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Politica
Boom della Lega in Veneto. Si riapre la partita in Lombardia ma Salvini frena
Oggi 24-11-25, 20:59
AGI - Boom della Lega alle regionali venete. Il partito di Matteo Salvini sembra riportare indietro le lancette e tocca, a sorpresa, percentuali raggiunte, nella sua storia, solo alle europee del 2019, quelle del record di consensi, quando il capo di via Bellerio era alla guida del ministero dell'Interno del governo con i 5 stelle (37,58% in Veneto). Salvini si aggiudica non solo l'elezione del suo 33enne vice Alberto Stefani ma anche il derby del voto di lista con Fratelli d'Italia, con il partito di Giorgia Meloni che si ferma, ampiamente sotto le aspettative, a meno della metà dei voti leghisti. È naturale quindi che la tentazione sia di rivedere l'intesa firmata in occasione dell'accordo sulla candidatura di Stefani, ovvero l'impegno a cedere al primo partito della coalizione a livello nazionale – leggi FdI – la candidatura a Palazzo Lombardia. Zaia in Lombardia: la proposta di Fontana Il 'carico da cento' ce lo mette il governatore lombardo Attilio Fontana che lancia la proposta di far correre per Palazzo Lombardia il veneto Luca Zaia, campione di preferenze e tra i principali artefici del successo elettorale. L'idea è originale e non proprio in linea con la storia leghista, che vive da decenni della virtuosa, o meno, rivalità tra Lega lombarda e Liga veneta. Il 'doge' al Pirellone: un'idea poi non così balzana, se è vero, come sembra, che una delle più importanti sezioni cittadine lombarde della Lega ha in programma di avviare una raccolta firme tra i militanti per proporre la candidatura di Zaia. La prudenza di Salvini Ma a raffreddare gli entusiasmi ci pensa lo stesso Salvini, che, in conferenza stampa con Stefani, mette davanti la prudenza e la lealtà con gli altri partiti del centrodestra. "Mancano almeno due anni. La scadenza naturale è nel 2028. Poi chi vivrà vedrà", frena il segretario leghista. "Oggi ci godiamo una straordinaria vittoria in Veneto. Esiste una coalizione, esiste una squadra, esistono legittime e reciproche aspettative. In Veneto è stata riconosciuta alla Lega la possibilità di rappresentare tutta la squadra. Non vota solo la Lombardia ma voteranno tante altre Regioni nei prossimi anni. E quindi sceglieremo caso per caso quello che l'intera squadra deciderà di privilegiare", aggiunge. "Sicuramente per carattere e buona educazione non dico che, siccome abbiamo preso il 37% in Veneto, allora a noi spetta 'A, B e C'". Lealtà che i leghisti professano anche sulla futura composizione della giunta regionale. "Pacta sunt servanda", scandisce Stefani. "Al di là del numero degli assessorati, conta trovare persone di qualità. Io inciderò su questo. Ho chiesto nella contrattazione che la scelta degli assessorati fosse del presidente e oggi lo posso ribadire", spiega. "Siamo una coalizione, una squadra compatta. Credo che ogni partito abbia cercato di esprimere le proprie migliori potenzialità con i propri migliori candidati. Per me le squadre restano tali fino alla fine, come è stato in campagna elettorale", continua, con riferimento all'accordo stretto con FdI prima del voto che assegnerebbe al partito di via della Scrofa almeno cinque assessorati. Il futuro di Luca Zaia "Ringrazio i 15 anni di lavoro di Luca Zaia. Nulla accade per caso. Ricordo che Zaia si è candidato capolista in tutte le province. Questo vuole dire squadra e militanza di partito. Sono due parole che amo. Militanza, fatica partito", scandisce Salvini. Dal canto suo, il governatore uscente si gode l'ottimo risultato, nella storica sezione regionale della Lega. Zaia non scioglie la riserva sul suo futuro. "Sicuramente sarò in consiglio regionale. Il futuro non lo so dire. Ma comunque andrò in consiglio regionale", anticipa rivendicando "coerenza". "L'impegno è concreto di tutti i giorni, visto che mi sono iscritto in un solo partito, che è questo, e ho sempre portato avanti l'idea della difesa identitaria e di dar voce a chi non ha voce. E penso che i veneti abbiano sempre apprezzato questo. Non è normale trovare un governatore che dopo 15 anni e mezzo è ancora gradito ai suoi cittadini, vuol dire che qualcosa di buono lo abbiamo fatto", rivendica. "Noi non abbiamo nemici: non ce li abbiamo all'interno del centrodestra, tantomeno fuori", risponde a chi gli chiede del derby con FdI. "Il nostro è un movimento che ha una storia che è unica", aggiunge. Il modello Csu-Cdu e la questione settentrionale "Se esiste una questione meridionale che è insindacabile e va risolta, tanto è vero che esiste una questione settentrionale che è insindacabile e va risolta", incalza. "Il modello Csu-Cdu è uno spunto che io ho dato, senza retropensieri, in un Paese che sta cambiando pelle. L'Italia è sempre più federale. Le grande partite del Nord e del Sud devono trovare una loro sintesi e la sintesi si fa come l'ha fatta la Germania con la Cdu e Csu".
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