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Schmidt: "Cacciamo i dem, Firenze deve tornare una capitale europea"
02-06-2024, 10:48
«Forza Eike, stavolta ci si fa». A Firenze ci credono o, perlomeno, dopo le ultime tornate elettorali che hanno confermato il centrodestra alla guida dei Comuni di Siena, Pisa e Massa, in molti sentono aria diversa, «e io questo lo respiro ogni giorno, c'è gente che mi prende da una parte e mi fa: “Non lo posso dire davanti a quelli là, ma io la voto”. Avverto la stanchezza di questa dittatura di sinistra. Tanto che se oggi mi parlate di ballottaggio ed eventuali alleanze io vi rispondo che cercherò di vincere al primo turno». La tocca piano Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi, scelto dal centrodestra come candidato sindaco per dare la spallata a una sessantennale egemonia rossa. Proviamoci: sindaco Schmidt, come le suona? «Direi che per ora è meglio direttore Schmidt, visto il mio ruolo al Museo di Capodimonte, a Napoli. Faccio parte di quella schiera che, insieme ai carabinieri, per legge deve prendere l'aspettativa per candidarsi, a differenza magari di persone come Sara Funaro, la mia avversaria in quota Pd, pagata dai cittadini per il suo ruolo di assessore al sociale ma che invece a tempo pieno si occupa della propria campagna elettorale». «Un tedesco che vive e lavora a Napoli», a sinistra la chiamano sprezzantemente così, loro che di solito per gli stranieri hanno un occhio di riguardo. «A parte il fatto che la storia di Napoli e Firenze è piena di tedeschi da secoli, sono a Firenze per studio e lavoro dal 1994, qui ho conosciuto mia moglie e ho preso la cittadinanza italiana. Un po' fiorentino ormai lo sono diventato». Chi è Eike Schmidt? «Sono nato nel 1968 a Friburgo, città della Foresta Nera, più vicino a Milano che a Berlino. Da bambino tante volte contemplavo le Alpi dall'altro lato rispetto all'Italia». Cosa sognava di fare, da bambino? «La natura mi affascinava molto, anche se nel corso degli anni ho scoperto letteratura, filosofia, teologia. Ma tutto inizia dall'arte. Ricordo il primo “incontro”, avevo circa otto anni: un sabato mattina i miei genitori mi hanno portato al Museo degli Agostiniani di Friburgo, c'era un corso di disegno. Io ho realizzato il ritratto di una scultura lignea del Rinascimento renano di Santa Caterina d'Alessandria, molto venerata in Germania. Da lì è nato mio interesse per la scultura. Altro momento chiave è stata la mostra di Manet a Parigi, vista a 12 anni. Poi a circa 14 anni è arrivata Firenze. Mia nonna, da giovane, per alcuni anni ha vissuto qua, poi è sempre tornata in estate e quella volta ha portato mio fratello e me, per otto giorni abbiamo visto tutto quello che potevamo... un viaggio di formazione, seppure molto condensato. Da quel momento in poi Firenze e l'Italia mi hanno catturato. Nel 1991 sono stato in Erasmus a Bologna, poi nel 1994 mi sono stabilito a Firenze per scrivere mia tesi di dottorato». Era caotica come oggi? «Era un caos produttivo, creativo, non c'erano le masse di turisti come ora in alta stagione. Il massimo del fascino la città lo regala al mattino presto, quando in giro c'è solo qualche americano a correre». Anche lei ama le prime ore del giorno come Antonio Paolucci, ex Soprintendente degli Uffizi da poco scomparso. «È stato il primo a cui mi sono rivolto nel lavoro museale. Nel 1997 mi ha invitato a collaborare alla mostra “Magnificenza alla corte dei Medici” e anche il nostro slogan elettorale è proprio “Firenze Magnifica”, in qualche modo la riecheggia. Antonio è rimasto sempre una guida, anche quando dirigevo gli Uffizi. Per una triste coincidenza, poche settimane dopo la fine del mio mandato lui ci ha lasciato». «Florentia è la città più difficile in cui lavorare», diceva Paolucci. «Io però ho sempre amato le sfide, non mi tiro indietro». C'è un momento preciso in cui si è detto “ok, mi candido”? «In realtà quando ero direttore degli Uffizi pensavo solo al museo. Poi, con la conferma del limite ai due mandati, in molti hanno iniziato a dirmi “provaci” e i media hanno cavalcato l'ipotesi». E alla fine l'ha annunciato lo scorso 6 aprile. «È il giorno del compleanno di Raffaello Sanzio, mi sono svegliato quel mattino e ho detto “è il momento”. Nel mio cuore mi stavo preparando, ne avevo già parlato con Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega e con molti fiorentini che avevano fondato un informale fan club, oggi diventata la lista civica Eike Schmidt». Con Giorgia Meloni ha parlato? «Ho passato un pomeriggio intero con lei agli Uffizi quando era ancora in campagna elettorale per le Politiche 2022, perciò su questo non mi si può imputare che mi accodo al potere, faccio solo quello che ritengo giusto. È stata una giornata molto interessante, mi è stato chiaro che l'immagine che di lei arriva dalla tv è autentica, è molto perspicace e colta. Quel che non si vede in tv