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Netanyahu fatica a "vendere" il suo piano per Gaza
Oggi 11-08-25, 16:37
Gerusalemme, 11 ago. (askanews) - Benjamin Netanyahu cerca di vendere il suo piano per Gaza all'opinione pubblica israeliana, ai partner internazionali e ai ministri estremisti del suo governo, ma è un compito difficile. Il premier israeliano sostiene che restano nella Striscia due roccaforti di Hamas, che l'operazione Gaza durerà "abbastanza poco", e infine che lo scopo non è occupare per sempre la Striscia, ma controllarla e affidarne l'amministrazione a un'entità che non sia israeliana. A chi? Netanyahu dice, una amministrazione civile pacifica che non educa i suoi figli al terrorismo, non paga i terroristi e non lancia attacchi contro Israele, e quindi né Hamas né l'Autorità nazionale palestinese. Secondo il premier questo è il modo migliore per finire in fretta la guerra. A contraddirlo uno dei ministri più estremisti del suo governo, il titolare delle Finanze Bezalel Smotrich con un post su X, secondo cui il premier ha dimostrato la sua debolezza perché lancia un'operazione militare che una volta di più non mira alla vittoria totale ma a mettere pressione su Hamas per un accordo parziale sugli ostaggi. Per Smotrich servirebbe ben altro. Sono ancora circa cinquanta gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e si calcola che una ventina siano ancora vivi. Le loro famiglie e una fetta sempre più ampia dell'opinione pubblica israeliana protestano con manifestazioni sempre più popolose contro l'annunciata presa di controllo della Striscia e in molti accusano il premier di continuare la guerra solo per salvare la sua poltrona e la sua persona dai guai giudiziari. Agli alleati internazionali, Netanyahu dice che sarà solo un'occupazione temporanea ma il suo annuncio è stato accolto da un fuoco di fila di critiche, per la continuazione dell'offensiva in un territorio già martoriato dalla fame e dalle bombe, e più in generale perché sottointende l'intenzione di decidere unilateralmente del futuro della Striscia e dei suoi due milioni di abitanti palestinesi, senza consultare nessuno. "Gaza è e deve rimanere una parte integrale dello Stato palestinese" dice Miroslav Jenca, uno dei vice del segretario generale dell'Onu Guterres. Al gruppo dei paesi che decidono di riconoscere la Palestina intanto si aggiunge anche l'Australia, il cui premier Anthony Albanese spiega che finché non si saranno due Stati, la pace potrà essere solo temporanea - un rovesciamento di fronte rispetto alla posizione italiana, secondo cui prima bisogna arrivare alla pace, e poi alla Palestina. Questo dice Albanese è una finestra di opportunità. Netanyahu però ha ancora un alleato, più potente di tutti gli altri: sono gli Stati Uniti di Donald Trump.
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