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Se i nuovi re del pop non sono vivi: le conseguenze dell'intelligenza artificiale
27-11-2024, 06:00
La musica generata con l'Intelligenza Artificiale sta diventando ormai indistinguibile da quella “vera”. È quello che emerge, dati alla mano, da una succulenta inchiesta di Rolling Stone Usa che ha incontrato i responsabili di Suno, il quinto operatore di intelligenza generativa più usato al mondo, e soprattutto ha provato a creare una canzone con questa tecnologia. Per chi odia, o meglio resiste, all'AI, categoria che almeno sulla carta comprende quasi tutta l'industria discografica e i suoi artisti, l'idea che costei possa essere sempre più realistica nella musica è una pessima notizia. Come la era stata la notizia che i Beatles (che non esistono più) gareggeranno ai Grammy con una canzone fatta artificialmente, Now and then, brano uscito a novembre 2023. Rolling Stone - dicevamo - ha incontrato il co fondatore di Suno Mikey Shulman: «Sta diventando», dice, «una piattaforma che genera canzoni che voglio ascoltare e non solo esperimenti da migliorare». A febbraio l'azienda aveva 12 dipendenti, ora 50. Ha uno studio di registrazione con chitarre, bassi e impianto audio vicino al campus dell'Università di Harvard. «È difficile competere con OpenAI quando si tratta di accaparrarsi i ricercatori migliori», spiega Shulman, «ma abbiamo un nostro punto di forza: siamo i migliori quando si tratta di adeguare i modelli di AI ai gusti degli esseri umani». Grazie a migliorie tecniche, la musica generata «non ha un suono pieno e in questo somiglia a quella dei vecchi MP3 con bitrate basso, una cosa che risulta particolarmente evidente nelle voci». Il magazine ha fatto un esperimento: ha passato due ore a creare una canzone dietro l'altra. Shulman insiste: «La musica sta diventando più interessante. Ci sono sequenze di accordi che uno non si aspetterebbe». Sulla piattaforma pende una causa per violazione del diritto d'autore per aver utilizzato canzoni protette da copyright per “addestrare”l' AI. Difficile trovare un addetto ai lavori felice per questa evoluzione. Ma qualcuno c'è. Timbaland, ad esempio, uno dei produttori americani più imporanti, ha detto che ha usato Suno 10 ore al giorno per rifinire canzoni rimaste incomplete e che ha collaborato come consulente. Secondo Shulman molti autori e produttori usano Suno. Il tema è affascinante ma soprattutto inquietante. E in Italia? Chitarrista, compositore, filosofo, esperto di AI, laureato in informatica, abbiamo interpellato Renato Caruso che aveva scritto nel 2006 una tesi dal titolo “L'intelligenza musicale nella musica jazz”. «Sono due anni che studio l'AI», dice, «dobbiamo conviverci e non viverla come una minaccia. Come quando arrivò Internet. L'AI è un acceleratore. Già Turing si chiedeva: una macchina può pensare? La risposta è: a suo modo». Caruso ha provato Suno: «Ma non lo uso perché mi impressiona. Escono brani con una qualità altissima e una melodia che mi emoziona». Dunque? «Uso l'AI per fare esperimenti ma poi torno ai metodi tradizionali. Penso che i veri artisti si distingueranno sempre di più. Bollani sul palco non lo puoi sostituire. Ma dobbiamo abituarci». Davide Simonetta, autore e producer di tanti successi di Tanai, Salmo, Fedez, Mengoni, Annalisa, ha 41 anni e «sono 20 anni», dice, «che vedo passare tante rivoluzioni. Per stare al passo in questo mestiere devi adeguarti. Non sono contro l'AI, ma io oggi sono tornato indietro. Ho abbandonato elementi che aiutano, software che velocizzano, per trovare il mio suono, per differenziarmi dagli altri. Per me la musica nasce da una inquietudine, le cose più belle sono quelle fuori posto, sbagliate, irregolari. Solo l'essere umano può farlo». Simonetta spiega a Libero che oggi esiste un software per simulare la voce di un cantante per vedere se il brano scritto per lui si adatta alla sua voce. Se il risultato è buono poi canta il cantante vero, in caso contrario si evita di perdere tempo. «Ho ricevuto richieste simili da alcuni manager, vediamo».
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