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Senaldi: il padre di Turetta costretto a chiedere scusa per la sua pietà
29-07-2024, 08:13
Pietà per il padre dell'assassino. «Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Erano solo tante fesserie, frasi senza senso. Non ho mai pensato che i femminicidi siano una cosa normale. Temevo che Filippo si suicidasse, non pronuncerei più quelle parole ma erano solo un tentativo disperato di evitare un gesto inconsulto. Mi dispiace, provo vergogna per quelle frasi, erano istanti devastanti, non sapevo come gestirli». Così Nicola Turetta, padre di Filippo, il ragazzo che ha massacrato a coltellate Giulia Cecchettin, la fidanzata che non lo voleva più, all'indomani del linciaggio mediatico seguito alla pubblicazione delle intercettazioni del suo primo incontro in carcere con il figlio, il 3 dicembre scorso. Quel giorno Nicola, nel tentativo di stare vicino al figlio, celebrato come mostro nazionale in quanto colpevole di un delitto atroce che giustamente lo porterà probabilmente all'ergastolo, pronuncia davvero parole che, lette dalla nostra scrivania, quali osservatori estranei con negli occhi le immagini di Giulia, morta perché, per fatale umanità, per generoso affetto, aveva acconsentito per l'ennesima volta a vedere Filippo, sono inaccettabili. «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, un terrorista, uno che ammazza le persone. Hai avuto un momento di debolezza, devi farti forza. Non sei l'unico, ce ne sono stati parecchi altri, non sei stato te, non ti devi dare colpe perché non potevi controllarti. Avrai i permessi per andare al lavoro, per uscire, la libertà condizionale. Ti devi laureare». E LE FRASI GIUSTE? Certamente Nicola, come gli rimprovera non solo il selvaggio tribunale dei social ma anche dotti commentatori, avrebbe potuto trovare frasi migliori, avere un pensiero per la vittima, provare a mettere il figlio di fronte a ciò che aveva fatto, tradire un dubbio su come abbia educato Filippo. Nessuno però, tra i suoi censori, riesce a trovarle, quelle frasi giuste. $ facile condannare, oltre Filippo, per l'omicidio, anche Nicola, per il tentativo di minimizzarlo, offrendo una speranza di futuro al ragazzo. Ma è anche onesto? E con che diritto? Forse solo il padre e la sorella di Giulia Cecchettin, che il futuro non ce l'ha più, possono permettersi un giudizio, gli altri no. «Io e mia moglie avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro, abbiamo un altro figlio a cui pensare, che ora si trova a subire una nuova gogna mediatica. Domani chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio, dopo quei titoli che mi dipingono come un mostro mentre ero solo disperato? Filippo ora si rende conto di quel che ha fatto, siamo riusciti ad affrontare l'argomento e vuole scontare la sua pena», continua Nicola, costretto per ottenere il perdono mediatico anche a dire che «della laurea non se ne farà nulla, era solo un modo per tenerlo impegnato». Ma perché poi Filippo non dovrebbe laurearsi? In carcere si può, la pena avrebbe anche un fine educativo. E perché Nicola, per uscire dal fango nel quale lo hanno messo anche intercettazioni che secondo la legge non potrebbero essere pubblicate, deve scusarsi anche di quel che di giusto ha detto? Può sembrare un aspetto secondario, di fronte all'orrore dell'assassinio di Giulia, quello delle intercettazioni che qualcuno ha dato in pasto alla stampa. E' naturale che gli inquirenti abbiano voluto ascoltare il dialogo tra il padre e l'assassino, che avrebbe potuto confidargli cose ancora ignote a polizia e magistratura, ma passare quelle frasi alla stampa dovrebbe essere un delitto da punire. E' pura cattiveria. Non dicono nulla in più rispetto al reato e dicono molto poco anche rispetto ai genitori di Filippo. Non andrebbero allegate agli atti dell'inchiesta, sottraendole a pubblicazione e sciacalli. LIBERO ARBITRIO Nessuno sa cosa direbbe a un figlio colpevole di un reato così tremendo e nessuno sa neanche quali colpe si possano attribuire poi alla madre e al padre di Filippo, visto che quel dialogo dato alle stampe fa scontare pene dure aggiuntive, e immeritate quindi imposte con violenza, al loro travaglio. Esiste il libero arbitrio, c'è un'indeterminatezza nella natura degli uomini che rendono impossibile mettersi al riparo dal rischio di potersi trovare un giorno al posto di Nicola, che sicuramente avrà sbagliato qualcosa anche prima del dialogo in carcere del 3 dicembre, ma che era lì, sconvolto e inerme, anche e soprattutto per un'atroce casualità, per una cosa che non avrebbe mai potuto pensare gli sarebbe accaduta. Abbiamo passato mesi a interrogarci sulla disumanità di Filippo, che premedita il delitto e lo esegue senza tentennamenti, ma nessuno si è stupito dell'accaduto. Certo, per la violenza di alcuni uomini, che scaricano sulle donne la propria debolezza. Ma anche perché ormai tutta la società nella quale viviamo si nutre di disumanità. $ disumano anche divulgare il colloquio tra l'assassino e il padre innocente per trasformare anche lui in colpevole e soddisfare la morbosa curiosità di una platea sempre più inumana.
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