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Una battuta sui trans e a Londra ti arrestano
Oggi 04-09-25, 08:15
Nigel Farage è un cavallo di razza nell’oratoria pubblica, sia che intervenga alla Camera dei Comuni, che tenga un comizio elettorale o che partecipi ad una sessione della commissione Giustizia del Congresso americano sulla libertà di espressione in Europa, dove è apparso ieri. Parole d’effetto e tono ben calibrato per sottolineare i passaggi chiave: da Washington, il leader di Reform UK (con il vento in poppa nei sondaggi) ha messo in guardia le democrazie occidentali da se stesse e dalla voglia dirigista di regolamentare quello che le persone possono dire o meno. Lo spunto è la critica all’Online Safety Act del governo britannico per monitorare il contenuto dei post condivisi sulle piattaforme social e web ed è più attuale che mai. «Siamo in guerra con la libertà», aveva annunciato prima di entrare in aula, dove ha rincarato la dose. «Abbiamo smarrito la strada, perso la consapevolezza del perché siamo ciò che siamo», vale a dire stati che dovrebbero ispirarsi ai valori liberali e dunque di tolleranza quando certe opinioni non piacciono – tant’è che quando il parlamentare democratico Henry Johnson ha insistito sui rapporti con Musk, Farage ha replicato che quest’ultimo è stato «incredibilmente rude» con lui, ma «questa è la vita e io credo nella libertà di parola». L’Occidente ha perso coscienza di ciò che rappresenta «e penso che questo sia penetrato nel sistema educativo, dove non sono sicuro che stiamo insegnando buoni valori». Il coraggio del confronto, l’asprezza del dibattito che non può essere aggirato dal piagnisteo del sentirsi offesi, l’orgoglio del proprio passato («Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi un senso di equilibrio riguardo la nostra storia, ai sacrifici che sono stati compiuti») da preservare dal grilletto facile della revisione woke: un intervento a tutto campo consapevole del fatto che possa esserci un limite. «L’istigazione: non la vogliamo, non l’accettiamo», ha precisato, ma se qualcuno diffonde qualcosa di insensato per poi scusarsi e imparare la lezione, non deve essere perseguitato legalmente, «è così che funziona il mondo». O per lo meno dovrebbe. L’arringa di Farage è arrivata nel giorno in cui nel Regno Unito è emersa la notizia che lo scrittore umorista irlandese Graham Lineham, noto soprattutto per aver creato la serie “Father Ted”, che raccontava in modo ironico le avventure di alcuni preti cattolici, è stato preso in custodia all’arrivo all’aeroporto londinese di Heathrow. Ad attenderlo c’erano cinque agenti armati: l’accusa è di istigazione alla violenza per alcuni post pubblicati su X in cui prendeva in giro la comunità trans. «Uno scherzo», per sua stessa ammissione. Poco importa: è stato scortato in una stanza e interrogato, per poi essere rilasciato con divieto di utilizzo dei social. Per evitare il clamore politico, il primo ministro Keir Starmer ha detto che la polizia dovrebbe occuparsi di reati concreti, ma da Scotland Yard hanno ribattuto che loro non possono fare altro che applicare la legge: se qualcuno si sente offeso da un contenuto online, può sporgere denuncia e scattano le indagini. A volte, nemmeno metaforicamente, le manette: la bambinaia Lucy Connolly è da poco tornata libera dopo dieci mesi di prigione per dei post giudicati un’incitazione al razzismo dopo l’attentato dello scorso anno a Southport, in cui tre bambine hanno perso la vita per mano di un cittadino di origine africana sospettato di terrorismo. «Il fatto che tu ti senta offeso, non significa che hai ragione» è la linea guida tracciata dal dissacrante comico britannico Ricky Gervais e lo ha ricordato Farage da Washington: è così che gira il mondo. Sembra difficile crederlo, ma «alla fine il buon senso e la comune decenza prevarranno, la maggioranza silenziosa vincerà». Attendiamo.
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