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Iacometti: il governo lancia il piano salva-auto
11-12-2024, 08:21
Il governo sarà pure latitante, come accusano le opposizioni, ma qualche risultato lo porta a casa. Ritiro delle procedure di licenziamento collettivo per 249 lavoratori e rinnovo del contratto di fornitura per altri 12 mesi. Questi i punti cardine dell'accordo raggiunto tra Stellantis e Trasnova durante l'incontro che si è svolto al ministero delle Imprese e del Made in Italy con i sindacati confederali e di categoria, i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali dove opera l'azienda dell'indotto. E il merito non è certo dei pellegrinaggi davanti ai cancelli delle fabbriche della nuova versione operaista di Elly Schlein, che ieri, insieme a sinistra e sindacati, ha dovuto ammettere a denti stretti che si tratta di «una buona notizia». L'intesa, ha spiegato il ministro Adolfo Urso, ovviamente soddisfatto del risultato, segna «l'inizio di un nuovo e fattivo percorso con Stellantis». Un percorso reso possibile non tanto dall'uscita di Carlos Tavares, quanto dai recenti colloqui telefonici tra il presidente del gruppo John Elkann e il premier Giorgia Meloni e dalla buona volontà dell'esecutivo, che ieri per bocca del vicepremier Antonio Tajani ha annunciato che probabilmente nelle pieghe della manovra si riuscirà a recuperare un fondo di circa un miliardo per l'automotive. Che per il 2025 significa più risorse di quelle che erano programmate inizialmente, prima della sforbiciata operata per tenere i conti in ordine e per evitare di regalare altri soldi a Stellantis senza alcuna contropartita. È in questo scenario che bisogna inquadrare quello che è di fatto il primo segnale concreto in controtendenza che arriva dall'azienda dopo mesi e mesi di promesse e impegni non mantenuti. Malgrado qualcosa inizi a muoversi, però, il quadro è ancora molto complesso e per nulla incoraggiante. Ieri i dati Istat hanno certificato il crollo della produzione industriale di auto ad ottobre (-32% per l'intero settore e -40% per le sole vetture) e il flop totale dell'elelettrico (lo 0,6% del mercato). Allo stesso tempo l'azienda, che ha rivendicato l'accordo sull'indotto parlando di «senso di responsabilità» e spiegando che «è stata la stessa Stellantis a proporre questo tipo di soluzione che permetterà a Trasnova, nell'arco dei prossimi 12 mesi, di poter intervenire per realizzare una soluzione complessiva e definitiva nei confronti dei lavoratori coinvolti», non sembra aver ancora compreso appieno quale sia la direzione da prendere. Ieri il gruppo ha annunciato in Spagna con il gruppo cinese Catl fino a 4,1 miliardi di euro per costruire un impianto europeo di batterie al litio a Saragozza, aggiungendo, per giustificare l'esborso fuori dai confini italiani, che il progetto integra quello di Acc a Termoli. Il che dimostra, al di là del recente fallimento del colosso europeo delle batterie, la svedese Northvolt, non aver capito la situazione. A fare chiarezza, ancora una volta, ci ha pensato ieri il capo della Renault e dell'Asssociazione dei costruttori Ue Acea (in cui dal primo gennaio rientrerà Stellantis), Luca De Meo. «L'Unione europea», ha detto il manager, «dovrebbe affrontare la realtà, quando programma una transizione all'auto elettrica a tappe forzate. E la realtà è che Catl, il colosso cinese delle batterie, ha già oggi una capacità installata che è il doppio di quella che l'Ue mira a raggiungere "nel 2030». Insomma, la battaglia su questo terreno è persa ancor prima di iniziare. Per questo bisogna cambiare strategia. E «la priorità più urgente è rivedere» gli obiettivi al 2025 delle norme Ue sul taglio delle emissioni di Co2 per le nuove auto, «per avere la certezza da parte della Commissione europea che le case automobilistiche non siano costrette a pagare multe che potrebbero costare fino a 15 miliardi di euro. A quel punto potremmo sederci con le autorità e discutere di come fare per arrivare al target del 2035». Invitando tutti al pragmatismo, De Meo ha spiegato che «l'impatto della regolamentazione che abbiamo davanti a noi, di qui al 2030 aggiungerà il 40% del costo all'auto». Mentre «dovremmo tornare ai tempi in cui potevamo offrire alle persone» auto che «si potevano permettere». «È facile», ha proseguito, «mettere scadenze» sulla carta, «ma a volte le cose non funzionano« come si era programmato. Quindi bisogna rivedere gli obiettivi, aprire alla neutralità tecnologica, fare i conti con lo strapotere cinese. Tutti temi che l'Acea pone da tempo, così come lo ha fatto, bisogna riconoscerlo, il governo italiano. Resta da vedere se la nuova Stellantis, che ieri ha detto che «è fondamentale dialogare e sviluppare una comprensione condivisa delle sfide e dei modi per affrontarle insieme» e «che Acea sia la piattaforma giusta per farlo», sia veramente disposta a cambiare paradigma. I dubbi restano.
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