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Mario Sechi: perché il no di Giorgia è salutare
19-07-2024, 08:09
Il copione è prevedibile, oggi i giornali della sinistra faranno i titoli sul no di Meloni a Von der Leyen e diranno che «l'Italia è isolata». In realtà siamo solo all'inizio di una partita dove il bis di Ursula è cominciato malissimo: con 50 voti in meno rispetto alla sua maggioranza, un esercito di franchi tiratori e l'imbarcadèro ursulista affollato dalla rumorosa presenza dei Verdi, una piaga biblica, come racconta Daniele Capezzone. Il bis di Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento europeo e Von der Leyen alla guida della Commissione per Libero era motivo più che sufficiente per non votare a favore, quando una legislatura parte con la stessa compagnia che non ha brillato sulla scena, c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella scelta, nel metodo e nel merito. Il sottosopra elettorale in Francia e Germania, il consenso netto (e unico in Europa) per la maggioranza guidata da Giorgia Meloni in Italia, erano una buona occasione per correggere la rotta, invece i Popolari e i Socialisti - con l'apporto creativo dei Liberali di Macron - si sono arroccati. In tutta franchezza, se Meloni avesse votato per Von der Leyen in presenza dei Verdi, per noi e soprattutto per l'opinione pubblica sarebbe stato uno strappo incomprensibile. E provate a immaginare cosa sarebbe successo se quel voto fosse stato addirittura decisivo per l'elezione di Ursula, con quel programma... Dunque sul piano della sostanza politica, degli ideali, tutto torna. Si può discutere sui tempi della decisione di Fratelli d'Italia (poteva arrivare prima del voto) ma l'esito non cambia: c'è stato un no, ci sarà un altro round con la scelta dei commissari e vedremo se Parigi e Berlino faranno ancora a sportellate con Roma. Il no di Meloni era inevitabile e chi dipinge la sciagura ha un gran talento per il ridicolo. In realtà è un ottimo investimento per il futuro. Non potendo fare parte di una maggioranza-arlecchino tra inconciliabili, Meloni giocherà a incunearsi tra le fratture della coalizione di Bruxelles. L'occasione arriverà, è solo una questione di tempo e scorrerà veloce. Le divisioni della scorsa legislatura si moltiplicheranno, i dossier aperti sono fili dell'alta tensione. Le elezioni presidenziali in America saranno il punto di svolta, con o senza Trump gli Stati Uniti sono in pieno ciclo isolazionista, la guerra tariffaria è in ascesa, le tensioni con la Cina colpiscono anche l'Europa. Chi governerà l'Unione in un mondo dove è tornato lo scontro tra le grandi potenze? Non un'alleanza contro-natura come quella tra gli utopisti del socialismo à la coque, i centristi senza gravità permanente in Germania, i liberali macronizzati e i Verdi trapezisti del clima. Troppo, in questo scenario non reggeranno neppure le regole del nuovo patto di stabilità. Sono esercizi per fachiri, non per politici che devono fare i conti con il consen so. Per Meloni e il suo gruppo è una buona occasione per ridisegnare i confini, aggiornare i contenuti, ragionare sull'assetto futuro. Bisogna naturalmente essere all'altezza della sfida che propone la contemporaneità, occorrono fantasia e coraggio, un focus preciso e concreto sul messaggio da dare agli elettori. Passare all'opposizione tout court è facile, ma quella proposta c'è già. È proprio la creazione del gruppo dei Patrioti alla sua destra che dà a Meloni l'opportunità per fare da “ponte”, tutto questo sarà chiaro quando i Popolari- che ieri hanno accettato il voto dei Verdi senza fare troppi calcoli sulle conseguenze- dovranno respingere le proposte dell'ecologismo insostenibile. A quel punto, il pallottoliere a sinistra sarà esaurito e resterà solo quello dei conservatori. Meloni guida una nazione del G7, ha una massa di manovra e nel Parlamento europeo e - per effetto della scomposizione e ricomposizione dei gruppi - occupa uno spazio interessante. E i commissari? E la vicepresidenza? Non sono la partita, sono solo un mezzo. Gli incarichi contano, in politica se non hai comando non hai potere, ma ci sono ruoli chiave che sono dettati dallo spazio, dalla geometria, dalla capacità di manovra. L'Italia è isolata? Siate seri, cari parrucconi incipriati. Mi viene in mente un formidabile titolo del Times: «Tempesta sulla Manica, il Continente è isolato».
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