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Dell'Orco, la sinistra sbanda su Fitto. Il Sistema Italia: Va votato
Oggi 15-11-24, 06:49
L'imbarazzante impasse che i socialisti europei, con il Pd in prima linea, stanno causando a Bruxelles per impedire che Raffaele Fitto (Fdi/Ecr) diventi vicepresidente esecutivo della Commissione Ue è molto simile alla famosa battuta del marito che si taglia gli attributi per fare un dispetto alla moglie. Solo che i dem italiani, con il loro ricatto (sì a Fitto in Commissione ma non da vicepresidente), il dispetto lo stanno facendo ai propri concittadini. La tiritera sta diventando talmente riprovevole che il “Paese reale” al gran completo sta cercando di convincere pubblicamente il Pd a fare ciò che non sono più in grado di fare da decenni: il bene dell'Italia. Da Confindustria alla Coldiretti, passando per Confcommercio e Confcooperative, i settori produttivi implorano il Pd affinché voti Fitto nell'interesse dell'Italia: «Abbiamo di fronte sfide decisive perla sopravvivenza stessa di filiere fondamentali della nostra industria. Sono in gioco il lavoro e la crescita, questioni sulle quali sarebbe folle dividersi», dice il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E Confcommercio, in una nota, scrive: «Fitto è il candidato ideale. Il nostro Paese ha bisogno di un esponente così qualificato che contribuisca, in Europa, a far bene in materia di politica di coesione e di Pnrr così come ha fatto in Italia». SETTORI PRODUTTIVI A sostegno di Fitto si sono schierate anche Confsal e Confapi, insieme alle sigle più rappresentative del mondo agricolo, da Coldiretti a Federalimentare, fino a Federvini. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha persino inviato una missiva direttamente a Elly Schlein, ricordandole che la nomina di Fitto rappresenti «un'opportunità strategica non solo per il nostro Paese, ma per l'Europa intera». Endorsement convinto anche dal segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che definisce lo stallo in Ue «una pessima notizia»: «O andiamo oltre i particolarismi e “osiamo l'Europa” superando i piccoli interessi di bottega, o saremo destinati all'irrilevanza, come continente e come singoli Paesi». Il problema è che i dem non lo capiscono, perché all'irrilevanza hanno fatto l'abitudine. Un segnale piuttosto chiaro è giunto anche dal Quirinale, col Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri ha ricevuto Fitto facendogli gli auguri per la designazione ricevuta da Von der Leyen. Persino Matteo Renzi ha benedetto la sua nomina: «Un ottimo profilo, lo voterei tutta la vita, anche perché sennò Meloni ne mette uno peggio». A Bruxelles intanto, ieri c'è stato l'incontro tra la presidente Ursula von der Leyen e i capigruppo dei partiti di maggioranza, Ppe, Socialisti e Renew. La diplomazia, però, è stata fatta con la sciabola anziché col fioretto. Così, Socialisti e Popolari sono arrivati ad uno strappo piuttosto netto. Anche perché, poco prima, il Ppe in Aula aveva fatto nuovamente asse con le destre per rinviare l'attuazione del regolamento contro la deforestazione. Voto che rappresenta un altro colpo al Green Deal. Popolari, Conservatori, Patrioti e l'ultradestra dell'Europa delle Nazioni Sovrane hanno votato a favore, contro Socialisti, Verdi e Sinistra. Chissà quanto sull'onda emotiva di questo voto, alcune fonti nel fronte progressista hanno fatto sapere che Fitto «non avrà i voti dei socialisti in commissione Affari Regionali, in nessun caso». In realtà, però, il filo diretto è ancora aperto, anche se la partita slitterà alla prossima settimana. VETI INCROCIATI La speranza è che il weekend possa portare consiglio e che il gioco dei veti incrociati non sia sfuggito di mano. Tutto era iniziato lunedì scorso, con i tre leader della maggioranza che avevano optato per una sorta di tregua armata scegliendo di votare contestualmente i sei candidati alla vicepresidenza: la popolare Henna Virkkunen, i liberali Kaja Kallas e Stephane Sejourné, il conservatore Fitto e le socialiste Roxana Minzatu e Teresa Ribera. Ma il profilo di quest'ultima aveva spinto i Popolari iberici a tentennare. Per ritorsione, i socialisti hanno iniziato a fare le barricate intorno a Fitto, su cui invece c'è sempre stata convergenza a livello istituzionale, utilizzandola delirante accusa di “fascismo” e di “allineamento con l'estrema destra”. Quando dalla strategia politica si passa alle boutade, sciogliere le matasse diventa sempre più complesso, e così si arriva a oggi, col Von der Leyen bis che rischia di non partire proprio: «Il Parlamento europeo voterà la prossima Commissione il 27 novembre. C'è ancora tempo. L'Aula è impegnata a far entrare in carica la nuova Commissione. Questa è una nostra responsabilità e la prendiamo molto seriamente», dice Roberta Metsola, presidente dell'Europarlamento, per cercare di sedare le polemiche. Il calendario però, in teoria, sarebbe decisamente più serrato: il 21 novembre scadrebbe il termine ultimo per consentire il voto nella plenaria di Strasburgo già convocata per il 28 novembre e, di conseguenza, l'insediamento della Commissione previsto per il 1 dicembre. Metsola, allora, si sta già proiettando verso uno scenario di deroga, consapevole della profondità della frattura. Lette così, le sue parole, appaiono molto meno rassicuranti.
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