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Zaccardi: via libera dell'Europa agli espropri ai balneari
12-07-2024, 15:13
Per le associazioni di categoria, i rischi sono concreti. E la possibilità di perdere gli investimenti fatti negli ultimi anni elevata. La decisione della Corte di Giustizia Ue che rende legittimo l'esproprio da parte dello Stato italiano dei beni “non amovibili” situati sulle spiagge potrebbe infatti rivelarsi una mazzata per gli imprenditori. La sentenza che mette nel mirino i balneari è arrivata ieri. Esprimendosi sul ricorso presentato dalla Società italiana imprese balneari (Siib) contro il Comune di Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno, la Corte europea ha stabilito che la norma italiana che prevede la possibilità di esproprio «non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento». Insomma, un'altra grana per gli imprenditori del settore, che si trovano già a gestire le conseguenze della Direttiva Bolkestein che impone la messa a gara delle concessioni. Le origini del contenzioso risalgono all'appello presentato dalla Siib al Consiglio di Stato dopo che, al termine della concessione, le opere che la società aveva costruito nel suo stabilimento balneare a Rosignano Marittimo erano state acquisite a titolo gratuito dallo Stato- come previsto dal codice di navigazione italiano -, imponendo di conseguenza il pagamento di canoni maggiorati. Per dirimere la questione, il Consiglio di Stato si è dunque rivolto alla Corte di giustizia europea. In particolare, i magistrati hanno chiesto se la norma nazionale che prevede che le opere non amovibili costruite su una spiaggia vengano automaticamente acquisite dallo Stato alla scadenza del periodo di prova - senza indennizzo per il concessionario che le ha realizzate - rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento sancita nell'articolo 49 dei Trattati. La norma del codice di navigazione italiano, evidenziano i giudici di Lussemburgo, si applica «a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano» e per questo «non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento». Tutti gli operatori «si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione: quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un'offerta ai fini dell'attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest'ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico». Inoltre, si legge nella sentenza, «la norma non riguarda le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un'attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo», prevedendo «soltanto che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito, le opere non amovibili siano incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo». L'appropriazione gratuita da parte dello Stato, sottolinea la Corte Ue, «costituisce l'essenza stessa dell'inalienabilità del demanio pubblico». Un principio che «implica» che quest'ultimo resti «di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione» abbiano «carattere precario», ovvero possiedano «una durata determinata» e siano «revocabili». Elementi che, secondo i giudici Ue, «la Siib non poteva ignorare». Non si sono fatte attendere le critiche degli operatori del settore. La Base Balneare con Donnedamare e Assobalneari Italia sostengono che «la sentenza legalizza di fatto l'esproprio delle nostre imprese, e costituisce un pericoloso precedente che minaccia la libertà imprenditoriale in Europa. 30 mila imprenditori che danno lavoro a 300 mila addetti perderanno aziende e investimenti fatti anche a costo di grandi sacrifici personali e familiari in nome di una norma». I presidenti delle due associazioni chiedono al governo di intervenire «contro l'ennesimo schiaffo ricevuto dall'Europa». Più smussata la reazione del Sindacato italiano balneari (Sib) aderente a Fipe/Confcommercio. «La Corte di Giustizia ha ritenuto conforme la devoluzione delle opere in funzione della tutela della proprietà pubblica e delle finanze dello Stato. Diverso è il caso di confisca in favore di un altro privato eventuale subentrante» ha dichiarato il presidente di Sib, Antonio Capacchione. Che ritiene «fuorviante» la lettura data alla sentenza «per ammettere una confisca senza indennizzo estranea sia al nostro ordinamento che a quello europeo. Ancora più urgente, quindi, un intervento legislativo chiarificatore».
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