s

Estero
Caos in Nepal, 25 morti nelle proteste dei giovani
Ieri 09-09-25, 18:56
AGI - Incendiati il Parlamento, la Corte Suprema e il distretto giudiziario, le case di esponenti politici a cominciare dal premier dimissionario Sharma Oli, 25 morti (fra cui la moglie dell'ex primo ministro che ha perso la vita nell'incendio della sua casa) e oltre 400 feriti. È il sommario bilancio di due giorni di violenze della 'Generazione Z' a Kathmandu, innescate dalla chiusura di 26 piattaforme social su Internet usate per denunciare la corruzione, endemica nel Paese. Le proteste, iniziate ieri con la richiesta al governo di revocare il divieto sui social media e di contrastare la corruzione, si sono riaccese nonostante le app siano tornate online. I manifestanti oggi hanno attaccato e incendiato la casa di KP Sharma Oli, 73 anni, quattro volte primo ministro e leader del Partito Comunista. Manifestanti, alcuni armati di fucili d'assalto, si sono radunati fuori dai principali edifici governativi. Colonne di fumo hanno coperto anche il Parlamento nepalese, mentre i manifestanti davano fuoco all'edificio dopo averlo assaltato e devastato. "Centinaia di persone hanno fatto irruzione nell'area del Parlamento e hanno incendiato l'edificio principale", ha dichiarato Ekram Giri, portavoce della Segreteria del Parlamento. "Mi sono dimesso dalla carica di primo ministro con effetto da oggi... al fine di intraprendere ulteriori passi verso una soluzione politica e la risoluzione dei problemi", ha dichiarato Oli in una nota. Eletto primo ministro per la prima volta nel 2015, è stato rieletto nel 2018, riconfermato brevemente nel 2021 e poi ha preso il potere nel 2024, dopo che il suo Partito Comunista ha formato un governo di coalizione con il Congresso Nepalese di centro-sinistra in un parlamento spesso instabile. Le sue dimissioni hanno seguito quelle di altri tre ministri, e sono arrivate nonostante il governo avesse abrogato il divieto. Gli slogan che chiedevano alle autorità di rendere conto delle proprie azioni sono stati una caratteristica delle proteste. Diversi social media, tra cui Facebook, YouTube e X, sono stati bloccati venerdì nella nazione himalayana di 30 milioni di abitanti, dopo che il governo ha bloccato l'accesso a 26 piattaforme non registrate. Amnesty International ha detto che ieri sono state usate munizioni vere contro i manifestanti e le Nazioni Unite hanno chiesto un'indagine rapida e trasparente. Da venerdì, video che mettono a confronto le difficoltà dei comuni nepalesi con quelle dei figli dei politici che ostentano beni di lusso e vacanze costose sono diventati virali su TikTok, che non è stato bloccato. Piattaforme popolari come Instagram hanno milioni di utenti in Nepal che si affidano a loro per intrattenimento, notizie e affari. Altri si affidano alle app per la messaggistica. "Non si tratta solo di social media: si tratta di fiducia, corruzione e di una generazione che si rifiuta di rimanere in silenzio", ha scritto il quotidiano The Kathmandu Post. Un Paese in crisi strutturale Le proteste non nascono solo dalla censura dei social. Il Nepal vive da anni una condizione di forte instabilità: disoccupazione intorno al 10%, crescita economica stagnante e un PIL pro capite di appena 1.447 dollari, secondo dati della Banca Mondiale. La sensazione diffusa è che le élite politiche siano scollegate dal resto del Paese. Su TikTok - unica piattaforma rimasta accessibile durante il blocco - hanno fatto il giro del web video che mettono a confronto le difficoltà della popolazione comune con lo stile di vita lussuoso dei figli dei politici, tra vacanze all’estero e beni di lusso ostentati online. Il quotidiano Kathmandu Post ha sintetizzato il malcontento con parole forti: “Non si tratta solo dei social media. È questione di fiducia, corruzione e di una generazione che rifiuta di restare in silenzio. Per loro, la libertà digitale è libertà personale. Toglierla equivale a mettere a tacere un’intera generazione”. Il Nepal è diventato una repubblica federale nel 2008, dopo dieci anni di guerra civile che hanno portato all’abolizione della monarchia e all’ingresso dei maoisti nel governo. Da allora, però, la politica nepalese è rimasta segnata da coalizioni fragili e frequenti cambi di leadership. Le dimissioni di Oli aprono ora un nuovo capitolo, con il rischio di lasciare il Paese senza una guida forte nel pieno di una crisi sociale ed economica. Sullo sfondo restano le richieste di una generazione giovane, digitale e sempre più impaziente, che pretende trasparenza, opportunità e libertà di espressione.
CONTINUA A LEGGERE
2
0
0
Guarda anche
Agi
Ieri, 21:32
Macron ha nominato nuovo premier Sebastien Lecornu
Agi
Ieri, 21:16
Apple presenta l'iPhone supersottile, ma il titolo non festeggia
Agi
Ieri, 20:24