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Iacometti: ci sono le prove, le tasse piatte funzionano
09-10-2024, 07:53
Toh, le tasse piatte funzionano. E chi l'avrebbe mai detto? In Italia chiunque proponga o introduca (lo ha fatto persino Matteo Renzi) un'aliquota sostitutiva più bassa della tassazione ordinaria per combattere l'evasione fiscale e far emergere il nero viene puntualmente accusato di voler fare il contrario: strizzare un occhio ai furbetti, favorire chi non paga i balzelli, aiutare partite Iva o proprietari di casa che, notoriamente, sono dei grandi farabutti che vivono a sbafo, sfruttando le proprie ricchezze e sguazzando nell'illegalità. Sarà vero? Stando ai dati contenuti nell'ultimo Rapporto sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva pubblicato un paio di giorni fa dal Ministero dell'Economia, e meticolosamente passato al setaccio dagli esperti di Italia Oggi, si tratta di una grande bufala. Fermi tutti. Prima di andare avanti bisogna chiarire subito che Giorgia Meloni non c'entra e che non c'è alcuna medaglia da appuntare sul petto del governo in carica. Semmai i complimenti vanno fatto all'esecutivo guidato da M5S e Pd, visto che i dati, gli ultimi monitorati, sono riferiti al 2021. Gli attuali duellanti del campo largo, in realtà, non hanno meriti diretti, se non quello di aver lasciato in vigore misure di buon senso introdotte dai loro predecessori e che oggi gli fanno venire l'orticaria. In particolare il regime forfettario per le partite Iva, antesignano della flat tax introdotto nel 2015 da Renzi, e la cedolare secca per gli affitti, varata nel 2011 dal governo Berlusconi. Il meccanismo dei due istituti è simile: si sostituisce ad una giungla di norme, tributi, detrazioni e aliquote una tassazione fissa più bassa di quella ordinaria. Il che comporta una semplificazione, sia per il fisco sia per il contribuente, e un regime generalmente un po' più favorevole per chi deve cacciare fuori i soldi per i balzelli. Il risultato di quello che la sinistra solitamente definisce un grande regalo a chi non paga le tasse è nei dati del rapporto del Mef. Non vogliamo qui scomodare il grande Arthur Laffer e la sua famosa curva, contestatissima da keynesiani, economisti liberal e tassatori di tutto il globo (non fosse altro perché era il consigliere economico di Ronald Reagan), secondo cui abbassando le aliquote si può aumentare la base imponibile e quindi, nel tempo, anche il gettito. In sostanza, più semplifichi e abbassi le tasse, più rendi meno conveniente all'evasore fare il furbo e più contribuenti accettano di pagare il dovuto. Ecco, dimentichiamoci di Laffer. Ma quello che lui scarabocchiò su un tovagliolo (così narra la leggenda) al 40esimo presidente degli Stati Uniti, fra l'altro dicendo di essersi ispirato a John Maynard Keynes, è esattamente quello che è accaduto con le due mini rivoluzioni fiscali della cedolare secca e del regime forfettario poi diventato flat tax. Sentite qui. Nel quinquennio 2017-2021 la maggiore riduzione del tax gap (lo scarto tra le tasse potenziali e quelle effettivamente versate) si registra proprio nelle locazione. L'evasione delle tasse sui redditi da affitti, udite udite, è scesa nel periodo dell'80%. Un risultato ottenuto proprio grazie all'imposta sostitutiva (del 21 o del 10% in caso di canoni concordati) dell'Irpef che fin dai primi anni ha provocato una incredibile emersione dell'ingente nero da sempre rilevato nei proventi da canoni sulle abitazioni con finalità abitative. I numeri parlano chiaro. Il gap (l'imposta evasa) relativo ai redditi fondiari prodotti dalle locazioni è passato da 1 miliardo e 48 milioni nel 2017 a 222 milioni nel 2021. Con una riduzione esponenziale col passare degli anni. Il decremento rispetto al 2020 è stato di 300 milioni (-58%). E non è tutto. La propensione all'evasione è scesa dal 12,1 al 2,9%. In pratica pochissimi proprietari di casa, potendo usufruire della cedolare secca, ritengono ancora conveniente mettersi dentro casa un locatario senza contratto per non pagare le tasse. Qualcosa di molto simile, seppure con ritmi e dimensioni assai inferiori, è successo nel mondo degli autonomi. In quello che è considerato il regno dell'evasione per eccellenza, con una propensione a non versare l'Irpef che nel 2021, malgrado una lieve discesa, resta ancora altissima al 66,8% (era al 69,3% nel 2020), il regime forfettario ha compiuto un mezzo miracolo. Anche qui l'inversione di tendenza è stata immediata. L'imposta sostitutiva introdotta nel 2015 da Renzi ha subito provocato una riduzione del tax gap. Cosa che paradossalmente non era accaduta col regime dei minimi, dove il valore dal 2012 al 2014 si aggirava tra il 69 e il 76%. Dal 61,5% del primo anno, la propensione all'evasione di chi ha scelto la tassa piatta, usufruendo di uno sconto sull'imposta ma rinunciando a tutte le detrazione e deduzioni previste dal regime ordinario, è passata nel 2017 al 58%. Una percentuale, quella registrata dalle piccole partite Iva, che si trova quasi 10 punti sotto quella generale degli autonomi soggetti all'Irpef. Certo, nel frattempo è aumentato anche il numero di chi evade per rientrare nel regime più favorevole, i cosiddetti falsi forfettari, ma la perfezione non è di questo mondo. Non basta davvero una riforma a spazzare via i tutti truffatori. Ma se i regimi agevolati riescono a diminuirne il numero (e ora, oltre all'ipotesi di allargamento della flat tax, in rampa di lancio c'è anche il concordato preventivo) forse non sono così terribili come qualcuno vuol farci credere.
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