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Estero
Israele e Hamas verso i colloqui di pace: prove di dialogo al via in Egitto
Ieri 04-10-25, 16:28
AGI - Dovrebbero iniziare domani, secondo qualcuno addirittura già stasera, i colloqui tra le delegazioni di Israele e Hamas sul piano di pace presentato dal presidente Donald Trump, dopo il via libera condizionato dato dal movimento islamista. Su cosa accadrà in Egitto, dove i mediatori si riuniranno, è difficile scommettere. Fonti del governo Netanyahu hanno detto all'emittente Kan che i 48 israeliani ancora nelle mani di Hamas, una ventina vivi e il resto morti in prigionia, potrebbero essere restituiti presto. Questione di giorni. Inevitabile pensare che israeliani e americani puntino a celebrare il secondo anniversario della strage del 7 ottobre 2023 con il tanto atteso ritorno dei rapiti. Ma la via del trionfo è lastricata di ostacoli. Condizioni di Hamas per la pausa Intanto sui tempi della restituzione, come ha chiarito Musa Abu Marzouq, alto dirigente del movimento, in un'intervista ad al Jazeera. "Non saremo in grado di restituirli in 72 ore", ha detto. E comunque, ha scandito, "prima deve finire la guerra". Poi non è scontato, anzi, che Hamas accetti una pausa tra il rilascio e il ritiro delle forze israeliane. Ma se anche fosse, il Movimento pretende una tabella di marcia precisa e una smobilitazione totale dell'Idf, ha ribadito Abu Marzouq. Il governo Netanyahu parla di un ritiro solo parziale, Hamas non potrà che pretendere un ritiro totale. Ed è qui che entreranno in gioco gli americani. Sede e partecipanti ai negoziati I mediatori israeliani e di Hamas sono attesi nel tardo pomeriggio dove dovrebbero tenersi i negoziati, anche se si è parlato di un'ipotesi Shar el Sheikh come sede. Per parte israeliana ci saranno il ministro Ron Dermer, un alto funzionario dello Shin Bet e Gal Hirsch, cui il premier Benjamin Netanyahu aveva assegnato il compito di occuparsi dei rapiti del 7 ottobre 2023. E ci sarà una delegazione di Washington: l'inviato di Trump, Steve Witkoff, e il cognato del presidente, Jared Kushner. Le questioni aperte Il primo punto in discussione, hanno confermato fonti israeliane ai media locali, saranno proprio le 72 ore. "Si discuterà di quanto tempo sia necessario per cercare e raccogliere i corpi dai luoghi in cui si trovano. Hamas parteciperà alla discussione", ha spiegato una fonte israeliana a Channel 12. Secondo le stesse fonti, Israele consegnerà ai mediatori le mappe del ritiro già nella prima fase dei colloqui. I funzionari della sicurezza hanno già iniziato a redigere anche una lista di prigionieri palestinesi da rilasciare in cambio degli ostaggi. La prossima settimana potrebbe essere dunque cruciale per le sorti della guerra anche se le trattative non si aprono certo in un clima di grande fiducia reciproca. Nonostante entrambe le parti siano con tutta evidenza scettiche sull'esito dei negoziati, e ci siano tensioni e divisioni sia all'interno di Hamas sia nel governo israeliano sul piano, nessuno può prendersi il lusso di farsi vedere tentennante o di buttare all'aria il tavolo per primo. Netanyahu è messo sotto pressione da Trump, Hamas dai leader arabi e islamici ansiosi di vedere la fine della guerra. E di iniziare a costruire il dopo. Materialmente, secondo i piani che Trump ha promesso di preparare e che mobiliteranno investimenti milionari sotto la supervisione di Tony Blair. E politicamente. Persino Abu Mazen ha elogiato Trump e ha esortato a iniziare subito un processo che porti pace e alla nascita di uno Stato palestinese che viva accanto a Israele "come partner di stabilità" nella regione. Ma anche su questo Hamas non manca di dettare le sue condizioni. C'è accordo sul passaggio dell'amministrazione di Gaza a indipendenti sotto la responsabilità dell'Anp. Ma non certo a Blair. "Non accetteremo mai che sia qualcuno che non è palestinese a controllare i palestinesi", ha detto ancora Abu Marzouk, tanto meno l'ex premier britannico: "Non possiamo avere qualcuno come Tony Blair a governare a Gaza perché quest'uomo ha distrutto l'Iraq", ha detto. Netanyahu stesso sarebbe tutt'altro che convinto che la risposta ricevuta da Hamas sia così positiva come Trump l'ha interpretata, al punto da chiedere a Israele di mettere fine subito ai combattimenti. Cosa che infatti l'Idf ha fatto solo in parte. Situazione sul campo: operazioni ridotte ma non cessate Ufficialmente, le forze israeliane hanno sospeso le operazioni offensive, ma sul terreno si combatte ancora: nessun cessate il fuoco, solo una riduzione. E lo stesso portavoce dell'Idf in lingua araba ha ammonito i palestinesi a non tornare al nord, città di Gaza compresa. Droni ed elicotteri hanno sorvolato senza sosta la Striscia e colpi di mortaio sono partiti in direzione di chiunque tentasse di avvicinarsi alle zone di guerra, hanno raccontato i media israeliani. Tanto che a metà giornata già si contavano 20 vittime tra i palestinesi.
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