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Giovanni Sallusti: Report farlocchi contro Meloni, a sinistra parte il vittimismo
01-08-2024, 14:42
Vediamo di orientarci in questo labirinto che sembra il frutto di una serata etilica tra Kafka e Orwell: alla libera stampa non piace che esista la libertà di stampa . Perché poi può capitare che qualcuno la eserciti davvero, e scopra che le notizie allarmistiche altrui celino piuttosto dei casi di onanismo giornalistico. Un vecchio vizio italico, per carità, che però in questi giorni sta superando il livello di guardia, a proposito del cosiddetto report sulla libertà d'informazione in Italia vergato da Media Freedom Rapid Response e finanziato dall'Unione Europea. Il gioco, nella sua semplicità, è di un'efficacia disarmante, una versione appena più fine del gioco delle tre carte che imperversa in certi angoli di certe strade diciamo non bazzicate da gentleman: si chiede a testate critiche sul governo Meloni (tra le altre Repubblica , Stampa , Fatto Quotidiano , Domani ) com'è la vita al tempo del governo Meloni, loro ti rispondono come sotto il Ventennio, tu puoi sfornare un report negativo sull'Italia che viene immediatamente ripreso dalle suddette testate. Un sofisma del Giornalista Collettivo, col timbro fintamente terzo di un consorzio che rimanda alla Ue, e che arriva a ruota di un altro rapporto, questa volta direttamente della Commissione, sullo Stato diritto a rischio in Italia (un pericolo palesatosi casualmente DOPO che Giorgia non ha votato Ursula). Il problema è che la Meloni non è una che abbindoli col gioco delle tre carte e ha spezzato il circolo vizioso, stigmatizzando gli «accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder». Diciamolo, perché lo rivendicano loro quotidianamente, e legittimamente, di incarnare uno sguardo politico-culturale alternativo al centrodestra di governo. Apriti cielo: è lo strappo nel cielo di carta dell'ipocrisia italiana, lo smascheramento dei presunti smascheratori, e non possono accettarlo, perché qui è in ballo la premessa della loro prosopopea, la finta obiettività professionale e la conseguente, posticcia, superiorità etica. Il giornale-totem dei progressisti reagisce a tutta pagina con stizza, più che con un titolo: «Meloni attacca Repubblica». No, è Repubblica che ha attaccato Meloni basandosi su un documento stilato utilizzando come fonte (anche) Repubblica , e presentato come Vangelo di rito eurocratico. Ma non conta la verità, conta tornare alla messinscena preferita, la solita: la destra contro la libera stampa. Non a caso il pezzo a pagina 2 debutta così: «Si odono echi dell'editto bulgaro di berlusconiana memoria nell'ennesimo attacco della premier Giorgia Meloni alla stampa non allineata al governo». Fuori le uniformi, compagni, si torna alla nostra rappresentazione preferita, il fascismo contro i novelli Matteotti, noi intenti a saltare da un talk di prima serata a un'ospitata radiofonica, da bravi dissidenti di professione. Ed essendo emergenza democratica, ovviamente, si scomoda il direttore in persona, quel Maurizio Molinari secondo cui Giorgia, contestando il rapporto farlocco, «si allontana dalla Ue». Si è permessa di reagire alla patacca europea allestita anche nella redazione di Molinari, la premier, mostrando «l'idea di annegare la libertà di informazione nella lotta politica» (lei, non chi imbocca gli istituti di monitoraggio dipingendo un'Italia a livelli nordcoreani per libertà di stampa). C'è poi l'intervista all'ex direttore dell'economista Bill Emmott , idolo di tutti gli esterofili radical-chic nostrani da quando definì Berlusconi “inadatto” a governare. Il quale si barcamena («Non significa che in Italia non ci sia più un'informazione libera, ma i margini si sono ristretti e la tendenza imboccata dall'attuale governo di destra è preoccupante»), ma l'importante è che presti il nome per avvalorare la crisi di nervi di Rep. Anche l'accordo Marcello Sorgi , su La Stampa , si è lasciato andare a uno sfogone unilaterale. Sembra infatti chela Meloni preferisca il rapporto con i giornalisti «dichiaratamente consenzienti». Mentre prima di lei Conte, Gentiloni, Renzi, Letta si precipitavano a rilasciare interviste ai media più critici per stimolare il pluralismo del dibattito, ovviamente (Draghi non lo abbiamo citato perché aveva quasi solo giornalisti “consenzienti”, editorialista in questione in primis). Non solo: pare che, udite udite, la prmier «si avvalga abitualmente durante i suoi viaggi» dei famigerati «punti stampa» preordinati (prassi anche di tutti i signori sopra), e qui siamo davvero al fascismo più triviale. Eppure c'è qualcuno che supera Sorgi, in inventiva antifascista: è il direttore del Domani Emiliano Fittipaldi, secondo cui «l'attacco» (leggi: la reazione alla polpetta domestica presentata come esterna) della Meloni è «un pericolo che riguarda tutti» . Cala Trinchetto, cala: riguarda tutti i cucinatori di polpette. Avvelenate, presentate come sincere prelibatezze democratiche.
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