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Zaccardi: l'auto europea è al collasso, migliaia di lavoratori a rischio
28-11-2024, 08:14
L'ultimo annuncio risale a mercoledì, quando Stellantis ha fatto sapere che chiuderà il sito produttivo di Luton, in Inghilterra. I posti a rischio sono 1.100. Ma la crisi dell'automotive riguarda tutta Europa. Secondo il quotidiano economico francese Les Echos, Stellantis ha rivisto al ribasso del 20% le previsioni di produzione per i suoi siti francesi per l'anno in corso: verranno sfornati solo 605.000 veicoli contro i 766mila previsti alla fine del 2023. Ma gli allarmi si moltiplicano, soprattutto in Germania. Giovedì scorso Ford ha comunicato di voler tagliare 4 mila posti di lavoro in Europa entro il 2027. Gli esuberi riguarderanno in particolare la Germania (2.900) e il Regno Unito (800) mentre altri 300 posti saranno tagliati in altri Paesi Ue. «L'azienda ha subito perdite significative negli ultimi anni e la transizione dell'industria verso i veicoli elettrici e la nuova concorrenza è stata molto dannosa», ha spiegato il gruppo in una nota. Ma è Volkswagen a trovarsi nella situazione più critica. E non a caso è anche la casa automobilistica che ha annunciato la dieta dimagrante più drastica. Il gruppo tedesco prevede infatti di chiudere tre stabilimenti in Germania, una riduzione del 10% degli stipendi e un numero ancora imprecisato di esuberi, che però sarebbero non meno di 15 mila. L'obiettivo è quello di risparmiare circa 17 miliardi di euro. Il fatto è che i costi per la manodopera in Volkswagen sono piuttosto elevati: benché siano scesi in tre anni (tra il 2020 e il 2023) dal 18,2% al 15,4% dei ricavi, restano molto più alti dei principali competitors, come Bmw, Mercedes e Stellantis, che l'anno scorso hanno speso per il personale tra il 9,5% e l'11% del fatturato. Dalla crisi non è esente nemmeno Audi, che nelle scorse settimane aveva formalizzato la decisione di chiudere un impianto a Bruxelles il prossimo 28 febbraio 2025, avviando la procedura per i licenziamenti collettivi, che convolgeranno circa metà dei 3mila dipendenti del sito belga. Finora di chiusure in Italia non ce ne sono state. Ma la situazione è tutt'altro che rosea. Ieri Stellantis ha annunciato che procederà alla sospensione dell'attività delle carrozzerie al complesso di Mirafiori dal 2 al 17 dicembre, cui seguirà la chiusura collettiva dell'intero impianto - già prevista in base ad accordi sindacali - dal 18 dicembre al 5 gennaio. Questo mentre il centro studi Svimez ha calcolato che nei primi nove mesi di quest'anno gli stabilimenti del Mezzogiorno, dove si concentra il 90% della produzione automobilistica italiana, hanno perso più di 100mila unità sul 2023, in calo del 25%. Soltanto Melfi ha registrato una riduzione della produzione di quasi 90mila unità (-62%). Anche gli altri stabilimenti – in crescita nella prima parte dell'anno – sono entrati in territorio negativo, con cali che hanno interessato sia gli autoveicoli (Pomigliano, -6%) che i veicoli commerciali (Atessa, -10%). Ad aggravare il quadro c'è anche il congelamento dell'investimento da oltre 2 miliardi per la realizzazione della gigafactory di batterie a Termoli. Ovviamente, il contagio si sta propagando anche all'indotto. Il fornitore tedesco Schaeffler, una multinazionale con oltre 100mila dipendenti, ha di recente annunciato il taglio di 4.700 posti di lavoro in Europa, oltre alla chiusura di due siti, quello di Berndorf, in Austria, e quello di Sheffield, in Inghilterra. Anche Michelin, colosso francese da 127mila dipendenti che produce penumatici, si metterà a dieta: entro l'inizio del 2026 chiuderà due stabilimenti in Francia, una scelta che coinvolgerà 1.254 posti di lavoro. Il tutto mentre Northvolt, il più grande produttore europeo di batterie per auto elettriche, due giorni fa ha dichiarato fallimento, facendo naufragare le ambizioni industriali del Vecchio Continente che sull'azienda svedese aveva scommesso per fronteggiare la feroce concorrenza cinese nel settore. Insomma, la componentisica è molto in sofferenza. Un calcolo sui posti di lavoro persi dal comparto arriva dall'ultimo report della Clepa (l'associazione europea dei fornitori delle case automoblistiche). «L'industria europea delle forniture per l'automotive sta affrontando le perdite di posti di lavoro più gravi dalla crisi Covid-19» si legge nel dossier, che stima che dal 2020 siano andati in fumo 86mila posti di lavoro nel settore. «Nonostante le previsioni secondo cui sarebbero stati creati oltre 100mila nuovi occupati entro il 2025, la realtà è stata una perdita netta di quasi 56mila posizioni». Questo senza contare che, soltanto nei primi sei mesi di quest'anno, sono stati annunciati altri 32mila tagli. «L'impatto peggiore sull'occupazione probabilmente ancora deve arrivare» avverte Clepa. «Queste perdite sono causate dal calo della domanda, dall'aumento dei costi di produzione e dagli investimenti ritardati in nuove tecnologie» aggiungono i ricercatori. Intanto il governo italiano punta a rendere più morbidi gli obiettivi per la transizione ecologica imposti dalla Commissione europea . Oggi il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, presenterà al Consiglio competitività della Ue una proposta per chiedere la revisione del regolamento sul Green Deal: «Non chiederemo di cambiare gli obiettivi, ma di essere ragionevoli per coniugare la politica industriale a quella ambientale».
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