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Elisa Calessi: Conte demolisce Schlein, "noi mai cespuglio del Pd"
15-12-2024, 08:58
Non ha risparmiato critiche anche molto aspre al governo Meloni. Ma i colpi più duri, maneggiati con l'abilità dialettica dell'oratore navigato, Giuseppe Conte, che è tornato a rivendicare l'appellativo di “avvocato del popolo”, con l'aggiunta «contro l'arroganza del potere», li ha rivolti al Pd di Elly Schlein. Non c'è, quindi, da stupirsi se la platea di Atreju, la festa organizzata da FdI, gli ha riservato più applausi che fischi. E questo nonostante l'intervistatore, il direttore del nostro giornale, Mario Sechi, abbia ingaggiato con Conte un duello dialettico senza sconti. Il primo colpo Conte lo ha messo a segno proprio all'inizio, dicendo di non voler ricevere nessun trattamento di favore dalla platea: «Ho sentito che le regole di ingaggio sono non fischiare, applaudire soltanto. Per carità, sentitevi liberi». «Io sono per il dialogo, potete manifestare dissenso su quello che dico». Poi ha ricordato di non essere nuovo ad Atreju (mentre Schlein non è mai venuta). Ma la platea meloniana se l'è conquistata poco dopo, quando, alla domanda se si definisca di sinistra, ha risposto così: «Se sinistra oggi significa combattere il governo attuale nel solo nome dell'antifascismo non ci sto, se sinistra significa che puoi accogliere tutti indiscriminatamente non ci sto, se significa che ti preoccupi solo di chi abita nei quartieri bene, nella Ztl non ci sto». Applauso lunghissimo. Incalzato da Sechi, è tornato a spiegare che «la comunità (del M5S, ndr) ha preferito la definizione progressisti indipendenti». Ovvero? «Noi abbiamo una visione diversa da quella della destra e lavoriamo per costruire un'alternativa di governo. Ma siamo convinti che bisogna combattere in senso efficace le tante ingiustizie del paese». «Dunque il M5S correrà da solo?», lo ha punzecchiato il direttore di Libero. Sempre rivolto ai dem e alla sua segreteria, ha ribadito che «non saremo mai il cespuglio e il junior partner di nessuna forza politica. Anche prima della Costituente l'ho sempre detto noi non siamo per un'alleanza strutturale e organica ad esempio con il Pd o con altre forze perché questo snaturerebbe le nostre battaglie. Noi vogliamo fare il nostro percorso e a tempo debito vedremo se ci sono i presupposti, come ci auguriamo, per costruire un'alternativa di governo seria, credibile e solida». «Ma Schlein lo ha capito?», provoca Sechi: «È una domanda che dovrebbe rivolgere a lei». Non sono mancati momenti di scontro con Meloni e il governo. Dall'economia al ddl sicurezza, dalla politica estera ai tagli che il governo starebbe facendo a danno di scuola e comuni. «Tolto il Pnrr e i progetti infrastrutturali per scuole, sanità e asili nido qual è la misura di sviluppo di paese di questo governo in due anni?». E poi sull'Ucraina, sulla pace che, ha detto, si sarebbe potuta fare due mesi dopo l'inizio della guerra e non si è fatta per colpa di Boris Johnson e della Nato. Ma i colpi più forti, forse anche perché meno scontati, sono stati al Pd. Alla domanda su cosa ne pensa di Ernesto Maria Ruffini, oggetto dei rumor delle ultime settimane a proposito di un possibile nuovo soggetto di centro, ha risposto: «Lo conosco come direttore dell'Agenzia delle Entrate, come fiscalista, e ha lavorato anche con il mio governo. Ma se domani nasce qualcosa è la legge della competizione. Diciamo che la sensazione è che sia un'operazione nata dal Pd, che pensa di avere tante forze intorno per poter costruire il senso di una coralità con tanti corollari intorno». Detto questo, no, non rifarebbe un'alleanza con partiti di destra. Ma non ha lesinato riconoscimenti a una premier che, certo, resta un'avversaria. «Una cosa è una prospettiva conservatrice che io rispetto. Anzi (a proposito di Meloni, ndr) ho parlato di prospettiva neo-conservatrice». Altra cosa, però, sono «le derive reazionarie» come nel caso del ddl sicurezza. «Se fossi un elettore di FdI rimarrei molto deluso per le tante piroette e le tante giravolte. E come cittadino e leader di un'altra forza politica oggi sono qui a dire che ci sono tante cose che non vanno». E se Sechi lo punzecchia («Lei ha sfiorato l'iscrizione a FdI in diversi passaggi...»), Conte aumenta la polemica contro il governo, ma sempre prendendo le distanze dal Pd. Scintille tra intervistato e intervistatore ci sono state sul Pnrr. Quando Conte ha rivendicato di aver «portato a casa 209 miliardi», Sechi ha chiosato: «Sì ma di debito». Sulla leadership di Meloni, però, non smentisce Politico che ha definito la premier italiana «la leader più potente». Le chiede, però, di approfittarne. «Questa congiuntura come la sta sfruttando?». Ma il veleno vero è riservato all'alleato (presunto). A cui, ieri, sono fischiate le orecchie.
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