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Nannipieri: sono maschio e conservatore e non mi sento un troglodita
02-02-2025, 15:41
Sono un uomo e non mi sento un troglodita. Mi faccio la barba, faccio la pipì in piedi, ho amato donne come fossero oceani, e non mi sento in colpa di essere nato maschio, come vorrebbe La Stampa. Certe interviste non sono interviste: sono manifesti. E ai manifesti si risponde. Parola per parola. Ieri, a piena pagina, La Stampa lanciava una conversazione tra la giornalista Simonetta Sciandivasci e lo scrittore Francesco Piccolo, sul suo ultimo libro Son qui: m'ammazzi (Einaudi). La giornalista ha messo subito in chiaro le cose: gli uomini, per migliorarsi, devono essere un tipo particolare di maschi: «Quelli nuovi, in remissione dei peccati. I progressisti». Lo scrittore premio Strega, in remissione dei peccati, ha confessato: la nostra civiltà- da Boccaccio a Manzoni, da Verga a Svevo- ha prodotto inarrivabili capolavori, che hanno però esaltato e perpetrato il maschio violento che è in ciascuno di noi. Ora è il tempo della confessione e della pubblica ammenda. Dobbiamo ammettere chi siamo e perché siamo violenti, accettare e combattere il troglodita che è in noi. No, caro Francesco Piccolo: non sono un maschio nuovo, progressista. Anzi: sono un uomo antichissimo. Non devo combattere il violento che è in me. Sono nato in un paese piccolo, alle radici dei monti pisani, si chiama Zambra. La chiesetta dove sono cresciuto ha pitture antichissime nell'abside che dicono: «Date e vi sarà dato». Le mie maestre di scuola, Maddalena e Vittoriana, mi hanno insegnato come si scrive, come si calcola, come ci si rispetta. Si aprivano i manuali delle prime letture, non per reprimere la nostra violenza, ma per esaltare la diversità e la fratellanza che è in noi. Così abbiamo letto la fiaba di Pinocchio, Le favole al telefono di Rodari, le vite di Maria Montessori e Rita Levi Montalcini. Crescendo di classe, i professori delle medie ci hanno portati a conoscere le città e indirizzavano i nostri sguardi. Affreschi, architravi, pitture, dipinti inauditi della nostra cristianità, ci parlavano di San Francesco, San Paolo, San Pietro, la Madonna. Nessuno di loro esaltava la violenza, anzi diceva: «Amatevi. Scoprite quanto di grande è in voi». Tornavo a casa e mia nonna cuciva le lenzuola dentro cui avrei dormito nel letto. A distanza di decenni, io la sento ancora piangere quando le morì suo figlio, fratello di mio padre. Riposano accanto ora al cimitero. Alle superiori i professori mi fecero incontrare il latino, il diritto, gli stoici, la letteratura italiana e europea, la bellezza di «avvertire il simile nel dissimile» (Adorno). Mentre andavamo in bagno a fumarci le prime sigarette, i professori preparavano le lezioni su Antigone, Beatrice in Dante, Laura in Petrarca. In gita ci portavano a conoscere i portali delle chiese che dicevano e dicono ancora: «Bussate e vi sarà aperto». Ci fecero conoscere le abbazie di san Benedetto che tramandano tuttora la sua regola: «Lavare i piedi all'ospite», «Quando passo un anziano, il più giovane si alzi e gli offra da sedere». Sono andato all'Università e ho conosciuto le cattedrali immense di Milano, Parigi, Barcellona che ci dicono: «Innalzatevi in concordia». Ai corsi d'ateneo ci hanno fatto studiare la Rivoluzione francese, Liberté, Egalité, Fraternité, l'abolizione della schiavitù, il valore della dignità umana. Andavo a casa di Mario Luzi, il poeta e senatore a vita: era candidato al Nobel per la Letteratura, eppure mi apriva la porta di casa come un amico. Io non ero nessuno. «Dimmi», mi diceva con quella voce debolissima, eppure capace di slanci immensi. Non c'era violenza, in lui, uomo, ma solo grandezza. Passavano degli anni e, per continuando io a non essere nessuno, una delle principali direttrice di biblioteche mi offriva da bere e mi faceva conoscere cosa unisse una piccola biblioteca sperduta tra le montagne alle mastodontiche biblioteche di Washington, di Londra, di San Pietroburgo, e come esse fossero infinitesimali e modeste, se confrontate alla biblioteca infinita raccontata da Borges: la biblioteca è una sfera, il cui vero centro è un esagono qualunque e la cui circonferenza è inaccessibile. Sono un uomo antichissimo, siamo donne e uomini antichissime. Ho nel mio sangue l'uomo troglodita delle caverne, e l'ho superato. Abbiamo nel sangue gli schiavi delle piramidi, degli acquedotti, dei colossei, delle guerre sante, e li abbiamo superati. Portiamo in noi tutta la loro finitezza, i loro limiti, ma con essi, anche un incommensurabile desiderio di amore. La civiltà umana ha due polmoni, l'uomo e la donna, la donna e l'uomo. Chiamiamo amore tutto ciò che innalza, e non divide, questi due polmoni: vivi se sono vivi entrambi.
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