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Giorgia Meloni: "Io minacciata di morte dagli scafisti"
Ieri 31-10-24, 06:45
Minacciata di morte dagli scafisti. Lo rivela Giorgia Meloni a Bruno Vespa, ospita prima di “Cinque minuti” e poi di “Porta a Porta” su Rai Uno. La presidente del Consiglio considera il fatto come una conseguenza delle misure messe in campo dal governo per contrastare l'immigrazione illegale. Iniziative che vanno a incidere su un business, che creano un danno all'economia di chi traffica in vite umane. Ma il tema dei migranti è l'occasione anche per una nuova polemica con la magistratura. Con quei giudici che impugnano le leggi dello Stato: «Motivazioni da volantino propagandistico», ci va giù pesante, criticando poi anche i sindacati («hanno un pregiudizio») e l'opposizione. Il titolo, però, sono le minacce. «Sono convinta», dice Meloni, «che la ragione per cui si sta facendo qualsiasi cosa possibile per bloccare il protocollo con l'Albania, è che è la chiave di volta per bloccare le migrazioni irregolari». Se lo scafista si ritrova fuori dai confini europei, spiega, è un deterrente, il più grande. Ecco perché, fa due più due, «i trafficanti di esseri umani mi hanno minacciato di morte». Ma il protocollo con l'Albania ha aperto un fronte anche con la magistratura. Il Tribunale di Bologna ha chiesto alla Corte di giustizia europea di disapplicare la legge. Per come è scritta, dicono i giudici, sarebbe stata considerata sicura anche la Germania di Hitler. «Argomentazione da volantino propagandistico, non da atto di tribunale», risponde a tono la premier. «È efficace sul piano della propaganda, debole sul piano giuridico». Meloni prosegue con un paradosso. Visto che il Consiglio d'Europa ha sostenuto che la polizia italiana è razzista, «altri giudici potrebbero tranquillamente ritenere che nemmeno l'Italia sia un Paese sicuro...». È il messaggio che è sbagliato. Se si mette in dubbio l'integrità di Paesi come il Bangladesh e l'Egitto, come hanno fatto i giudici di Roma, «stiamo dicendo a 280 milioni di persone: venite tranquillamente in Italia. Penso che per alcuni l'obiettivo sia impedire di fermare l'immigrazione irregolare». In ballo c'è anche la riforma della giustizia, che è l'origine degli attriti con le toghe. Meloni si dice pronta al referendum se dovesse esserci: «Noi siamo sempre per il voto dei cittadini. Su tutto, anche sul premierato». Altro tema: i dossieraggi. Siamo al quarto caso scoperto in pochi mesi. In molti casi gli spiati erano esponenti del centrodestra: «Bisogna mettere fine a questo schifo», dichiara la premier. Come? «Abbiamo già varato un decreto legge, adesso c'è un tavolo tecnico che sta lavorando a una nuova iniziativa». Ma la cosa più preoccupante è l'infedeltà dei funzionari: «L'hackeraggio non è il tema più importante, le nostre banche dati non sono violate da estranei, ma da funzionari dello Stato che dovrebbero proteggerle, usano il loro potere per fare altro con quei dati. Bisogna essere implacabili anche con chi ha il dovere della vigilanza». L'intervista scivola su temi più politici. La vittoria in Liguria è un fatto recente. Meloni non vuole attribuire all'esito elettorale un significato politico, ma anche sì: «Da quando c'è questo governo noi abbiamo votato in dodici tra Regioni e Province autonome, è finita 11 a 1 per il centrodestra. Poi alle Europee è prevalso il centrodestra: se volessimo avere un'idea di dove è la maggioranza degli italiani, ce la siamo fatta». E, tuttavia, una parte del Paese è pronta a scendere in piazza con i sindacati. «Direi che c'è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil...», sorride il presidente del Consiglio perché «lo sciopero generale è stato convocato qualche giorno prima della convocazione del governo sulla legge di bilancio». I sindacati confederali volevano la riduzione del precariato ed «è diminuito». Volevano l'aumento dei salari, «abbiamo tagliato il cuneo e messo più soldi sui redditi più bassi». Volevano l'aumento dell'occupazione ed «è aumentata». Volevano che pagassimo i provvedimenti della legge di bilancio prendendo i soldi dalle banche e «lo abbiamo fatto con 3,6 miliardi». Se confermano lo sciopero nonostante questo «non siamo nel merito, siamo a un approccio...». Anche sul tema della sanità la premier non accetta la versione di chi dice che la spesa sia diminuita. Prende la calcolatrice del cellulare e fa i conti: «Nel 2019 si spendevano 1.919 euro a cittadino, nel 2025 arriveranno a 2.317 pro capite: fanno 398 euro in più». Il calcolo buono arriva al secondo tentativo, la prima operazione dava una cifra inferiore. E sull'ipotesi di portare in Italia diecimila infermieri indiani, lanciata dal ministro Orazio Schillaci, Meloni conferma ma precisa: «È l'extrema ratio».
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