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Su Kiev i lettori del “Fatto” fanno la festa alla Schlein
Oggi 14-09-25, 09:42
Bordate di fischi. «Buu!Buu! Buu!» (Il Pd griderà al razzismo anche in questo caso?).Insofferenza diffusa in sala. Elly Schlein va di traverso persino alle platee amiche, o perlomeno quasi amiche: tipo quella della festa del Fatto Quotidiano al Circo Massimo di Roma.Ieri la segretaria era ospite del direttore Marco Travaglio e ha parlato un po’ di tutto intervistata da Antonio Padellaro e Wanda Marra. Quando il discorso ha toccato la politica estera, beh, il pubblico (filo-grillino) non ha affatto gradito. Per dirla con un eufemismo. Parlando dell’Ucraina, Schlein ha detto che «è Putin che ha mosso l’invasione». E vai di contestazione. «Lo rispetto: su questo non siamo d’accordo», ha risposto lei, aggiungendo che al tavolo di pace dovrà sedere anche Zelensky. Dopo gli sberloni, una timida ripresa, quando Elly ha buttato la palla in tribuna citando Matteo Salvini e buttando lì un «a Trump pacifista non ci credo». Ma non è bastato. I decibel dei contrari sono nuovamente saliti nel parterre quando la segretaria ha affrontato il tema del presunto genocidio a Gaza.«Io penso che su questo basta guardare le definizioni della Convenzione». Troppo poco per i seguaci del Fatto. «Possiamo avere sensibilità diverse, ma non raccontiamo più divisioni di quelle che ci sono. E abbiamo un governo con tre posizioni diverse in politica estera». Il bue che dà del cornuto all’asino, viste le divisioni interne al campo largo (o stretto?) con cui il centrosinistra vorrebbe governare il Paese.In soccorso di Elly è arrivato il padrone di casa, ovvero Travaglio. «L’ho invitata per dire quello che pensa lei, non quello che pensiamo noi. Non si può contestare ogni volta che dice una cosa diversa, sennò ce la cantiamo e ce la suoniamo. Rispettiamo gli ospiti», ha detto il direttore salendo sul palco e bacchettando il pubblico rumoroso. «Direttore io ti ringrazio. Io vengo apposta.Perché sono convinta che, al di là della nostre differenze, se questa discussione continuiamo a farla diventa un programma come nelle Regioni», ha risposto Schlein. E via, nuovamente, di operazione simpatia per recuperare il terreno eroso dai fischi. «Calenda? Certamente non condivido critiche e attacchi verso il Movimento 5 Stelle. La nostra gente non vuole divisioni, ma una coalizione forte per mandare a casa Giorgia Meloni». Applausi. Poteva mancare la digressione sul fascismo? Ovvio che no. Il gancio, nemmeno a dirlo, è stato l’omicidio di Charlie Kirk negli Stati Uniti. «Quando vedo le svastiche sui muri, alle Feste dell’Unità, a me non passa per la testa l’idea di dire che la colpa è di Giorgia Meloni». Ah, ora il premier è pure nazista? [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:44096417]] «Allora chiedo alla Meloni più responsabilità. Quando la notte mi arrivano le telefonate da un numero anonimo e un messaggio con un saluto fascista e il saluto “A noi”, io non do la colpa a Giorgia Meloni». È tornato il fascismo. «La violenza non è accettabile da qualsiasi parte provenga e chiunque vada a colpire». E ci mancherebbe altro. Dai dazi americani al riarmo europeo. Indovinate un po’ di chi è la colpa per il capo del Pd? «L’errore di questo governo, in buona compagnia con altri governi, è aver trascinato l’Unione europea in un atteggiamento remissivo con Trump, che è uno che se gli dai un dito si prende tutto fino alla spalla». Cioè: a Bruxelles comandano i Socialisti, ovvero Pd e soci europei, ed è colpa del centrodestra italiano?«Non dovevano accettare il ricatto del 5 per cento di spesa in ambito militare. E hanno sbagliato sui dazi», ha aggiunto Schlein. E poi il solito disco rotto su salario minimo («Io se fossi al governo lo approverei subito per aiutare le famiglie a non perdere potere di acquisto») e prezzo dell’energia da scollegare da quello del gas («perché è il più alto d’Europa e fa perdere competitività alle nostre imprese»). Capitolo Regionali. Elly ha fatto sfoggio del suo braccialetto giallo e rosso con la scritta “Siamo testardamente unitari”, esultando: «Abbiamo chiuso le alleanze in tutte le sette regioni per andare a battere questa destra. Non esisteva da 30 anni di avere ovunque la stessa coalizione e che scegliessimo un candidato nell’area progressista senza litigare, mentre la destra continua alitigare e non ha ancora individuato un candidato in Veneto, in Puglia e in Campania». Una bella lisciata di pelo a Roberto Fico, il grillino candidato governatore della coalizione progressista in Campania: «La sua candidatura è quella più forte. Fico è la più grande promessa di rinnovamento. È una persona perbene che ha dimostrato vicinanza alle persone». Quanto invece alle Politiche del 2027, per la scelta del candidato premier dalle parti del Nazareno sono sempre in alto mare. «Non c’è ancora un criterio, ci metteremo d’accordo. Se siamo una coalizione decideremo insieme, discuteremo con la coalizione i criteri», ha detto la segretaria.Infine, lo sfoglio dell’album dei ricordi. «Chi mi ha eletto mi chiedeva due cose: unità per battere le destre e riportare questo partito a sinistra». Il secondo desiderio è stato esaudito senza troppi problemi: moderati all’angolo e strizzate d’occhio continue ai rossoverdi di Avs. E il primo? «Una missione impossibile...». Lo sibilano i piddini dell’ala riformista, non gli eversivi di destra cui Elly continua a dare la caccia.
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