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Senaldi: Il vaffa finale di Giuseppe Conte a Beppe Grillo
21-08-2024, 06:46
L'elevato declassato al ruolo di grillino semplice. Siamo all'ultimo atto della sfida tra Beppe, il comico fondatore, e Giuseppi, l'avvocato cooptato da M5s a Palazzo Chigi e che in cinque anni si è preso il Movimento, con l'obiettivo già quasi realizzato di trasformarlo in partito popolar-personale. Chi di vaffa ferisce, di vaffa perisce, è la morale finale. «Il momento è cruciale, non smarriamo la rotta» scrive il fondatore sul suo blog, definendosi «garante e custode dei valori fondamentali dell'azione politica» e specificando che «il simbolo, il nome M5s e la regola del limite dei due mandati sono i tre pilastri non negoziabili del Movimento». «In questi anni ci siamo dovuti adattare per sopravvivere come gli animali, ma il secondo mandato è quello che ci rende diversi e immuni dalle tentazioni del potere» sentenzia Grillo in un messaggio che vuol dettare la linea ma finisce per certificare la debolezza del suo autore. Il comico prova a mettere le mani avanti in vista della rivoluzione d'ottobre, quella dell'assemblea costituente di M5s, nella quale Conte coinvolgerà tutti gli iscritti e i simpatizzanti per riscrivere le regole del Movimento. Un momento temutissimo dal guru in fase di rottamazione, perché il voto di iscritti e simpatizzanti potrebbe anche decidere di svincolare il partito dal contratto con il blog del fondatore, che fornisce alla comunità pentastellata servizi di sempre minore utilità al prezzo di 300mila euro l'anno. Quei «tre pilastri» potevano essere intesi come le condizioni di una resa da parte di Grillo. Ma Conte si sente forte, non è in vena di mediazioni e risponde a stretto giro di posta con un video di tre minuti nel quale, in camicia immacolata e con linguaggio semplice, come a contrastare i cupi messaggi d'altri tempi del rivale, riporta in terra l'Elevato, quasi lo spiana, senza neppure nominarlo. Beppe ha dato il suo parere, come tutti lo daranno, ma la mia linea non si muove di un millimetro, è il senso dell'intervento, nel quale il leader afferma che «M5s si deve rigenerare attraverso un processo costituente che rimetta in gioco tutto, regole, denominazione, raffigurazioni». Un'intuizione geniale, la costituente, sulla quale Conte incentra tutto il suo messaggio di replica ai diktat di Grillo, spiegando che «sarà un processo senza gerarchie, anche io mi farò da parte». Una sorta di applicazione della democrazia diretta, dell'uno vale uno, e non importa se probabilmente verrà fuori un uno più uguale degli altri, anzi meglio, perché stavolta sarà benedetto dalla folla, non scelto dalla vecchia élite pentastellata. CAPITOLO DELICATO Nessuna pietà quindi sul simbolo, a proposito del quale, con precisione da leguleio, l'avvocato fa sapere al comico che «è già mutato altre volte rispetto all'originario», ma avanti anche sulla possibilità di darsi un nuovo nome. Si tratta di un capitolo delicatissimo perché, se il Movimento cambia immagine, quella nuova potrebbe contenere anche il nome di Conte, magari in grande evidenza sotto le cinque stelle. Infine, un esplicito via libera al terzo mandato, che è la merce con la quale il leader si garantirà il consenso degli attuali deputati, la sua falange, pronti a tutto pur di rimanere in Parlamento. E qui l'ex premier ha gioco facile quando ricorda a Grillo che, in un partito dove sono cambiati tutti, è stravagante che il solo sempre allo stesso posto sia proprio lo strenuo difensore dell'alternanza forzata imposta dal vincolo delle due legislature. «Non possiamo ammettere che se si pronuncia la comunità degli iscritti, alcuni, che in passato hanno cambiato perfino la regola del doppio mandato, decidano arbitrariamente e preventivamente di cosa si può deliberare» è la conclusione del messaggio, un climax crescente contro il fondatore. ESITO FINALE Indipendentemente dall'incrocio di sciabole di ieri, quello dentro M5s è un duello del quale già si conosce l'esito finale: vincerà Conte, per una regola ferrea della politica, un indizio evidente e una serie di circostanze favorevoli ma non casuali; anzi, pilotate a dovere. La regola è che, per guidare una formazione politica, devi stare a Roma e praticarla tutti i giorni, non puoi telecomandarla dalla tua villa di Genova, con blog e video. Conte ha fatto le ultime nomine, decine, dentro M5s, si è creato la squadra parlamentare, ha strutturato l'organigramma. L'assemblea costituente sarà l'atto finale della presa del potere. La possibilità di aggiornare e riscrivere le regole, i principi e gli obiettivi del Movimento, sancirà la sua leadership. L'indizio è che ormai gli elettori riconoscono già nell'avvocato e non nel comico il leader. Le persone dicono: «Voto Conte», non «Voto Grillo», e questo, in una politica sempre più personalistica, non è un dettaglio. Giuseppe era un dilettante della politica, divenuto professionista a tempo record. Beppe aveva un'altra professione, non è mai diventato un politico, per la verità neppure ci ha provato, ma la politica ha quasi dato il colpo di grazia al suo lavoro precedente, come registrato dai posti vuoti dei suoi ultimi spettacoli in teatri che prima riempiva facilmente. Le circostanze favorevoli sono che il dilettantismo estemporaneo del fondatore ha fatto sì che sia stato lo stesso Grillo di fatto a consegnare il Movimento a quello che è il suo rivale. Prima lo ha investito a malincuore, per pigrizia e mancanza d'alternative, convinto che sarebbe bastato cecchinarlo con battute acide per liberarsene alla bisogna. Poi ha fatto fuori chiunque potesse oscurarlo, un'intera classe pseudo dirigente sacrificata sull'altare del dogma del secondo mandato, che l'ex elevato ancora difende nella speranza, un giorno di liberarsi così dell'avvocato del popolo. I fedelissimi del comico non esistono, c'è solo un gruppetto composto da alcuni che oggi vivono ai margini della politica perché gli è stato negato il terzo giro e si dicono grillini di antico rito nella speranza di un riciclo. Se Alessandro Di Battista e Virginia Raggi fondassero una nuova formazione, forse userebbero Beppe come specchio per le allodole, ma mai come guru o totem, e senza dubbio non lo ammetterebbero nella stanza dei bottoni.
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