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Mille uomini, 30 velivoli, F35: la più grande nave da guerra mai realizzata in Italia dal Dopoguerra
10-12-2024, 03:00
Vista dall'alto sembra una città galleggiante. D'altronde, sui suoi 245 metri di lunghezza, ci corrono pure dei mezzi a ruote: è la nuova ammiraglia della Marina militare, la nave Trieste. Immensa, imponente, la più grande mai costruita dal secondo dopoguerra a oggi, un bestione con una capacità anfibia progettato (e realizzato) da Fincantieri che è stato consegnato, sabato scorso, a Livorno, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. C'erano tutti, sul molo Italia, per l'occasione: c'era il capo dello Stato (appunto), c'era il ministro della Difesa Guido Crosetto, c'era il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e c'erano i 150 allievi della prima classe dell'Accademia navale livornese che hanno prestato giuramento. Ma soprattutto c'era lei, questa imbarcazione dei record che è una portaerei ma anche un ospedale, che solo per costruirla ci sono voluti due anni (e altri quattro per allestirla), che per metterla in mare ha avuto bisogno di più di mille lavoratori (e altrettante sono le persone che è in grado di ospitare). Tecnicamente si tratta di una “nave anfibia multiruolo”, in pratica è un gioiello di ultima generazione dotato di un bacino di sbarco allagabile sotto l'aviorimessa (per cui sì, i mezzi anfibi possono sbarcare da lì) ma che è dotata anche di quattordici livelli (piani). Un “condominio” del mare, dal quale possono decollare sia gli elicotteri che gli aerei caccia F35, con una torre di vedetta pronta all'uso e una velocità di crociera di 25 nodi (più o meno 46 chilometri orari, per una nave di quella stazza una velocità ragguardevole). Si potrebbero snocciolare uno dopo l'altro i numeri della nave Trieste e non basterebbe questa intera pagina di Libero per contenerli tutti: 36 metri di larghezza; 28 di altezza; un dislocamento a pieno carico di 38mila tonnellate; 230 metri di ponte di volo; 1.200 metri (lineari) di garage; un ospedale completamente attrezzato (compreso le sale operatorie, di laboratori di radiologia e per le analisi) di 700 metri quadrati, con 28 posti letto solo per i ricoveri più gravi; nove punti di decollo; fino a venti aeromobili diversi che possono essere ospitati simultaneamente nel suo hangar; la capacità di contenere un battaglione con 600 fucilieri per eventuali operazioni di sbarco; un'autonomia per 7mila miglia (che fanno quasi 12mila chilometri, 363 volte la tratta dello Stretto di Messina) e un costo, non indifferente, che ha superato il miliardo di euro. «Può essere impiegata quando dobbiamo trasportare personale su terra e dove non si può accedere in altro modo», ha spiegato, sabato, il comandante della Trieste Francesco Marzi, capitano di vascello: «Ma con queste capacità ospedaliere», ha anche aggiunto, «può essere utilizzata in caso di emergenze, può intervenire per il trasporto dei feriti ma può anche operare direttamente». Con quel numero identificativo, L9890, pittato di rosso sullo sfondo bianco della prua, la Trieste potrebbe, insomma, all'occorrenza, diventare un vero e proprio hub se le operazioni di soccorso lo richiedessero. Altamente tecnologica, all'avanguardia, innovativa: varata (ossia messa in mare) il 29 maggio del 2019 a Castellammare di Stabbia e consegnata (cioè resa operativa) giusto l'altro dì, perché navi di questa portata richiedono passaggi e collaudi che mica sono uno scherzo. Non è un caso che il motto di questa nave (che un primato per la verità l'ha perso: è la seconda, infatti, a fregiarsi col nome della città capoluogo del Friuli Venezia Giulia dopo l'incrociatore della Regia Marina entrato in servizio nell'aprile del 1929 e affondato nei bombardamenti di Palau e de La Maddalena del 1943), di fatto già entrata negli annali della Marina, sia “Fulge super mare”, fulmine sul mare.
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