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Cronaca
La Cena della Vigilia e il 'falso magro': ecco perché non mangiamo carne
Oggi 19-12-25, 18:17
AGI - In principio fu la religione: il Concilio di Trento, nel Cinquecento, impose l'astinenza dalle carni nei giorni di vigilia, compreso il Natale. Quel precetto da cinque secoli è entrato nella tradizione italiana al punto che la cena del 24 dicembre è 'in magro' per antonomasia. Via carne e salumi per far posto a fantasiosi menù di mare, dagli antipasti di salmone ai primi di pasta alle vongole o al tonno fino al capitone (la più pregiata femmina dell'anguilla) e al baccalà. L'astensione dalla carne è un gesto simbolico e spirituale che per la vigilia di Natale si lega anche al senso dell'attesa. È il tempo che precede la nascita di Cristo e la tradizione cristiana ha voluto caratterizzarlo come un momento di raccoglimento e di semplicità. Ci si priva di qualcosa per fare spazio all'essenziale, per accogliere il mistero dell'Incarnazione. Una tradizione che, pur adattandosi ai tempi e alle culture, continua a ricordare ai cristiani che la fede passa anche attraverso gesti concreti e quotidiani. Se questo è lo spirito, va anche detto che sulle tavole italiane quello della vigilia è un "falso magro", dato che soprattutto al Centro-Sud si declina nel 'cenone', un'occasione conviviale che vede le famiglie riunirsi per un pasto all'insegna dell'abbondanza e dei sapori. I sapori regionali del cenone di vigilia Anche il pesce viene 'condito' per le feste: in Campania gli spaghetti natalizi sono innaffiati con la colatura di alici di Cetara ottenuta facendo sudare le alici sotto sale in botti di legno per diversi mesi. In Sicilia sarde e branzini sono ricoperte dal 'beccafico' con pistacchi, pinoli, uvetta e agrumi. In Molise il pesce è 'arrancato' cioè accompagnato da mollica di pane, aglio, prezzemolo, origano, uva passa pinoli e noci. Il baccalà è un trionfo della varietà della cucina italiana, fresca di riconoscimento di Patrimonio Unesco: c'è quello alla vicentina, con olio d'oliva e latte, ma anche quello alla triestina con acciughe e prezzemolo, alla romana con pomodori e prezzemolo o alla napoletana, fritto e con pomodori e olive. Le specialità del centro-sud Italia A Roma si serve pasta e broccoli in brodo di arzilla (razza chiodata) ma non mancano antipasti come il salmone marinato, insalata di mare, alici e i classici fritti di baccalà pastellato o di calamari e gamberetti, i primi a base di pasta fresca ripiena di cernia e il baccalà fritto o al forno. Nelle Marche e in Umbria, pesce a volontà, alla griglia, in umido, fritto. Tra le pietanze abruzzesi, si preparano i fidelini alle sarde, le anguille, il baccalà e il capitone fritti. Più ci si inoltra a Sud e più si rafforzano i sapori: in Puglia dominano il pesce fritto e le pettole, una pasta fritta che si mangia aggiungendo alici o sugo. A Napoli, il capitone, fritto o in umido, il baccalà fritto, il risotto alla pescatora e le linguine all'astice. In Calabria le minestre di verdure e piatti a base di stoccafisso e carciofi. Nella Sicilia occidentale sarde e timballi di riso, in quella orientale le scacce, focacce calde cotte in forno e ripiene di verdure, formaggi e carne. In Sardegna i culurgiones de casu, ravioli ripieni di pecorino e bietola e la fregula, una sorta di cuscus di semola condito con le arselle. Tradizioni della vigilia nel nord Italia Al Nord la tradizione della cena della vigilia è meno sentita e di solito si punta tutto sul pranzo di Natale. La consuetudine era assistere alla Santa Messa di mezzanotte per scambiarsi gli auguri scaldandosi con un bicchiere di vin brulé. Non mancano, però, i piatti tipici della vigilia: in Liguria si usa cucinare il cappon magro, un piatto scenografico a base di pesci e verdure. In Lombardia l'anguilla cotta al cartoccio, in Veneto la polenta con il baccalà e il lesso con le salse, in Trentino-Alto Adige i canederli. In Toscana, la notte della vigilia c'è il caciucco e viene cotto il bardiccio, una salsiccia di maiale al finocchio. Il capitolo a parte dei dolci natalizi Un capitolo a parte lo meriterebbero i dolci di Natale, dai classici panettoni, pandori e torroni con le loro infinite varianti a quelli locali. A Roma ci sono il panpepato e il pangiallo, speziati e addolciti con il miele e farciti con frutta secca, uvetta e cioccolato, a Napoli, struffoli e mostaccioli, ma non c'è città o regione italiana che non abbia il suo ricco catalogo di specialità come il panforte toscano o il tronchetto di Natale, il panpepato alla cubbaita siciliano o le seadas sarde.
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Il Resto del Carlino
