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Marco Patricelli: quando il Vate salvò il pittore Cascella
22-12-2024, 18:46
I peperoncini rossi che occhieggiavano dal centro tavola gli avevano dato un tuffo al cuore: nel suo Abruzzo erano chiamati diavoletti, esorcizzavano le jettature e respingevano il destino avverso. Nel destino del pittore Michele Cascella c'era adesso la fucilazione come spia. La sua vita era appesa a un filo, e quel filo lo teneva inconsapevolmente Gabriele d'Annunzio, il cui ingresso nella sala del suo appartamento in rue Geoffrey l'Asmier a Parigi era atteso da un momento all'altro. I poliziotti francesi avevano intimato all'artista di non dire una sola parola. La vigilia di Natale del 1914 Cascella era stato arrestato mentre disegnava in zona di guerra, sul fronte franco-tedesco. L'aveva mandato lì il padre Basilio (1860-1950) per La Grande Illustrazione, un raffinato periodico al quale collaboravano le grandi firme dell'epoca. Michele, a 23 anni, era partito da Pescara con 100 lire in tasca e un biglietto di terza classe: «Un viaggio interminabile» fino a Parigi dove aveva preso alloggio in una pensione di boulevard Saint-Michel. Aveva ottenuto dalle autorità francesi le autorizzazioni, ma quasi subito si era stancato di accodarsi ai corrispondenti di guerra. Il 24 dicembre era stato attratto da un paesaggio a Saint-Cloud, zona di transito delle truppe francesi che andavano a sbarrare ai tedeschi la via di Parigi. Dopo aver preso qualche schizzo, per il gran freddo si era accovacciato nei pressi di un albero, quando erano stati esplosi colpi di fucile e gli era stato intimato di alzare le mani. L'avevano bendato ed era cominciato l'incubo. Sotto interrogatorio i militari gli avevano subito detto che i documenti non valevano nulla perché i tedeschi li falsificavano. E poi lui aveva occhi azzurri e capelli biondi, non credevano che fosse italiano, di un Paese sì neutrale ma alleato di Germania e Impero austriaco. Per loro era una spia. IL DISERTORE L'avevano trasferito e consegnato in manette all'autorità giudiziaria militare: era stato fotografato e gli avevano preso le impronte digitali. Nuovo interrogatorio, ma stavolta di quelli duri. Quindi, era stato rinchiuso in una cella fetida dove aveva trascorso la notte di Natale. L'indomani, altro interrogatorio, cercando di farlo parlare in tedesco, nuove perquisizioni, e nuovi dubbi quando Cascella se ne esce con espressioni in abruzzese per loro incomprensibili. Trasferito alla prigione di Versailles, in una cella si sicurezza gli mettono accanto un disertore destinato a essere fucilato l'indomani, che si lamenta senza sosta. Il mattino dopo conducono il francese al suo destino, che anticipava quello designato per il pittore. Ma il primo miracolo di Natale si verifica quando un soldato di guardia gli chiede a bruciapelo se davvero lui sia italiano. Il militare gli rivela che lui è siciliano trapiantato da 40 anni in Francia, e allora Cascella lo implora di aiutarlo, di dargli carta e matita per scrivere a d'Annunzio che vive a Parigi e fargli avere sue notizie. Il siciliano non ne ha mai sentito parlare, ma prende quella lettera e scompare. Trascorre qualche giorno, il giovane è prelevato e portato ammanettato alla Gare di Montparnasse, dove una folla eccitata dall'incombente minaccia tedesca prende la “spia” per i capelli, a calci, pugni e sputi durante il tragitto fino al Ministero della guerra dove un ufficiale, il capitano Gruss che era stato a Milano come direttore dell'Azienda del gas, lo interroga nei sotterranei in italiano: «Voi siete davvero il pittore Cascella? Conoscete davvero d'Annunzio?». I PEPERONCINI Michele risponde che lo conosce benissimo e che sono concittadini. Il capitano sottolinea che la sua situazione è molto grave, ma che lui è disponibile a farlo accompagnare a casa del Poeta: «se vi riconoscerà e testimonierà per iscritto la vostra innocenza forse potrete scampare alla fucilazione e al carcere». E così due poliziotti lo scortano in manette a rue l'Asmier. Apre la governante che in un primo tempo non vuole svegliare il Poeta perché ha lavorato tutta la notte, ma poi va a chiamarlo. Cascella ha visto i peperoncini e dispera che, sporco, con la barba lunga, i segni delle percosse e delle privazioni, possa essere riconosciuto. Appare d'Annunzio, avvolto in un saio bianco e col monocolo, e lo guarda. Ai poliziotti, in francese elegante, chiede di liberare subito quel giovane, che abbraccia con trasporto, lo bacia, e gli parla in abruzzese. Infine si siede al tavolo e con la sua inconfondibile grafia scrive una lettera al Governatore militare di Parigi, generale Joseph-Simon Gallieni, garantendo per l'«artista di grande talento e di grande avvenire», oltre che d'animo immacolato e cuore generosissimo, di cui era fiero di essere concittadino. E per Cascella si compie così il secondo miracolo di Natale: quello della vita.
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