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Giovanni Sallusti: il fratello di Musk a Chigi manda in tilt la sinistra
25-01-2025, 08:37
Antimuskismo, malattia senile del progressismo. Ormai è una saga quotidiana, un'isteria collettiva, un allucinato appello a resistere, resistere, resistere contro la sagoma dell'Uomo Nero che si staglia sopra la nostra democrazia. L'Uomo Nero sarebbe poi un libertario con venature anarco-capitaliste di purissima tradizione anglosassone, che con le nostalgie strapaesane c'entra come chi scrive col lancio del giavellotto, ma non importa. Non è la verosimiglianza, il canone di questo romanzone, ma la reiterazione dell'allarme per il piacere di suonarlo: è quel (poco) che resta a un'opposizione che ormai è un piccolo mondo antico. Ieri il romanzone ha conosciuto una variante: Elon non solo è chiaramente un gerarca neofascista, ma anche un Superboss mafioso, e infatti ci ha spedito suo fratello Kimbal per recapitarci non meglio precisati pizzini. È stata più o meno la sobria reazione del “campo stretto” (soprattutto mentalmente) alla visita in Italia di Kimbal Musk, fratello dell'Innominabile, a sua volta imprenditore e tipino niente male (i due iniziarono insieme fondando Zip2, un software che sviluppava guide cittadine online per l'industria editoriale), che ha incontrato a Palazzo Chigi il ministro della Cultura Alessandro Giuli e anche, per «una veloce stretta di mano», la premier Meloni. C'è stato poi anche un confronto col ministro Matteo Salvini, il che ovviamente ha ulteriormente agitato l'opposizione. L'APPUNTAMENTO A quanto è filtrato, Kimbal ha presentato alcuni progetti della sua società che si occupa di intrattenimento culturale attraverso nuove tecnologie di livello globale. Sintesi per chiunque tenga ancora ai neuroni: un player internazionale dell'economia della conoscenza ha avuto un colloquio col ministro della Cultura, il quale si riserva di «valutare» le proposte emerse. Siamo tra l'ovvietà e l'ottima notizia per il sistema-Paese. Nel romanzone, siamo all'attacco al cuore della Repubblica. Vedere il fratello dell'Innominabile con cappello da cowboy e cinturone d'ordinanza varcare il portone di Chigi in puro American Style li ha mandati definitivamente fuori giri. I parlamentari del Movimento 5Stelle nelle Commissioni Cultura, gente che da quando con l'avvocato Conte voleva consegnare le chiavi delle telecomunicazioni nostrane a Huawei preferisce senz'altro il doppiopetto dei funzionari del Partito Comunista Cinese, hanno addirittura riunito gli sforzi intellettuali e partorito una nota comune. In essa invitano Giuli a «chiarire immediatamente quali temi sono stati affrontati e quali eventuali accordi sono stati discussi», perché «mentre lui si diletta in operazioni simpatia, il mondo del cinema è in ginocchio» (sì, non c'entra nulla, ma fa sempre chic). C'è poi Irene Manzi, capogruppo Pd in Commissione Cultura alla Camera, che vede il pertugio per un'agenzia, e si butta: «Rileviamo con sconcerto che palazzo Chigi sembra essersi trasformato in una dépendance di Musk, dove referenti aziendali e familiari vengono ricevuti per facilitare le relazioni all'interno delle istituzioni pubbliche». Divertente, ancor di più detto dall'esponente di un partito che per decenni ha reso strutturalmente le “istituzioni pubbliche” altrettante “dépendance” di soggetti e investitori ideologicamente affini, si chiamava egemonia, perderla è fastidioso, ma il loro fastidio non è un'emergenza nazionale. I RINFORZI Si accoda anche Riccardo Magi, segretario di + Europa, che fra il silenzio e la figura grama sceglie la seconda: «A quale titolo il fratello di Musk è stato ricevuto?». Forse in quanto imprenditore innovativo proprio nei settori culturali e dell'attrattiva, buttiamo là. Resuscita pure il Psi, che per bocca del suo segretario Enzo Maraio ci regala un imprescindibile “il governo chiarisca sulla presenza di Kimbal Musk”, brividi. Mentre Roma era in subbuglio per il cowboy male imparentato, in alcuni vie di Torino sono spuntati dei grandi manifesti gialli raffiguranti Musk con il braccio teso e in testa il fez fascista. A corredare il tutto la scritta “O Marte o Morte”, citazione del film “Fascisti su Marte” di Corrado Guzzanti. Torniamo sempre alla nevrosi primaria: l'uomo che ha rivoluzionato la tecnologia satellitare e le esplorazioni spaziali come ultima incarnazione di un'ossessione localistica, domestica, ombelicale, ultimo rappresentante del fascismo eterno. Folklore da province estreme, mentre al centro dell'Impero si fa la storia.
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