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Lorenzini: doppietta delle intersex, dopo Khelif prende l'oro anche la taiwanese Lin. Ci avremmo scommesso...
11-08-2024, 15:43
Indovina chi ha vinto? Domanda retorica, se rivolta a uno qualunque dei provider di scommesse. Imane Khelif prima, Lin Yu Ting poi erano nettamente favorite nelle quote alla vigilia delle rispettive finali perla medaglia d'oro olimpica nelle rispettive categorie di peso (66 e 57 kg): al massimo, la vittoria dell'algerina pagava 1.17, quella della taiwanese 1.38 (contro i circa 6 delle rivali). Una miseria. Tradotto: strafavorite. E, a meno di non voler dare dei complottisti anche agli allibratori di tutto il mondo (che maneggiano soldi, quindi sono poco inclini a star dietro alle chiacchiere), nessuno si aspettava un esito diverso per le due pugili intersex: vittoria a Parigi. Khelif ha annichilito con verdetto unanime la cinese Liu Yang, Lin ha fatto altrettanto con la polacca Julia Szeremeta (5-0), anche con molta ruvidezza, come già fatto in semifinale con la turca Yildiz (cazzotto alla nuca illegale). Poco importa, è doppietta olimpica, a colpi di atletismo superiore e mani pesanti, per l'apoteosi di quella pletora di buonisti che si è affollata all'angolo delle due ragazze per difenderle dalle accuse mosse loro dalla International Boxing Association: «Hanno cromosomi maschili, le abbiamo squalificate per questo e per la sicurezza delle altre pugili». Invece, la sinistra e le “femministe” hanno girato la faccenda come un attacco ai diritti di Imane e Yu Ting, confondendo (volutamente) i regolamenti con l'ideologia, mettendo quest'ultima al di sopra di tutto, compreso lo spirito olimpico che dicono di voler proteggere. Il risultato è che siamo ad Olimpiadi concluse e le posizioni non si sono avvicinate, né è stato fatto nulla per consentirlo. L'Iba ha ribadito la bontà dei test effettuati in laboratori indipendenti a Istanbul (2022) e Nuova Delhi (2023) che indicavano nelle due la presenza di cromosomi maschili e un vantaggio fisico rispetto alle altre contender (che infatti sono state spazzate via); il Cio si è arroccato sulla sua posizione di totale «inaffidabilità» riguardo agli esami dell'Iba e sostenendo, per bocca del presidente Thomas Bach, una bislacca teoria: «Quale sarebbe stata l'alternativa? Escludere due donne dalla partecipazione a una competizione femminile a causa di accuse basate su dati inaffidabili? Fino al 1999 esistevano i cosiddetti test sessuali, poi la scienza ci ha detto che non erano più affidabili, che non funzionavano più come prima per quanto riguarda i cromosomi e altre misurazioni. Ci è stato detto che potrebbero essere contro i diritti umani perché possono essere invasivi. Abbiamo detto fin dall'inizio che se qualcuno ci presenta un sistema scientificamente solido per identificare uomini e donne, noi siamo i primi a farlo». «Mi sono qualificata a pieno diritto per partecipare a questi Giochi», esulta Khelif intervistata dalla Bbc, «sono una donna come tutte le altre. Sono nata donna. Ho vissuto come donna. Ho gareggiato come donna, e su questo non ci sono dubbi. Sono una donna forte con poteri speciali. Il mio oro è un messaggio al mondo». Dunque “Super Imane” conferma tutto, ma non spiega niente. Eppure il modo per smontare il presunto “complotto russo” sui test cromosomici esiste: ripetere gli esami e pubblicare i risultati, screditando nel caso la già tanto contestata Iba. Ma perché, a garanzia di tutti gli altri atleti (che per primi avevano sollevato il caso, nel 2022), il Cio non applica la strada della trasparenza? Ci sarebbe anche un'altra via che, come spiegato proprio qui su Libero da Gabriele Martelli, capo della commissione allenatori della Iba, spetta direttamente alle atlete coinvolte: pubblicare i test 2022 e 2023 che, sia loro sia il Cio, considerano «fasulli». Il problema è che contro quei test Lin non ha presentato ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas), rendendo la decisione legalmente vincolante. Khelif ha inizialmente presentato ricorso al Tas, ma lo ha poi ritirato, rendendo anche la sua squalifica definitiva. Se almeno le pugili avessero proceduto con la causa, i documenti contestati sarebbero poi stati allegati agli atti e sarebbero stati disponibili dopo la sentenza: ma così non è stato... È anche per questo che non si placano i sospetti e le accuse, comprese quelle becere e scorrette perché basate su mere supposizioni. Che il Cio, invece di mettere a tacere, riesce solo ad amplificare.
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