ricordatevi di dare uno sguardo al risultato di AfD. Dopo, da sinistra, grideranno contro l'“estrema destra” e la “destra-destra”, e partirà la solita macchina della demonizzazione. Ma quel prevedibile exploit sarà un altro capolavoro della sinistra e della sua linea pro accoglienza senza limiti.
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