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Estero Europa
Vertice Ue, passa la "linea Meloni" sull'immigrazione. Si tratta sui fondi russi
Oggi 19-12-25, 09:26
Giorgia Meloni, Emmanuel Macron e i leader degli altri venticinque Paesi Ue si riuniscono a Bruxelles, e la riunione del loro Consiglio conferma che finanziare la difesa dell’Ucraina con i beni russi “congelati” in Europa è un’operazione difficilissima. Per questo l’argomento è stato fatto slittare in fondo all’ordine del giorno, e in serata è iniziata una trattativa destinata ad andare avanti nella notte. Il principale ostacolo è il Belgio, e il motivo è comprensibile: nei depositi della società belga Euroclear sono custoditi titoli e altri asset russi per 185 miliardi di euro, quasi il 90% dei 210 miliardi bloccati in Europa. La grande paura dei belgi è pagare per tutti qualora la Russia riuscisse a vincere un ricorso nei tribunali internazionali. Il premier belga Bart De Wever ha ribadito che non darà il via libera se non otterrà garanzie collettive di protezione dalle ritorsioni di Mosca. E su questo punto si sono concentrate le trattative notturne. Fonti italiane hanno fatto sapere che le garanzie chieste dal Belgio sono «costosissime», superiori ai 210 miliardi di euro. Meloni ha ripetuto ciò che aveva detto in parlamento: prelevare quei beni senza una solida base giuridica consegnerebbe a Mosca «la prima vittoria dall’inizio della guerra». A tarda sera, ancora non era stata data risposta ai dubbi italiani. Nella bozza del documento finale c’è la rassicurazione che le garanzie richieste a ogni Paese «non entreranno nel computo del debito pubblico», accogliendo così una richiesta di Roma e Parigi, e si assicura che l’Unione «agirà in piena solidarietà con gli Stati membri e le istituzioni finanziarie dell’Ue colpiti nel contesto del prestito di riparazione». [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45484325]] L’accordo, però, è tutt’altro che scontato. L’ungherese Viktor Orban ha avvisato che confiscare i beni russi per finanziare l’Ucraina «trascinerebbe l’Ue nel conflitto» e il premier slovacco Robert Fico si è opposto insieme a lui. Mentre i ventisette discutevano, la banca centrale di Mosca ha annunciato che si rivolgerà a un tribunale arbitrale russo per ottenere dalle banche europee il risarcimento dei danni causati «dal blocco e dall’utilizzo illegale dei beni». Volodymyr Zelensky, presente al vertice, ha lanciato un appello disperato ai leader europei. Se quei fondi russi non saranno dati agli ucraini per difendersi, ha detto, «tutte le parole che abbiamo sentito sulla solidarietà europea, l’autonomia, la capacità dell’Europa di difendere la giustizia a livello globale, saranno prive di significato». A maggior ragione visto il modo in cui intende usare quei soldi: «Gran parte sarà spesa per armi europee, il che significa che sosterranno le vostre industrie». Tra i suoi sostenitori, il più convinto è il polacco Donald Tusk, per il quale la scelta è semplice: «Soldi oggi o sangue domani, e non parlo solo dell’Ucraina, parlo della Ue». Mentre il cancelliere tedesco Friedrich Merz sarebbe pronto a sostenere l’Ucraina con il patrimonio della banca centrale russa depositato in Germania, dividendo così il rischio con il Belgio. Molto più facile accordarsi sul fronte immigrazione, altro tema cruciale per l’Italia. La presidenza danese del Consiglio Ue e i negoziatori del parlamento europeo hanno raggiunto l’intesa sul primo elenco di Paesi terzi considerati «sicuri» per gli immigrati. Sono Bangladesh, Egitto, Colombia, India, Kosovo, Marocco e Tunisia, e per l’Italia è un’ottima notizia, anche perché i primi due sono in cima alla lista delle nazioni da cui proviene chi sbarca in Italia. Designati come sicuri anche i Paesi candidati all’adesione all’Ue, tra i quali c’è l’Albania. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45482322]] Le richieste di asilo presentate dai cittadini di questi Paesi saranno esaminate con procedura accelerata, che potrà essere svolta anche tenendoli fuori dai confini Ue. Per ottenere la protezione, chi giunge da questi Stati dovrà dimostrare di trovarsi in una situazione eccezionale. Una delle conseguenze è che i giudici italiani non potranno più appellarsi alle norme europee per sostenere che chi viene da Bangladesh, Egitto, Marocco o Tunisia rischia persecuzioni se rispedito in patria. È previsto che la novità entri in vigore dal prossimo giugno. È il risultato dell’intesa tra Meloni e altri leader, inclusa la danese Mette Frederiksen. Insieme all’olandese Dick Schoof, le due hanno ospitato una riunione informale tra i leader dei quindici Stati Ue interessati alle «soluzioni innovative» contro l’immigrazione irregolare. Hanno concordato di lanciare iniziative comuni non solo nelle istituzioni europee, ma anche all’Onu e nelle altre organizzazioni internazionali. [[ge:kolumbus:liberoquotidiano:45480270]]
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