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Cultura e Spettacolo
"Fiducia", la parola dell’anno su cui si regge l’intera esistenza
Oggi 06-12-25, 09:54
È fiducia la parola dell’anno scelta, come da tradizione, dall’Istituto della Enciclopedia Italiana. A prima vista sembra una scelta eccentrica, inattuale, fuori moda. Come avere fiducia negli altri in un tempo che tende ad isolarci e che ci restituisce ogni giorno fatti di cronaca che ci fanno perdere ogni certezza nel prossimo e, di conseguenza, in noi stessi e sul nostro futuro? La faccenda, in verità, è un po’ più complessa. Il primo aspetto da considerare è che la fiducia è un valore assolutamente interpersonale, di relazione, sociale e non individuale. Certo, bisogna avere anche fiducia in sé stessi, nelle proprie possibilità, ma anche in questo caso il “noi stessi” oggetto di fiducia è come un altro, è come oggettivato davanti al nostro sguardo. La fiducia presuppone sempre un certo grado di passività, è un affidarsi agli altri, un confidare in loro. Vista da questa prospettiva, essa, da una parte, ci richiama al nostro essere finiti e limitati, dall’altra ci si presenta come la molla che regge la nostra esistenza. Se non ci si fida, la vita diventa impossibile. Ed è per questo che la fiducia tradita, il tradimento, è una delle circostanze che più feriscono il nostro animo, una situazione che viviamo come la gratuita deviazione da un ordine naturale delle cose. Il neonato, appena partorito, ha un’istintiva fiducia nella mamma, così come l’amante lo ha per l’amata, il marito per la moglie, e su su fino a coprire ogni aspetto della nostra vita sociale. Anche quando prendiamo l’aereo, siamo sicuri perché abbiamo fiducia in chi ha costruito il mezzo, in chi lo pilota, nei controllori di volo ecc. ecc. Se la fiducia venisse meno in modo sistematico crollerebbe la società intera. Un altro punto da mettere in chiaro è questo: la civiltà moderna non ha segnato affatto un declino di questo vitale sentimento, ma lo ha anzi reso più estensivo e cogente proprio perché è una civiltà complessa, ove l’interconnessione fra gli umani è massima. Adam Smith, a cui si deve la descrizione più precisa e simpatetica del mercato capitalistico, aveva ben chiaro che a monte del funzionamento degli scambi c’è un rapporto di fiducia e “simpatia” che lega gli uomini e li porta a fidarsi reciprocamente gli uni degli altri. In questo preciso senso, anche il mercato è una fede, laicizzata e secolarizzata rispetto a quella trascendente della tradizione ma pur sempre tale. Come sottolineano gli esperti della Treccani, fiducia è termine latino che ha la stessa radice di fides. Anche la fede è un affidarsi ad altri, un confidare in Dio. Stesso etimo ha poi la parola fidelitas, che indica una certa costanza nel tempo che è necessaria al sentimento della fiducia: ci si fida soprattutto di chi si conosce, di colui i cui comportamenti risultano a noi prevedibili. In conclusione, si può dire che è assolutamente positivo che ci sia un’attenzione per questo termine-valore, vero e proprio rimosso dalle nostre coscienze. Io però non vi darei un significato etico eccessivo, come sicuramente qualche opinionista farà. Per due motivi: perché la fiducia non è mai scomparsa dal mondo, e non potrebbe essere altrimenti; perché anche la fiducia tradita, esecrabile moralmente, svolge un suo ruolo nella più generale economia del reale: nel patire un tradimento se non altro sono sollecitate le nostre più riposte energie vitali e morali. L’ideale di una società armoniosa, ove tutti si fidano ciecamente l’uno dell’altro, a ben vedere è un ideale di morte e non di vita. «L’impresa eccezionale è essere normali», come cantava Lucio Dalla.
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