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"Effetto-Alcaraz": Diego Nargiso svela cosa manca a Jannik Sinner
15-08-2024, 14:21
Sotto il solleone di Ferragosto Diego Nargiso legge le carte di questo nostro fantastico tennis che sta vivendo la stagione sul cemento destinazione US Open. Enormi sono le speranze e l'intenzione è quella di fare non bene ma benissimo. Nargiso, tennista di vaglia a fine anni '80 dopo che vinse il torneo juniores di Wimbledon, oggi allena e commenta in tv. Diego, Sinner sta affrontando curve decisive della stagione dopo le polemiche legate al no ai Giochi, vero? «Jannik lo conosciamo bene, alcune sue scelte possono sembrare impopolari ma a Parigi non è andato perché stava male. In questi giorni sta preparando l'avvicinamento a Flushing Meadows e lo fa con la consueta serietà». A volte dimentichiamo che è ancora un ragazzo, domani compirà 23 anni... «Ha fatto bene a ricordarlo, eppure è numero 1 del mondo da dieci settimane, ha già vinto un Slam e trascinato l'Italia alla Coppa Davis». Cosa imputargli, quindi? «Niente. Si metterà dalla parte giusta anche stavolta, vincendo e stupendo ancora». Non sentirà questa nuova pressione di dover vincere a tutti i costi? «No. Lui è abituato, per carattere, a dominare la pressione. Ha detto a chiare lettere che queste situazioni non lo fanno star male e c'è da credergli». Cosa ha in mente, secondo lei? «Una cosa solo: che a Flushing Meadows dovrà fare bene e vincere». Non inizierà a soffrire il fatto che Alcaraz, pur avendo un anno in meno, ha già vinto quattro Slam mentre lui è fermo a uno? «Direi di no. Mi sono fatto anch'io questa domanda e sono arrivato alla conclusione che psicologicamente questi dati genereranno in Sinner l'effetto opposto». Ovvero? «Trarrà maggiori motivazioni per migliorarsi. Ricordate Federer e Nadal? Negli ultimi tempi hanno confessato entrambi lo stesso concetto: Roger mi è servito per migliorare il mio tennis, Rafa è stato il mio punto di riferimento per alzare il livello del mio gioco». Jannik e Carlitos sono davvero i nuovi Roger e i Rafa? «Lo diciamo da tempo e sarà proprio così per il prossimo decennio. Però non dimentichiamo che c'è un serbo che continua a stupire, a 37 anni!». Quello che ha fatto Djokovic alle Olimpiadi è parso un qualcosa di irreale... «Sulla grandezza del suo tennis non c'è più nulla da aggiungere. Il campione dei 24 Slam, della Coppa Davis, dei tanti tornei vinti aveva un obiettivo: l'oro olimpico, non ancora vinto. Ce l'ha fatta. Che vuoi dire a uno così?». Se ne è accorto Musetti... «Lorenzo lo conosco da quando aveva 9 anni, sta dimostrando di essere quel talento a volte inespresso ma ricco di bel tennis. Il fatto di diventare padre lo ha responsabilizzato dopo avergli forse scombussolato la vita». L'arrivo di Barazzutti nello staff lo ha migliorato molto, vero? «Sì, con Tartarini ha formato una complementare coppia di coach. A volte il tennis di Muso è troppo bello e può diventare un limite quando cerca la perfezione stilistica. Ma resto convinto della sua qualità, può vincere uno Slam e piazzarsi fra i primi dieci». Berrettini si è ritrovato? «Direi proprio di sì. Non dimentichiamo che questa straordinaria ondata azzurra iniziò con Matteo finalista a Wimbledon, numero 6 al mondo e vincitore due volte del Queens. Ha cambiato coach, con Roig lavora intensamente. È tornato grande ed è pronto per un rientro in grande stile nella Top Ten». Sei italiani nei primi 42 del mondo, compresi tre nati fra il 2001 e il 2002: Cobolli, Darderi e Arnaldi. Un sogno per il nostro tennis che, per anni, non ha avuto una tale ricchezza di grandi giocatori. «È così. Apprezzo molto quei tre per la loro serietà negli allenamenti e per il fatto che sono pericolosi su tutte le superfici. E questa è una dote essenziale in un tennista moderno. Le loro caratteristiche? Arnaldi è solido, Cobolli determinato, Darderi la sorpresa». Chiusura in rosa: la Paolini sta vivendo un sogno. Si sveglierà? «No perché porta con sé sul campo tecnica, forza e un'incredibile dose di entusiasmo. Gioca con gioia. Se mette a posto il servizio starà a lungo al top e vincerà uno Slam».
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