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Pietro Senaldi: liti con gli alleati, arresti eccellenti e il caso-De Luca. Pd, il rinnovamento è solo tanta confusione
06-10-2024, 09:08
La tattica dell'opossum praticata da Elly Schlein consiste nel fingersi morta quando si profilano rogne. I suoi hanno mangiato la foglia, sono i primi a ironizzare sulla loro segretaria. L'hanno capito anche gli avversari, quelli interni al partito e quelli interni al fu campo largo, che ne approfittano per sparare a zero e conficcare lance nel costato del capo. Lei finge che non le facciano male. La conseguenza però è che ogni giorno si aggiunge una nuova grana. Ieri è scoppiato il caso Campania. Il governatore-padrone Vincenzo De Luca, tessera Pd e figlio in Parlamento con i dem, ha annunciato che nel 2025 si candiderà per il terzo mandato consecutivo alla guida della Regione, in barba alla legge elettorale e ai veti della segretaria. La belva, ferita, morde e reagisce. Nella sola giornata di giovedì scorso, due procure hanno inferto due colpi durissimi al sistema di potere dello Sceriffo. A Salerno è stato arrestato Franco Alfieri, presidente della Provincia, sindaco di Paestum e signore dei voti. A Caserta è stato indagato il consigliere regionale Giovanni Zannini, un altro uomo forte del governatore sul territorio. I bene informati sostengono che sarebbero inchieste destinate ad allargarsi. Accuse di corruzione, anche peggio... STALLO IN CAMPANIA I magistrati hanno fatto quello che a Elly non è riuscito. La prima mossa della segretaria, appena eletta, era stata annunciare la guerra ai cacicchi, i potenti governatori meridionali che sono un corpo autonomo all'interno del Pd. Nulla è stato fatto. Sono stati spediti sul territorio Antonio Misiani e Susanna Camusso, due grossi calibri, per commissariare rispettivamente la Regione e la provincia di Caserta, ma l'esito è zero. Da due anni i dem campani non riescono a tenere il congresso, causa ostacoli posti da De Luca. Schlein ha provato a cavalcare le inchieste, ha schierato sui giornali il portavoce Sandro Ruotolo, l'emergente onorevole campano Marco Sarracino e lo stesso Misiani, tutti a dire che del governatore sceriffo, dei suoi metodi e dei suoi uomini non se ne può più. Dichiarazioni durissime, con le colpe degli indagati che venivano imputate direttamente al presidente, alla faccia di ogni garantismo. Venerdì, come nulla fosse, nella sua conferenza settimanale De Luca ha parlato di Ucraina, di Gaza, del corteo pro-Palestina. Non ha sfiorato le inchieste, quando solo pochi mesi fa aveva azzannato Giovanni Toti sui suoi guai giudiziari. Ieri, la replica durissima agli uomini della Schlein: io corro anche senza il partito. Un'uscita preparata da messaggi d'amore inviati a Giuseppe Conte. Il governatore è sempre stato un feroce critico dei grillini, ma da giorni ha cambiato registro: «Ha ragione Elly», va dicendo, «Cinque Stelle è affidabile». Lo sceriffo si inserisce nella frattura tra Pd e M5S, che in Campania ha ancora un peso, avendo raccolto circa il 24% alle Europee di giugno, solo due punti sotto il Pd. La minaccia è chiara: quattro anni fa De Luca venne eletto presidente con un milione e 800mila voti, che lo portarono a sfiorare il 70%. Se il governatore fa una lista sua e si allea con Conte, può vincere, o alla peggio far perdere la sinistra. LEGGE E CALCOLI Certo, per candidarsi dovrebbe cambiare a livello locale la legge nazionale che vieta il terzo mandato, come ha già fatto il suo collega Michele Emiliano in Puglia. Il tempo non manca, i numeri forse sì, visto che mezzo Pd campano si metterebbe di traverso. Già, il Pd? Tace e fa i calcoli. La speranza è che la magistratura proceda con il suo lavoro, smantellando il sistema di potere dello sceriffo e determinando una fuga dei topi dalla nave. Il sospetto è che De Luca spari alto per trovare una mediazione sulla candidatura di un suo fedelissimo, magari il figlio Pietro, mentre il Pd avrebbe altri progetti, che coinvolgono l'attuale sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. La tattica è stringere il governatore alle corde, per indebolirlo. La strategia resta quella di sempre, quella dell'opossum. La cabala, e la storia, dicono che un accordo si troverà in qualche modo; ma ancora tanta acqua deve passare sotto i ponti. Elly rinvia la palla. Per ora c'è da evitare la sconfitta in Liguria, dove il clima è cambiato e i candidati sono vicinissimi quanto nervosi. Se Orlando perde, incolperanno la segretaria per Renzi. E poi c'è da decidere se abbandonare al suo destino Conte in Emilia Romagna. Al momento è più sì che no.
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