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Sechi: la rivoluzione francese, da Macron a Micron
01-07-2024, 08:21
La Rivoluzione francese era partita con lui, Macron, nel 2016, quando un giovane che veniva dalla banca Rothschild fece l'mmpresa fondano un nuovo movimento politico, conquistando l'Eliseo, distruggendo il partito Socialista, ridimensionando i gollisti, monopolizzando il centro, fermando la destra. Un eccezionale esperimento da laboratorio dell'Ena, l'officina della classe dirigente francese. Otto anni dopo, Macron è diventato Micron. La sua strategia di scomposizione e ricomposizione del quadro politico intorno alla sua figura, il Nuovo Re Sole, come in un racconto dell'orrore gli si è rivoltata contro e alla fine è lui, “le president”, a soccombere. Marchons, marchons! attacca la marsigliese e certo, questa è una storia di popolo, perché in fondo la Francia mantiene intatto il gusto per il coup de theatre, il colpo di scena quando sembra tutto scontato e invece... voilà, è arrivata la vittoria della destra. Siamo al primo turno, il risultato è chiaro, il Rassemblement National ha vinto, ma la parola fine sul romanzo è ancora da scrivere, c'è da affrontare il secondo turno, dove Macron tenterà di respingere per un'ultima volta l'assalto non al governo - che ha già perso - ma alla presidenza della Repubblica dove vorrebbe lasciare un suo candidato, per non passare alla storia come l'uomo che ha consegnato il Paese alla destra. Il popolo ha parlato, dovrà farlo una seconda volta. La destra ha la possibilità di conquistare la maggioranza assoluta, ma potrebbe anche non riuscirci. Il dato certo oggi è che Gabriel Attal non sarà più Primo Ministro, i giochi macronisti sono agli sgoccioli, la sinistra-sinistra di Jean-Luc Melenchon, quel Fronte popolare che spaventa i mercati finanziari, è la seconda forza del paese. È il capolavoro politico di un presidente chiuso nella sua torre d'avorio, che non ha saputo ascoltare la voce dei francesi. La metamorfosi kafkiana di Macron in Micron è una questione Interessante di biologia politica, di involuzionismo post-darwiniano, Dopo aver ucciso la sinistra con un palo di frassino nel 2016 e poi nel 2022, Macron l'ha resuscitata e condotta per mano a una ulteriore trasformazione, il completo distacco dal riformismo socialista e dalla tradizione socialdemocratica per approdare con Mélenchon nella terra infuocata del radicalismo, dell'estremismo, del populismo anarchico, uno schieramento che ha preso forma non a caso con un nemico comune: lo Stato di Israele e gli ebrei. Quello che si rimprovera al movimento politico di Marine Le Pen per il passato è invece l'elemento radioattivo del presente del Fronte popolare. Cercare percorsi paralleli tra la destra francese e quella italiana, tra Marine Le Pen e Giorgia Meloni, è un errore. Sono storie profondamente diverse giunte alla vittoria con il carburante fornito dal disprezzo delle élite per le periferie e i lavoratori, il supremo distacco dell'establishment per tutto quello che le pain quotidien, la pagnotta dei ceti popolari. La Francia non è in crisi oggi perché ha vinto la destra, lo è da ieri perché la sinistra fa come Maria Antonietta: se il popolo protesta che gli diano delle brioche. Quando scoppiò la rivolta dei gilet gialli, ho letto cronache sprezzanti, giudizi quasi razzisti degli “ intellò” che non avevano capito niente, era all'inizio della fine, ben rappresentato da Jean-Claude Michéa, filosofo marxista che ha coniato la beffarda immagine della gauche kérosène, i progressisti sempre pronti al check-in per prendere il jet e ritrovarsi nel solito resort della solita compagnia di giro, altro giro altra corsa deluxe, mentre gli operai dei sobborghi parigini sulle loro auto diesel vanno all'alba al lavoro nella Città dei Lumi. Sipario, buio. Che storia, Micron.
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