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Estero
Mondiali di rimbalzello, "hanno truccato le pietre": lo scandalo dei sassi lanciati sull'acqua
Oggi 19-09-25, 00:24
Che ci vuole il sasso giusto lo sanno anche i muri: deve essere sottile, il più piatto possibile, quasi tondeggiante, levigato, maneggevole. Sarà un gioco ma mica è uno scherzo, il rimbalzello. Buono a qualsiasi età, in qualsiasi parte del mondo (serve uno specchio d’acqua fermo, laghi o stagni vanno benissimo), per qualsiasi tasca: occorre, semmai, la tecnica, la giusta inclinazione, il polso che deve essere fermo epperò deve anche saper accompagnare, le ginocchia lievemente piegate, lo sguardo fisso davanti. Uno, due, tre sobbalzi sul filo della superficie: vince chi ne totalizza di più prima che il sasso affondi e, quindi, trionfa chi riesce a coprire la distanza maggiore dalla riva. Non è un semplice passatempo, non è nemmeno una sciocchezza revival da secolo scorso: è un campionato del mondo in piena regola che per la prima volta ha fatto capolino nel 1983, ma che è dal 1997 che prosegue senza intoppi e che, tuttavia, in questa edizione 2025, qualche grana (sul regolamento) ce l’ha avuta. Sulla spiaggia di Easdale, una minuscola isola dell’arcipelago delle Ebridi interne, nella Scozia occidentale, martedì c’erano circa 2mila persone. Lì gli abitanti sono una sessantina, hanno un unico pub nel quale si beve dell’ottima birra luppolata e non ci sono nemmeno auto in circolazione (perché è vietato): i 1.940 avventori di Easdale erano lì a sfidare il freddo del nord per il World stone skimming championships, il campionato del mondo di rimbalzello. E d’altronde guardali lì, pullover e giacca a vento (qui fa caldo che sembra giugno, ma a quelle latitudini cambia tutto), con l’arbitro in pantaloncini e berretta fosforescente di lana che prende appunti dentro una cabina di compensato e la “piattaforma di lancio” che è un masso in prossimità dell’acqua. Un concorrente si avvicina, silenzio di tomba, lancia, tutti stan dietro e non si muove una foglia. Ha vinto Jonathan Jennings, che è uno statunitense che organizza gare analoghe in Kentucky, con una serie di lanci che gli è valsa 177 metri, la Mattia’s Brave, una squadra di Torino, è arrivata terza e la sezione femminile ha visto il successo della britannica Lucy Wood che è salita sul gradino più alto del podio per la sesta volta di fila e che, quando ha iniziato, nel 2010, l’ha fatto quasi per caso: però questi sono dettagli. Sono due giorni che a Easdale, in quel solo pub, davanti a quel solo bancone, tra un piatto di haggis e un bicchiere di scotch, non si parla d’altro: su almeno 400 partecipanti al torneo qualcuno ha barato. È che gli scozzesi son gente precisa e non la freghi così, con un escamotage da quattro soldi. Le regole (poche) della gara sono limpide come il cielo sopra le Highlands: tutti i sassi impiegati nella competizione devono essere prelevati sull’isola, non vale portarseli da casa, una volta scelti i giudici li misurano con uno strumento chiamato “l’anello della verità” (perché non possono superare i 7,6 centimetri di diametro) e basta. Sta tutto all’abilità del lanciatore. Che siano lisci, a patata o nodosi incide sulla performance, ma son cavoli di chili ha scelti. Peccato che gli organizzatori si siano accorti d’una faccenda che una volta è una stranezza, due è un sospetto, ma di più è un piano da bari professionisti. Molti dei sassi tirati, gettati, scagliati erano un filino troppo perfetti, un tantinello troppo aerodinamici: in poche parole, probabilmente parecchi hanno usato macchinari per smussarli e renderli più performanti. Una prima voce si è sparsa già durante la gara quando alcuni atleti si sono lamentati. Più d’uno ha confessato all’istante. Subito dopo la notizia è rimbalzata (non in acqua ma) sui canali d’informazione come la Bbc o il New York Times, a cui uno come Kyle Mathwes, che è il toss master, il maestro dei lanci, per antonomasia, ha ammesso che sì, in un certo senso tutto questo clamore non fa che dimostrare come alcune persone siano disposte a fare l’impossibile pur di vincere quel premio (ambitissimo) di Easdale, ma che tutto sommato no, non è tutto negativo, «per certi versi è persino lusinghiero». Chi abbia fatto il furbo non si sa, non si sa neppure in quanti siano: si sa solo che sono stati squalificati e tanto basta perché la gara è seria in quella vecchia cava d’ardesia che è stata allagata da un maremoto (e che perla conformità dello spazio rende possibile controllare lo svolgimento del campionato) si prende niente con leggerezza. Anche perché i soldi che Easdale ogni anno riesce a recuperare dall’evento sereno per finanziare e sostenere i progetti e le iniziative della piccola comunità locale.
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