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Fausto Carioti: Musk smaschera il piano dem, vogliono vincere grazie agli immigrati
01-10-2024, 08:05
Leggere Elon Musk sulle elezioni negli Stati Uniti e scoprire che parla anche dell'Italia. Nessuno stupore: gli schemi mentali della sinistra sono gli stessi (sia qui che lì i democratici rappresentano da tempo il ceto “altospendente”) ed Elly Schlein è l'imitazione da bancarella di Kamala Harris. L'amministratore delegato della Tesla, finanziatore di Donald Trump, ha scritto su X (il suo social network) che «se Trump non verrà eletto, questa sarà l'ultima elezione». E dunque che l'ex presidente repubblicano, «lungi dall'essere una minaccia per la democrazia, è l'unico modo per salvarla». Pare allarmismo a buon mercato, uno slogan facile per menti semplici, ma non è così: il ragionamento del secondo uomo più ricco del mondo non ha nulla di banale. Il motivo, argomenta, è la politica dell'immigrazione di Harris e del suo partito. «Se anche solo uno su venti immigrati illegali diventasse cittadino ogni anno», come è nei piani dei democratici, «questo significherebbe circa 2 milioni di nuovi elettori legali in quattro anni». Mentre il margine di voto negli «swing States», gli Stati in bilico in cui si decide la corsa per la Casa Bianca, «è spesso inferiore ai 20.000 voti». Tutto vero. Nel 2020 Joe Biden vinse su Trump in Arizona per appena 10.457 voti, che gli assicurarono tutti gli 11 grandi elettori di quello Stato. Stessa storia in Georgia (16 grandi elettori), per 11.779 voti, e in Wisconsin (10 grandi elettori), per 20.860. Quattro anni prima, ruoli invertiti: Trump aveva vinto su Hillary Clinton in New Hampshire (4 grandi elettori) per 2.736 voti, in Michigan (10 grandi elettori) per 10.704 voti, in Wisconsin per 22.748 voti e in Pennsylvania (20 grandi elettori) per 44.292 voti. Numeri irrisori in confronto ai milioni di immigrati che Harris e i suoi vogliono trasformare in nuovi elettori. Perciò, avverte Musk, «se il partito “Democratico” avrà successo, non ci saranno più Stati in bilico». L'amministrazione Biden/Harris, ricorda, si è già portata avanti, trasportando richiedenti asilo, che ottengono la cittadinanza in modo più rapido, «direttamente in Stati in bilico come Pennsylvania, Ohio, Wisconsin e Arizona. Un modo sicuro per vincere ogni elezione». Così, accusa l'imprenditore, se vincerà Harris «l'America diventerà un Paese a partito unico e la democrazia sarà finita. Le uniche “elezioni” saranno le primarie del partito Democratico». C'è già un esempio negli Stati Uniti, e riguarda la cosiddetta «amnistia del 1986». In quell'anno fu approvata la regolarizzazione di milioni di immigrati che risiedevano illegalmente negli Stati Uniti, purché fossero lì da almeno quattro anni. L'impatto demografico e politico fu enorme soprattutto in California. L'ultima volta in cui lì ha vinto un candidato repubblicano alla Casa Bianca risale al 1988, quando George H. W. Bush la spuntò sul democratico Michael Dukakis. Da allora ci sono state otto elezioni presidenziali, e in ognuna di esse in California, dove sono in palio 54 grandi elettori, ha vinto con ampio distacco il candidato democratico. Anche quando – come accaduto ad Hillary Clinton – ha perso la corsa nazionale. Oggi, conclude Musk, «l'unica cosa che trattiene la California dal socialismo estremo e da politiche governative soffocanti è che le persone possono lasciare la California e restare comunque in America». Ma «una volta che l'intero Paese sarà controllato da un solo partito, non ci sarà più via di fuga. Ovunque in America sarà come l'incubo che è il centro di San Francisco», ad alto tasso di immigrati e di reati violenti. La legge del 1986 sull'immigrazione è la grande differenza che separa gli Stati Uniti dall'Italia. Anche qui, però, la sinistra si muove in quella direzione, promuovendo leggi per dare la cittadinanza facile agli stranieri. Come lo ius soli, o la norma che uscirebbe dalla vittoria del referendum (cittadinanza a tutti gli immigrati dopo cinque annidi residenza regolare). Al resto provvederebbero i ricongiungimenti familiari e le solite sanatorie per gli irregolari. Anche l'impatto sugli equilibri politici sarebbe simile. A maggior ragione con una legge elettorale come quella attuale, che affida il compito di decidere il vincitore delle elezioni ai 146 collegi uninominali della Camera e 67 del Senato in cui si vota col maggioritario secco: chi ottiene un voto in più prende tutto, «winner-takes-all», come avviene nei singoli Stati al voto delle presidenziali americane. E moltissimi sono i collegi in bilico, dove il nome dell'eletto in parlamento lo decidono poche centinaia di elettori. Numeri che sarebbero stravolti, anche qui, dai 2,2 milioni di immigrati che potrebbero avere la cittadinanza subito grazie al referendum, o dal milione e 200mila che la otterrebbero se fosse introdotto lo ius soli. È vero che, specie dalla seconda generazione, pure tra i “nuovi italiani” non mancherebbero i conservatori e quelli che votano a destra. Ma questo vale anche per i “nuovi californiani”, eppure da quelle parti i repubblicani prendono batoste da trentasei anni.
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