è la vastità dei suoi interessi, abbiamo parlato a lungo anche di storia della teologia medievale, non avevo idea che fosse così ben preparata». E in questo incontro con Meloni si inserisce la necessità di riportare Firenze alla sua centralità di capitale europea, in questa visione cattolica, rinascimentale e conservatrice ma non ideologica. «Esatto, non ideologica. A Firenze serve disfarsi di questa cappa che copre tutto. Dopo le sofferenze della Seconda guerra mondiale, quando nacque l'idea di un'Europa unita, l'idea era culturale in primis, e anche cattolica. E a renderla fattuale sono stati tre personaggi: Alcide De Gasperi, cattolico, conservatore, che parlava latino e tedesco; Robert Schuman, cattolico anche lui, che parlava il francese ma anche il tedesco; Konrad Adenauer, cattolico come gli altri che, oltre al latino, parlava naturalmente il tedesco ma forse “peggio” degli altri due perché lo faceva con un solido dialetto renano (sorride,ndr)». È complicato da capire? «Diciamo che è molto riconoscibile». E dunque il modello della sua Firenze quale sarebbe? Modello Uffizi, con numeri record? «Negli ultimi cinque anni abbiamo raddoppiato i visitatori e quadruplicato gli introiti, messo da parte l'esperienza stressante delle lunghe file e della poca godibilità delle opere. È stato ripensato il modo di vedere i dipinti, rifatta l'illumino-tecnica. La mia è stata una amministrazione aziendale, serviva fondere una dozzina di piccoli-grandi musei più due strutture amministrative centrali in una sola, ho seguito un modello che ci ha portato questi grandi risultati. Devo sottolineare che gestire in maniera aziendale la città significa non fare profitto economico ma profitto da riversare a favore della comunità, con interventi per valorizzare e tutelare i beni che abbiamo ereditato». Le criticità da risolvere? «Il Parco delle Cascine è una di queste. Oggi è un centro di spaccio al dettaglio e di criminalità. Bisogna ripulirlo, dotarlo di strumenti di sorveglianza e prevenzione perché nella mia testa deve divenire un luogo che può ospitare musica, danza, sport, teatro. Anche l'Economist ne ha scritto. E stiamo pensando alla grande pista ciclabile che unirà le Cascine con il Parco dei Renai». E la tramvia? «È una rete di trasporto al quale non sono affatto contrario ma che va ripensata, visto che per realizzare le nuove tratte saranno assurdamente sacrificate decine di alberi.Quando Eleonora da Toledo compra Palazzo Pitti, nel 1550, lo fa perché vuole creare un giardino al centro della città, richiamandosi anche al giardino dell'Eden. È da allora che tutte le grandi metropoli del mondo hanno un cuore verde, hanno imitato Firenze e il gioiello che è Boboli. Con che coraggio la sinistra viene a parlare di ecologia? La loro mentalità green, anzi, ideologia green, non ha niente a che vedere con la vera promozione della natura, spesso è l'opposto». C'è poi il nuovo stadio della Fiorentina... «Una polpetta avvelenata per la futura amministrazione, grazie a Nardella. Per il rifacimento del Franchi ci ritroviamo una struttura contrattualizzata ma non ancora finanziata e un progetto che doveva riqualificare Campo di Marte ma che invece riguarderà solo lo stadio. Ma fra i grandi problemi di Firenze oggi ci sono delinquenza, degrado, il sociale... Su questo, e solo su questo, mi trovo in accordo con Elly Schlein, che poche settimane fa ha sottolineato come a Firenze sia cresciuta la diseguaglianza sociale: ma scorda che la città è sempre stata governata dalla sinistra? E scorda che la sua candidata è proprio l'assessore al sociale?». E la viabilità? «L'uso scorretto degli autovelox è palese, serve una razionalizzazione, vanno piazzati dove servono per la sicurezza, non per far cassa. Nonostante abbia un milione di abitanti in meno, Firenze incassa più del doppio di Milano in multe: 18,7 milioni contro 8,5». A proposito di Nardella, il sindaco uscente è stato forse il suo più feroce oppositore, ha detto che «Schmidt lo ricorderemo per le gru»... «E io ho risposto che lui lo ricorderemo per i panini, anzi, forse neanche per quelli... Quella delle gru è una falsità perché agli Uffizi furono messe nel 2006, un decennio prima del mio arrivo, e gestite dalla Soprintendenza fino al 2023. Semmai io sono sono una vittima. Piuttosto, tra gli ultimi capolavori di Nardella c'è la chiusura per due giorni del presidio ospedaliero Palagi, per permettere la partenza del Tour de France dal Piazzale Michelangelo il 29 giugno e farsi uno spottone elettorale per l'Europarlamento. E vogliamo parlare del festival della pizza proprio a Piazzale Michelangelo, una delle terrazze più importanti del mondo? Uno scambio di favori costato alle casse comunali 120mila euro di mancati introiti per il suolo pubblico, non fatti pagare. È stato fatto passare come evento di cultura, ma forse era solo cottura... ».
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