Mario Sechi: al Circo Massimo la politica è viva, i morti sono altrove

Quelli che la sanno lunga dicono che non c'è passione politica negli italiani e, naturalmente, sbagliano perché l'Italia è storicamente un grande laboratorio politico. Sono italiani i filosofi del “principe” e del “moderno principe”, Niccolò Machiavelli e Antonio Gramsci, sono italiani gli esperimenti del comunismo (europeo) e del fascismo, sono italiani i fenomeni anticipatori del presente, come Silvio Berlusconi, che è un preludio di Donald Trump, sono italiani i governi tecnici ai quali stanno approdando solide democrazie che hanno scoperto problemi di funzionamento, come la Francia. Francesco Cossiga mi diceva spesso che «l'Italia è un laboratorio politico». Aveva ragione e un giro al Circo Massimo, alla festa di Atreju, per molti apocalittici e disintegrati sarebbe utile: là c'è passione politica, c'è partecipazione, c'è popolo, c'è anche élite - ma con una salda relazione sentimentale con il suo elettorato - c'è carne, c'è sangue, c'è cervello, c'è cuore. C'è tutto quello che era fino a due decenni fa la Festa dell'Unità, di cui oggi si sono perse le tracce. Pensateci. C'erano le salamelle, i ristoranti con il menu fisso, la tombola del baffone, l'arrosto, un sistema di potere che non si era ancora disconnesso dalla realtà. Ieri ad Atreju Giuseppe Conte si è confrontato con un mondo vivo (e ha fatto bene), il premier libanese Najib Mikati e il presidente argentino Javier Milei hanno offerto uno scenario della contemporaneità, e il pubblico era interessato, applaudiva, fischiava, pensava che la politica è bella. La lezione? Quelli che si piangono addosso perdono nella vita e non risolvono mai quella degli altri.

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