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Il governo farà tornare una cosa seria la scuola dopo lo sfacelo del '68
Oggi 13-03-25, 10:02
C'è una rivoluzione silenziosa che si fa strada e che potrebbe interessare fra non molto milioni di cittadini. È una rivoluzione tranquilla, come sono quelle che portano a cambiamenti veri e concreti. Ad intestarsela sarà questo governo, in particolare Giuseppe Valditara, il ministro dell'Istruzione e del Merito. E concerne i contenuti stessi dell'insegnamento scolastico, i quali, pur nell'autonomia dei docenti e degli istituti, avranno come base delle Indicazioni generali che mettono finalmente fine a quel “lungo 68' italiano” che nelle scuole è stato particolarmente deleterio perché ha indebolito la serietà degli studi, la solidità stessa della preparazione dei nostri studenti. Ad essere minato, in tutti questi anni, è stato prima di tutto il principio di autorità, cioè della netta distinzione di ruoli fra alunni, genitori e insegnanti. Questi ultimi, per adempiere al loro compito, devono avere autorevolezza e credibilità, essere considerati una guida e non amici dagli studenti. In una parola, devono essere rispettati. Una cultura vagamente democraticista ed egualitaria, supportata da pedagogismi e sociologismi di maniera, ha invece eliminato ogni barriera fra docente e discente. Inoltre, ha contestato l'idea che lo studio, come ogni attività della vita, non sia un gioco ma debba contenere una buona dose di sacrificio, sforzo individuale, abnegazione. Proprio nell'ottica di una facilitazione dello studio, una legge del 1977 abolì lo studio del latino negli ultimi anni della scuola media. Fu un grave danno per lo sviluppo di quella capacità di analisi logica e concettuale che è richiesta ad ogni mente critica. Luigi Berlinguer assestò poi un duro colpo anche alle regole grammaticali e sintattiche, contrarie, secondo lui, ai principi di una linguistica popolare che doveva puntare all'esperienza diretta e non agli elementi formali del discorso. Nel frattempo, nelle scuole italiane erano scomparse altre due pratiche considerate vecchie, stantie e addirittura di impronta “fascista”: conoscere e recitare le poesie e comporre riassunti di testi scritti. Con grave nocumento, nel primo caso, di una delle facoltà umane più importanti, la memoria, e nel secondo di quella capacità di sintesi che è qualità indispensabile all'esercizio nella vita di qualsiasi leadership. In tempi più recenti, anche lo studio della storia è stato sacrificato, in nome di una stupida cancel culture che ha contestato il nostro stesso passato e ha quindi messo in crisi la nostra identità. Si sono così persi quei significati e quelle inesauribili riserve di senso che la storia ha depositato nella nostra cultura. Il risultato finale è che i giovani si presentano sempre più in età adulta con gravi lacune cognitive e linguistiche che li penalizzano nella vita. Incapaci di esercitare lo spirito critico, essi soggiacciono o a uno sterile ribellismo funzionale al sistema osi adeguano ai miti e ai pregiudizi del tempo presente. In verità, chi ne ha possibilità frequenta scuole private di riconosciuta eccellenza o supplisce in famiglia o nel proprio ambiente sociale alle carenze formative che la scuola non ha saputo colmare. Con il paradosso che la “scuola democratica” si mostra alla fine la più élitaria mai esistita, bloccando l'ascensore sociale è proprio di una democrazia. Si trattava quindi di restaurare il passato ma non certo in un'ottica reazionaria, come la sinistra va dicendo. Anzi, guardando ad un futuro ove la ricchezza dei popoli si misurerà sempre più sul capitale culturale degli individui. L'attenzione delle Indicazioni alle discipline scientifiche, e persino all'intelligenza artificiale, ne dimostra la vera natura. In sostanza, Valditara ha messo mano ad uno dei “santuari” su cui si è costruita l' “egemonia culturale” della sinistra. È necessario che la destra ne sia consapevole.
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