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Estero
Il sapone 'millenario' della Cisgiordania dichiarato patrimonio dell'umanità
10-12-2024, 09:45
AGI - L'Unesco ha inserito i segreti del sapone di Nablus, un'abilità millenaria tramandata di generazione in generazione, patrimonio dell'umanità. Oltre al valore del prodotto, simbolo di molte regioni palestinesi compresa la Striscia di Gaza, quella dell'agenzia internazionale è un'azione in difesa di un popolo la cui conoscenza secolare rischia di sparire dopo lo scoppio del conflitto con Israele. Come altrove nella Cisgiordania occupata, in piccoli laboratori a Hebron (sud), Ramallah (centro) o Tulkarem (nord), ma anche nella Striscia di Gaza, sono molte le famiglie che producono questo sapone, a mano, in casa. Il centro nevralgico si trova nella zona di Nablus e comprende diversi villaggi. Il processo di produzione è rustico. Un secchio di plastica sul cemento del piccolo cortile e tre ingredienti: olio d'oliva, acqua e soda. “La persona che ci ha insegnato a fare il sapone è un'anziana parente del villaggio di Immatin. Molto tempo fa, circa 20 o 30 anni fa, è venuta qui a fare il sapone”, racconta Oum Al-Abed all'agenzia AFP,. È una delle artigiane che ancora oggi difende questa tradizione dalle conseguenze che la guerra ha portato in Cisgiordania. “Quando cucinava l'olio (per fare il sapone), guardavo come lo faceva, imparavo il procedimento e iniziavo a fare il sapone anch'io. In questi anni ho fatto il sapone per tutti” nella regione. Dietro di lei, racconta il giornalista, un gruppo di donne è impegnato nella preparazione degli ingredienti. C'è chi svuota un barattolo di olio d'oliva per poi versare della soda. C'è chi mescola con un lungo bastone di legno e chi, infine, versa acqua affinché la miscela assuma un colore zafferano. La miscela, quindi, viene cotta in una grande botte sotto un fuoco tenue e controllato, alimentato da assi di legno. Poi la pasta ancora liquida viene versata in grandi vasche rivestite di plastica, dove si asciuga. La scelta dell'Unesco L'intero processo artigianale, tramandato di generazione in generazione, si unisce ad altri usi e costumi di questi villaggi: come “hikaye”, una forma di narrazione fatta dalle donne, la “dabkeh”, una danza popolare e, infine, l'arte del ricamo originale sviluppata nei secoli da questi popoli. Tutte queste usanza sono presenti nell'elenco delle tradizioni palestinesi del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco. Secondo l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, l'uso dell'olio d'oliva riflette “lo stretto legame che la popolazione ha con la terra”. Si sottolinea poi come “la maggior parte delle famiglie in Palestina condivida la tradizione”, con uomini e donne che partecipano a tutte le fasi del processo di produzione e i bambini che aiutano i genitori a tagliare e confezionare il sapone”. L'antica fabbrica A Nablus è ancora in funzione la fabbrica Touqan, fondata nel 1872. È stata creata “durante il periodo ottomano e da allora ha continuato a produrre sapone”, spiega Naël Qoubbaj, il suo direttore. Nell'ufficio siedono con orgoglio ritratti ingialliti di uomini in cravatta e fes, membri della famiglia di Abdoul Fattah Touqan, uno dei cofondatori dell'omonimo saponificio. La produzione qui è superiore a quella del laboratorio artigianale di Oum Al-Abed. Le saponette formano una sorta di gigantesco mosaico bianco che ricopre il pavimento di una vasta stanza. Un artigiano scalzo traccia a mano lunghe linee che attraversano questo tappeto di sapone. Ad uno ad uno, estrae i cubetti di sapone che vengono impilati come torri circolari alte diversi metri. Per Qoubbaj, il riconoscimento del sapone di Nablus da parte dell'UNESCO è “un riconoscimento da parte della comunità mondiale e di coloro che sono interessati alle industrie tradizionali". Ma anche "dell'importanza di questo mestiere e della necessità di preservarlo”. Questo riconoscimento, a suo avviso, è “tanto più importante se si considera che l'occupazione israeliana”, in atto dal 1967, “sta cercando di distruggere queste industrie tradizionali”.
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